VITO MICELI: DIPANARE LA MATASSA SACCENSE E’ DIFFICILE
Riceviamo una lettera di Vito Miceli che pubblichiamo volentieri. E’ un motivo di dibattito politico cittadino in un periodo nel quale le delegazioni dei partiti si incontrano nel tentativo di disegnare alleanze.
“La situazione di mia sorella non è buona”, parafrasando una canzone di Adriano Celentano, “ la situazione di Sciacca non è buona”, anzi direi è gravissima, purtroppo non se ne vede il capo, ed è difficile scioglierne la matassa. Da qualche lustro, ormai, la nostra città è andata sempre più regredendo, da decantati traguardi di terzo polo turistico, siamo arrivati con le pezze al sedere; una città che lascia a desiderare sotto tutti gli aspetti: servizi, pulizia, traffico, stato sociale, occupazione, tempo libero, cultura, sport, in sintesi, nella qualità della vita dei suoi cittadini.
Spiegare come ci siamo arrivati, sarebbe lungo, io provo ad individuare due motivi: 1- oggettivo: minori trasferimenti stato-regione, come per tutti i comuni italiani; 2- soggettivo: come si è interpretato l’avvento della seconda repubblica in termini politici, sociali e culturali? Nominalmente esistono ancora i partiti, ma a differenza di quelli della prima repubblica, che nel bene e nel male erano cassa di risonanza del volere degli strati sociali cittadini, espressioni di modi di governare, esecutori di aspre contrapposizioni ma anche di convergenze, portatori di bisogni, di scelte, e anche di distorsioni clientelari, ma, sia pur in modo insufficiente, caratterizzati da democrazia e partecipazione collettiva, che selezionava la classe dirigente, quelli di, invece, sono agglomerati di individualismi, arrivismi, portatori di interessi particolari, di guerre fra bande dentro e fra partiti, dove la democrazia o la partecipazione dal basso non batte un colpo. Si tende a presentare liste civiche e tutti si sentono legittimati a candidarsi.
In una situazione siffatta non c’è da meravigliarsi di niente, e si può assistere a ex comunisti insieme a ex fascisti, ex notabili democristiani insieme ad ex rivoluzionari, ex giustizialisti insieme ad ex inquisiti, carte che continuano a mischiarsi con continui e repentini passaggi, da un partito ad un altro, da destra a sinistra e viceversa. C’è qualcuno che crede che questa classe politica, o aspirante tale, è in grado, o ambisce veramente, di fare gli interessi generali della città e dei suoi cittadini? Credo nessuno, ma continuiamo a votarli, perché? Perché in fondo ci rappresentano, sono i portatori del decadimento dell’intera società. Non solo non ci sono più partiti, come li abbiamo sempre concepiti, semplicemente non ci sono più, e non vale neanche più quello che Berlinguer diceva, che i partiti del suo tempo erano diventati macchine di potere e clientele, perché questa è invece solo la caratteristica di singoli esponenti o gruppi, in guerra tra loro a chi deve averne di più.
Non ho mai creduto ai tecnici, agli indipendenti e alle ammucchiate, per l’ultima fase amministrativa ne avevo previsto la fine che ha fatto, e non sono certo uno scienziato della politica. Quest’ultima non può essere un fatto tecnico, non basta far quadrare i conti, e spesso non si riesce neanche in questo, amministrare non è neutro, ne sobrio; politica ed amministrazione significano modi di intendere la gestione pubblica, passione, entusiasmo, lavoro, studio, disinteresse personale, ma soprattutto scelte.
Se si riuscisse a far tornare i partiti, con la spinta, auspicabile, dei giovani, anche se non a breve tempo, a fargli cambiare l’approccio maturato in questi ultimi vent’anni, facendo tesoro delle cose buone del passato e inseriti in una reale dinamica democratica, allora, credo si potrebbe ricreare, sotto nuova veste, una classe dirigente che può cambiare il corso del destino di Sciacca.
Vito Miceli