TRIVELLAZIONI PETROLIFERE, LA SPINTA DI RENZI ALL’ORO NERO. C’E’ ANCHE L’AUTORIZZAZIONE A PERFORARE INTORNO L’ISOLA FERDINANDEA
“C’è la crisi energetica ma il petrolio non lo tiriamo su per l’opposizione dei comitati locali”. Nello “Sbolcca Italia” si accelera lo sfruttamento delle risorse di idrocarburi
Il Presidente del Consiglio dei Ministri è deciso a dare la stura alle trivellazioni petrolifere. Anzi, intende rimuovere quei fastidiosi ostacoli creati dai Comitati a difesa del territorio. E proprio di fronte Sciacca, a 27 miglia sud-ovest, attorno la Ferdinandea, ha puntato gli occhi la Hunt Oil Company. Roba da far rabbrividire se si pensa la natura vulcanica di quella zona.
“La norma per creare lavoro e far vincere la sfida energetica io la faccio, e l’ho fatta. Magari prenderò qualche voto in meno ma la faccio”, dice Matteo Renzi. Nel Canale di Sicilia vengono estratte 301.471 tonnellate di greggio, il 41 per cento del totale nazionale.
Secondo i dati di Legambiente, siamo di fronte ad un vero e proprio assalto sferrato dalle compagnie petrolifere: 12.908 i chilometri quadrati interessati dai cinque permessi di ricerca già rilasciati e dalle altre quindici richieste di concessione, ricerca e prospezione avanzate.
I rilevanti giacimenti di gas fanno gola e Renzi ha, all’interno del decreto Sblocca Italia, di rimuovere tutto ciò che impedisce lo sfruttamento energetico e finanziario delle risorse. Attualmente, le trivellazioni in mare riguardano le aree di Capo Passero, Gela, Pozzallo, Marsala e Mazara del Vallo.
Da tempo il Canale di Sicilia è preso di mira da colossi petroliferi: basti pensare alle “prospezioni” avviate da Northern Petroleum e Audax nelle acque intorno a Pantelleria e all’attenzione di altre società per l’area delle Egadi: già nel 2011, National Geographic scriveva di ricerche di Northern Petroleum e Shell in sei diversi tratti di mare dell’arcipelago. E altre quattro porzioni di mare sono state chieste in concessione da Np, Audax e San Leon Energy.
Difficile stimare quanti soldi lo Stato possa incassare, grazie alle royalties, dagli attuali e dai futuri investimenti. Di certo, il governo ha intenzione di rimuovere tutti gli ostacoli burocratici che bloccano gli investimenti. Le Regioni non hanno il potere di rilasciare licenze per le estrazioni di idrocarburi in mare ma partecipano con parere non vincolante ai tavoli nazionali in cui si concede la valutazione di impatto ambientale. La Sicilia (e le altre Regioni) non prende soldi dalle trivellazioni off-shore.
Le royalties del 7 per cento vanno interamente allo Stato. La Regione siciliana deve accontentarsi del venti per cento delle royalties sulle 800 mila tonnellate di greggio estratte ogni anno attraverso i 241 pozzi installati sulla terraferma. Gli introiti, per Palazzo d’Orleans, vanno però divisi con i Comuni, che hanno diritto ai due terzi della quota. Alla fine, più o meno, nella cassa dell’amministrazione regionale restano 20 milioni di euro ogni anno.