Tre anni fa era elevata ad esempio nazionale, oggi è sull’orlo del fallimento
La Regione sfiducia i vertici politici di Aica. Sindaci arrabbiati dopo le bacchettate di Cocina
In provincia di Agrigento non poteva passare sotto silenzio la sfiducia che il capo della Protezione civile regionale, nonché coordinatore della cabina di regia per l’emergenza idrica, Salvo Cocina, ha lanciato pubblicamente ai vertici degli enti che gestiscono il servizio idrico.
Cocina ha detto che l’Azienda Idrica Comuni Agrigentini, elevata tre anni fa ad esempio nazionale di gestione pubblica dell’acqua, e con essa l’organismo di sovrambito Ati, non sono in grado di fronteggiare quella emergenza che in provincia di Agrigento è molto più evidente che nel resto della Sicilia. Non è solo una questione tecnica. Il dirigente coordina una struttura presieduta dal governatore Renato Schifani, sfiduciare i due enti territoriali i cui vertici sono dichiaratamente targati centrodestra pone anche un problema politico. Ecco perchè la “sfuriata” del capo della Protezione civile regionale, che dopo avere censurato l’operato di Aica ed Ati ha trasferito ai sindaci soci della società consortile la responsabilità di trovare soluzioni alla crisi andando alla ricerca di pozzi e di requisirli, non è stata “assimilata” nemmeno dagli stessi amministratori che indossano i colori della maggioranza che governa l’isola.
Lo stesso sindaco della città capoluogo, Franco Miccichè, fedelissimo dell’assessore regionale all’energia ed ai servizi di pubblica utilità Roberto Di Mauro, appare perplesso: “Sta passando il messaggio sbagliato che l’emergenza idrica è colpa nostra – dice – quando è Sicilacque che manda meno acqua di prima. E quella che arriva, che è nostra, la dobbiamo pagare carissima. E poi, come faremo a cercare i pozzi ? Lo deve fare la Protezione civile, che ha risorse umane e tecnologie. Mi sono convinto che dietro tutto questo c’è un disegno chiaro che conduce al fallimento di Aica”.
Miccichè, indicato da sempre come amministratore che “esegue” gli ordini che arrivano da Palermo, di fronte al disagio di gran parte della sua assetata comunità, oggi sembra voglia dare una svolta alla sua azione politico amministrativa: “Io non ci sto più – conclude – devo rispondere alla mia città, farò di tutto affinchè non venga denigrato il lavoro di noi sindaci e l’immagine di chi con il suo lavoro ha costruito un’immagine di professionista serio e stimato”.
Anche il neo presidente dell’Ati, Giovanni Cirillo, anch’egli di centrodestra, eletto solo 15 giorni fa, sta convocando una riunione del direttivo: “Dobbiamo confrontarci – dice – sia su questo che sulla recente iniziativa di Aica che annuncia assunzioni di cui noi non sappiamo nulla. L’azienda spende troppo e non fornisce un servizio adeguato”.
Chi parla del percorso Aica come di un copione già scritto e destinato al fallimento, è Alfonso Provvidenza, a capo dell’assemblea dei sindaci di Aica dalla costituzione fino a un mese fa, quando il suo mandato è scaduto: “La Protezione civile, e di conseguenza la Regione Siciliana – dice – oggi sfiduciano Aica ed Ati che sono dirette da persone scelte da loro. Alla luce di ciò che sta accadendo, il presidente del Cda Settimio Cantone e lo stesso assessore Di Mauro – dice Provvidenza – dovrebbero subito presentare le dimissioni. Hanno fallito e il loro fallimento è certificato dalla sfiducia del presidente Schifani per bocca di Cocina.
Giuseppe Recca da LA SICILIA