SPEZZATINO ? NO, TRITATO. STUFE E ALBERGHI S.CALOGERO RESTANO ALLA REGIONE

Sulle anomalie del “rilancio” e della “privatizzazione” delle terme ci siamo sempre occupati sin dal 2005, quando in tutta fretta fu costituita la Terme di Sciacca Spa, accollando su di essa il debito di allora 4.5 milioni di euro dell’Azienda Autonoma delle Terme. Debiti poi lievitati fino a sfiorare la cifra di 10 milioni di euro. Abbiamo sempre guardato la nostra stella polare che è quella di informare i nostri lettori in maniera  profonda rispetto ad una risorsa termale che la politica, e taluna classe dirigente della Regione ben individuabile, ha trasformato in una matassa che via via si è sempre aggrovigliata di più, fino a farla diventare peggio di un ginepraio. Ogni provvedimento adottato dalla politica presente all’Ars, negli anni, ha di fatto annodato ancora di più la matassa. Lunghissima è stata la passerella di assessori regionali al Turismo che, venendo a Sciacca, hanno promesso mari e monti. Abbiamo constatato solo deserto.

Abbiamo aperto gli occhi ai nostri lettori, ma abbiamo anche alzato lo scudo contro chi ci voleva far credere che dipanare la matassa delle terme fosse agevole quanto bere un bel bicchiere di acqua fresca durante l’arsura estiva.

E prendiamo in prestito la locuzione latina parturient montes, nascetur ridiculus mus, (Orazio, Ars poetica, verso 139). La montagna ha partorito un topolino. Pare proprio di si.

Ed ecco le novità che il Corriere di Sciacca offre ancora una volta in anteprima ai lettori. In attesa di ciò che deve pervenire ufficialmente dalla Regione nei prossimi giorni, nell’attesa di costituzioni di “tavoli” e “commissioni” per discutere di una concessione che non è come, francamente, ci si attende.

NON TUTTI I BENI POSSONO ESSERE CONCESSI SUBITO. La “concessione” dei beni termali dalla Regione al Comune (passaggio che poteva essere evitato in quanto la Regione, proprietaria dei beni termali, avrebbe potuto emettere direttamente il bando di caratura internazionale per l’affidamento a privati della risorsa) si proietterebbe verso un perimetro più limitato. La disponibilità immediata per i beni si racchiuderebbe  all’ex convento San Francesco, lo stabilimento termale, il Grand Hotel delle Terme, le piscine del Parco e le piscine Molinelli. I beni delle terme a San Calogero per il momento non possono essere trasferiti dalla Terme di Sciacca Spa alla Regione. Questa scelta sarebbe obbligata dai diversi problemi a tutt’oggi irrisolti che riguardano sia i rapporti finanziari di dare/avere tra la Terme di Sciacca SPA e l’Azienda Autonoma delle Terme (una specie di zombie che continua ad esistere), quest’ultima creditrice della Spa per circa un 1.2 milioni di euro, nonché i rapporti di dare/avere tra la Terme di Sciacca SPA e la Regione che vanta un credito di circa 5.5 milioni e passa di euro per la questione inerente il personale, ed infine problemi “di natura catastale”, che però non si presentarono quando nel 2005 tutti i beni vennero conferiti al capitale sociale della SPA.

Dunque, niente Stufe di San Calogero, niente grande e piccolo albergo ubicati sul monte dell’eremita. Dunque, fino a quando non risolvono i problemi sorti, i beni termali di San Calogero non possono essere riunificati in capo alla Regione.

DEBITI E BENI A GARANZIA. Ed ecco la sorpresa. La Terme di Sciacca Spa deve ancora liquidare ingenti debiti. Al Comune di Sciacca deve dare una cifra che supera un milione di euro per tasse e tributi locali non pagate. A tal proposito, il Commissario liquidatore della Terme di Sciacca Spa è orientato a conservare nella disponibilità della Terme di Sciacca Spa l’ex Motel Agip (poi diventato centro direzionale). Dunque, niente passaggio dell’edificio di via Figuli, per adesso, alla Regione. Ma c’è anche un debito di 1.2 di euro nei confronti dell’Azienda Autonoma delle Terme (in liquidazione, ma ancora viva). La Regione non intende accollarsi tale debito. Appare assai coerente ed evidente che il Commissario liquidatore renda nella disponibilità della Terme di Sciacca Spa anche il piccolo albergo di San Calogero, valutato 1.4 di euro. Il lettore non dimentichi che la Terme di Sciacca ha sulle spalle anche un debito nei confronti della Regione di 5.5 milioni di euro per il personale. Ma questa vicenda dicono che la si vuole chiudere “internamente”. Non è dato sapere come.

Del resto, il Commissario liquidatore deve svolgere il suo ruolo, il suo compito. Il codice civile gli impone precisi percorsi. Tranne che non decida di corrisponderne personalmente dal punto di vista economico.

Appare ovvio, dunque, che il Commissario intenda alienare o cedere alcune strutture per garantire il pagamento delle situazioni debitorie nei confronti di Regione e Comune, beni che quindi uscirebbero dal complesso aziendale. Ma la Regione, in realtà potrebbe direttamente acquisire in proprietà qualcuno di questi beni (come ha fatto con i Molinelli, che ha pagato) per poi riassegnarlo al Comune. Ma vogliamo ricordarci che la SPA ha un socio unico che è la Regione?

QUELLA DEUNUNCIA ALLA PROCURA DELLE REPUBBLICA DELLA CGIL. Ma quanti debiti ha accumulato la Terme di Sciacca in nove anni, oltre a quelli trasferiti all’atto della costituzione? La CGIL, un paio di anni fa, presentò un esposto, in questo senso, alla Procura della Repubblica senza che se ne sia saputo più nulla.

DALLO SPEZZATINO AL TRITATO. Dunque, rispetto all’dea di un bando di evidenza pubblica che comprenda l’intero patrimonio termale, da San Calogero a via Agatocle, passando dai Molinelli, ci troveremmo ad avere concessi solo alcuni beni. Almeno fino a quando non vengono rimossi definitivamente gli ostacoli. E conosciamo molto bene la velocità della Regione, della burocrazia. Ricordiamo, semplicemente, che la legge sulla privatizzazione è datata 1999.  Appare evidente che un bando limitato ad una parte del patrimonio termale affievolisca l’interesse di  imprenditori di caratura internazionale, di provato successo nel campo del turismo e dell’offerta del benessere. Si rischia, seriamente, di circoscrivere l’interesse ad un perimetro locale. Magari ci sarà qualcuno interessato alle piscine, qualcun altro al Grand Hotel delle Terme. Una situazione del genere rischia l’intromissione della politica con gli ovvi riverberi.

Di poca appetibilità appare l’offerta dello stabilimento termale stralciato dall’offerta complessiva che includa tutti i beni delle terme. Senza dimenticare che un bando spezzettato, in attesa della riunificazione degli altri beni, porta anche dei limiti. Infatti, spezzettare l’offerta iniziale comporta l’eventuale presenza di più soggetti. Presenza che non renderà attraente agli imprenditori di ampio respiro il bando finale e complessivo della risorsa termale.

C’è il rischio che si passi dallo spezzatino al tritato beni. In fondo, era quello che molti auspicavano, dividi e fai gestire a piccoli (elettoralmente è conveniente e i grandi se ne stiano a casa loro. Ma i piccoli hanno orizzonti limitati, al massimo da Capo Bianco a Capo San Marco, mentre i grandi – che non si presenteranno mai quando verificheranno che un complesso così diversificato ed al tempo stesso unitario è stato irragionevolmente frazionato (ragionano in termini diversi, promuovono non solo la loro offerta ma l’intero territorio, possiedono mezzi e strumenti per diffondere la conoscenza del patrimonio termale nel mondo, sono poco interessati ai miserabili interessi di bottega).

Sulla vicenda permangono troppi punti interrogativi, mancano troppe risposte; magari le darà la Commissione “politica” voluta dalla maggioranza e proposta qualche giorno prima dell’incontro. Scelta che lascia perplessa anche la CGIL che appena qualche giorno fa lo ha evidenziato in una nota firmata dal segretario generale Massimo Raso e da quello cittadino Franco Zammuto.

Con la fretta, con il clima elettorale, si rischia solo di mettere una brutta toppa con la conseguenza di esporre in malo modo un abito più volte rattoppato.

Filippo Cardinale