TERME, NOI L’AVEVAMO DETTO E… CONTINUEREMO A DIRLO
A contrario di quanto consiglia Franco Zammuto, per noi il giornalismo significa anche guardare oltre e in profondità
Il Segretario della Camera del lavoro Franco Zammuto, nella sua lettera, ha lamentato che questo giornale letteralmente “anziché limitarsi a raccontare le cronache scommette sul noi l’avevamo detto”. In realtà, questa non è l’unica lamentela, ma la più pittoresca, ma noi risponderemo a tutte, ed in chiusura spiegheremo anche una serie di elementi rilevanti per capire perché la situazione continua a rimanere in stallo.
Ebbene, secondo la visione di Zammuto un giornale dovrebbe limitarsi a riferire le vicende senza provare a spiegare il perché, il come, le ragioni e le responsabilità degli eventi; è la sua opinione e come tale la rispettiamo. Noi invece pensiamo che la funzione di un giornale sia quella di essere sì testimone dei fatti ma soprattutto veicolo di informazione dell’opinione pubblica per l’esercizio di un controllo sul “potere” di ogni livello (da quello comunale a quello nazionale) sulle ragioni delle quali i fatti sono il prodotto. Gli inglesi definiscono questo ruolo con il termine watch dog, in italiano vale a dire cani da guardia E la stampa, e più in generale l’informazione, assume un ruolo rilevantissimo se riesce a denunciare circostanze, accadimenti, responsabilità fino ad arrivare al punto di mandare a casa personaggi potentissimi, come avvenne con Nixon distrutto dallo scandalo Watergate scoperto dal giornale Washington Post.
Ricordiamo, solo per rinverdire la memoria di chi l’ha debole, che il direttore di questo giornale è stato querelato dall’ex presidente del Cda della Terme di Sciacca Spa, Carmelo Cantone, citando 132 articoli. La magistratura inquirente e giudicante considerò gli articoli che Cantone riteneva diffamazioni “nel diritto d’informazioni” e “nei limiti della continenza”. Ricordiamo tale episodio per ribadire che il giornalismo d’inchiesta crea inimicizie. Fatta questa premessa entriamo nel merito.
Non nel 2014, bensì nel 2011 (Governo Lombardo, Assessore all’Economia Armao), con la legge finanziaria di quell’anno, la Regione decise di tenersi solo le partecipate definite “strategiche”, una decina, e tra queste non le due società per azioni delle Terme di Sciacca ed Acireale, che peraltro erano già state messe in liquidazione qualche anno prima. Questo giornale sollevò il problema ma nessuno, e quando si dice nessuno si vuole proprio dire nessuno, neanche i sindacati, spesero qualche parola; in quel momento l’obiettivo sindacale era un altro: estendere l’art. 119, cioè il paracadute introdotto nel 2004 per i dipendenti delle Aziende termali regionali, anche ai lavoratori stagionali in forza in quel momento alle due società (battaglia inutile poiché si sapeva benissimo che questa ipotesi non era percorribile), ma…ognuno fa il suo mestiere!
Quando Zammuto dice che la Camera del lavoro nel 2014 (finalmente!) aveva “avvertito il pericolo” praticamente ripete il ritornello de “l’avevamo detto”, con ciò contraddicendosi palesemente ma soprattutto ignorando di arrivare buon ultimo rispetto a tutti quelli – e sono tanti – che negli anni precedenti avevano già capito quale sarebbe stata la fine della fiera, qualcuno addirittura con dieci anni di anticipo. Si potrebbe chiedere a Zammuto, ma la domanda dovrebbe in verità essere estesa a tutti i sindacalisti che in questi formidabili nove anni hanno “trattato” con i vertici della Terme di Sciacca SPA che cosa hanno fatto: hanno negoziato qualche mese in più di lavoro per qualche loro iscritto (magari con qualche mese di lavoro in meno per i vecchi stagionali)? Hanno taciuto sulla violazione dei divieti delle assunzioni a tempo indeterminato? Hanno mai sollevato il problema delle situazioni debitorie della società cresciute in modo esponenziale anno per anno anche per sovrabbondanza di dipendenti del ruolo speciale in comando? Hanno speso qualche parola quando nel 2009 venne decisa la liquidazione della Terme di Sciacca SPA? Hanno fatto riunioni su riunioni, hanno partecipato a convocazioni governative e parlamentari, hanno partecipato ad innumerevoli tavoli tecnici, hanno sostenuto occupazioni, tutte attività che – visti i risultati – hanno prodotto ben poco.
Se poi andiamo a guardare il passato, quello che oggi molti attori di questo scenario vorrebbero cancellare, compreso Zammuto, con l’applicazione del principio del “chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato”, di natura chiaramente assolutoria per tutti, ci accorgiamo – sempre a proposito del ruolo che rivendichiamo per l’informazione – che tutti hanno cambiato opinione: dal plauso e dalla soddisfazione di dieci anni fa alle feroci critiche di oggi. Ma come ci insegna San Paolo la conversione è sempre legittima e noi abbiamo il sacrosanto dovere di ricordarlo all’opinione pubblica. Ma perché la situazione rimane in stallo? Secondo noi il problema è molto più complesso di quello che tutti vogliono semplificare con la soluzione dell’affitto ai privati del complesso termale-ricettivo, e qualcuno lo ha già fatto trapelare: affittare i beni significa dare a terzi mediante un contratto di qualsiasi durata beni che sono il capitale sociale della società; e siccome il capitale sociale di una società è l’unica garanzia dei debiti, questi beni sono in realtà la garanzia dei diversi milioni di euro di debiti che la società ha accumulato in tutti questi anni, quadruplicando quelli trasferiti alla SPA dall’Azienda delle Terme. Ma è possibile che non ci siano responsabili per tutto questo?
Per buona pace di Zammuto, noi siamo da sempre per la salvezza delle terme; lo siamo solo se la salvezza passa attraverso la logica delle scelte sensate. Non ci sentiamo, invece, di entusiasmarci per proclami che non stanno né in cielo, né in terra. E di minchiate, soprattutto da parte di politici, ne abbiamo sentite troppe.
Filippo Cardinale