TERME, LA STRATEGIA E’ QUELLA DELLO SMEMBRAMENTO?

EDITORIALE

Si percepisce un’ulteriore volontà di proseguire nelle scelte scellerate anche nella fase dell’ormai inevitabile liquidazione della Terme di Sciacca SpA.

Si legge nella relazione del Collegio sindacale la scelta amministrativa di dismettere beni immobili per realizzare liquidità ed abbiamo la sensazione che l’eterna inadempienza sulla mancata approvazione del bando per la gestione a privati sia funzionale proprio a questo.

Spieghiamo meglio. La vicenda del bando per affittare ai privati l’intero complesso aziendale è nota a tutti: alcuni anni fa la Regione pubblica un pessimo bando, redatto immaginiamo dal dirigente dell’ufficio regionale di controllo, per acquisire eventuali richieste di interesse da parte di imprenditori privati.

Quel bando non sortisce alcun effetto, non arriva cioè neppure una sola manifestazione di interesse. Quel bando contiene molte criticità per cui sarebbe stato sufficiente riadottarne un altro privo di quei problemi, peraltro rilevati da parecchi soggetti compreso questo giornale, e ripubblicarlo, magari anziché sulla Gazzetta della Regione anche su molti altri strumenti di diffusione di livello nazionale ed europeo nonché sui media specializzati del settore.

Da quel momento silenzio fino ad un anno fa quando viene diffuso un documento informale contenente una testo ancora peggiore del precedente e sul quale sempre il nostro giornale ha rilevato le incongruenze. Ma dopo quel testo informale il silenzio.

Un errore anche quello oppure una “finta” per prendere tempo? E come mai da quel presunto schema di bando poi più niente? Il dirigente ha avuto dal Governo Regionale una qualche direttiva in questo senso? O questa direttiva viene da altri?

Allora l’inquietante sensazione si consolida. Si vuole forse parcellizzare l’intero complesso termale? Smembrarlo per consentire acquisizioni immobiliari a imprenditori (turistici e non, locali e non) magari con possibilità di riconversioni d’uso?

Abbiamo già manifestato l’opinione che il complesso termale ha una sua unicità che è poi quello che determina la particolarità della sua offerta di servizi termali e considerando che i beni regionali non possono essere alienati, trattandosi di beni in usufrutto alla SpA, è chiaro che l’attenzione si concentra sui beni che l’Azienda delle Terme ha realizzato – con fondi del proprio bilancio, fatturati e trasferimenti – e cioè le piscine dei Molinelli, le piscine del parco termale, il centro direzionale (ex motel Agip), il piccolo albergo San Calogero.

Sarebbe gravissimo se la Regione si assumesse questa ultima responsabilità consentendo il frazionamento dell’intero complesso. E qui si torna alle responsabilità. Se sei o sette anni fa, quando già si sapeva come sarebbe andata a finire si fossero attivate le misure di affitto del complesso (sarebbe bastato utilizzare uno dei tanti bandi per l’affitto di complessi alberghiero-termali on line di altre stazioni termali, o chiedere una collaborazione a Federterme), oggi avremmo privati imprenditori che avrebbero valorizzato e messo a reddito l’intero complesso, come è successo con la SITAS.

Invece si è proseguita una gestione fallimentare (nel frattempo si sono celebrate elezioni comunali, politiche ed europee) forse per arrivare a questa ipotesi di smembramento.

Che fare? Almeno due cose a nostro parere: una class action coordinata dal Comune (se ne ha la voglia ed il coraggio) per il danno che ha provocato alla Città questa vicenda, ed una denuncia all’Autorità Giudiziaria per la ricerca delle eventuali responsabilità.

La Cgil è propensa a lanciare un’azione diretta a individuare le responsabilità. E’ un’occasione che il Comune può prendere al volo e rendere più corale la stessa iniziativa, invitando anche le altre associazioni che in città sono scese in campo a difendere le terme contro la fine ingloriosa che la Regione ha sancito.

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