TERME: ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLA RELAZIONE DEL SINDACO CONSEGNATA ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE
Come predisporre un “piano di rientro dai debiti” se solo per il 2014 si sono prodotti quasi due milioni di perdite?”
La nota del 27 marzo scorso, con la quale il Sindaco ha avanzato al Presidente della Regione Crocetta le preoccupazioni del Comune sulla possibile chiusura del complesso termale, non introduce, sostanzialmente, nessuna novità, al di là di mere dichiarazioni di principio che tutti conosciamo sulla bontà delle prestazioni termali e sulle ripetitive affermazioni sul “patrimonio” termale di Sciacca.
In realtà ci saremmo aspettati che l’occasione dell’epistola avrebbe bene evidenziato che il processo di trasformazione pensato, applicato e definito dalla parte politica cui militano, (le terme, fino a prova contraria, sono state gestite e controllate da uomini del centrodestra), in questi nove anni è stato fallimentare fin dal primo momento.
L’impegno del Sindaco e del Presidente del Consiglio, specie negli ultimi giorni, è stato proteso a invocare la Regione a compiere il passo indietro rispetto alla decisione di sospendere le attività termali. Entrambi, tuttavia, per il ruolo istituzionale che rivestono, avrebbero dovuto coinvolgere, fin dal primo momento, anche il Consiglio comunale, la “società civile” attraverso le diverse associazioni. Questo non è stato fatto e i massimi rappresentanti delle due istituzioni elettive hanno preferito procedere come se fossero i soli paladini delle Terme, sfornando soluzioni a getto continuo senza prima verificarne la possibile applicazione. La vicenda, avrebbe richiesto un coinvolgimento corale. Politicamente parlando, da “paladini”, rischiano di essere intrappolati nella tela tessuta dalla Regione.
La prima cosa che salta all’occhio leggendo la relazione, è l’auspicio di “riavviare con urgenza ogni attività e predisporre un efficace piano di rientro dai debiti, avviare ogni possibile convenzione con il sistema sanitario e, soprattutto, pubblicare il nuovo bando internazionale”. Ma è possibile che in nove anni la burocrazia regionale, che, dobbiamo ricordare, ai suoi vertici direzionali non è più selezionata con i concorsi ma scelta dalla politica (quindi a seconda del grado di fedeltà o degli accordi), l’unica cosa che si è partorita siano due bandi dei quali uno completamente sbagliato che ha determinato l’effetto di non produrre proposte di gestione e l’altro che è sembrato più una ipotesi di appalto di lavori che altro, scritto più con un occhio pare assai interessato ai costi delle ristrutturazioni che alla gestione delle Terme?
Altro interrogativo che nasce spontaneo è: “Come predisporre un “piano di rientro dai debiti” se solo per il 2014 si sono prodotti quasi due milioni di perdite?”.
I numeri delle gestioni delle terme, sono stati in lungo e in largo pubblicati da sempre dalla nostra testata giornalistica, in tempi non sospetti e quando tutti, comprese altre testate, sembravano viaggiare sulle nuvole, ossequiando il mondo parolaio lasciato nella nostra città dalle passerelle dei politici e membri del governo regionale.
La seconda osservazione, leggendo la relazione, è che non si fa alcun cenno sulle responsabilità che dal 2006, anno di effettivo inizio della gestione delle Terme da parte della SPA, gravano sulle scelte fatte da quegli amministratori. Se è pur vero infatti che la società è stata costituita con grandi errori e gravi responsabilità del Governo regionale del tempo – e qualcuno lo aveva già detto fin dal primo momento, al punto di dover lasciare le Terme perché inascoltato – il tracollo è iniziato in quegli anni: scelte imprenditoriali scellerate, incapacità di programmare, applicare e controllare il sistema di costi e ricavi, assunzioni perfino a tempo indeterminato in violazione delle norme che le vietavano, abbandono delle manutenzioni, e tanto altro. I numeri riportati sulla relazione, mettono a confronto gli anni che vanno dal 2009 a oggi. Stranamente, si omettono quelli dal 2006 al 2008. Questa dimenticanza ci alimenta sospetti, anche perché nei bilanci di quegli anni mancano voci in uscita, cosa denunciata con relazioni scritte, dall’allora amministratore unico Carlo Turriciano. Quest’ultimo, successivamente, nominato liquidatore della Terme di Sciacca Spa.
L’ultima riflessione che compiamo è quella relativa alle dichiarazioni del patron della Fintur Antonio Mangia, che ha dichiarato la propria disponibilità alla gestione del Grand Hotel delle Terme. Mangia è un imprenditore alberghiero ed un Tour operator, le sue società gestiscono flussi di incoming (turisti in ingresso)non solo regionale e strutture ricettive. Con la gestione prima e l’acquisizione poi dei quattro alberghi ex Sitas ha certamente dimostrato di saperci fare per cui la soluzione temporanea potrebbe anche starci. La cosa che però lascia perplessi è che la dichiarazione ha riguardato soltanto la gestione del Grand Hotel, non del complesso termale. Ecco, al di là dell’aspetto emergenziale per il 2015, questo però ci sembra una soluzione “pericolosa”.
E’ chiaro infatti che Mangia sa, da buon operatore, quale sia il valore aggiunto della ricettività turistica e quali i problemi della gestione termale, e sa anche che la cosa più conveniente è la ricettività turistica, perché il termalismo che viene gestito negli alberghi ex Sitas- che comprendono i reparti di cura- è completamente diverso da quello praticato alle Terme, e sa anche molto bene che i costi di produzione di quest’ultimo sono molto più alti di quelli che lui sostiene nei suoi alberghi. Il bando di gestione, pensato per garantire una gestione integrata dell’intero complesso termale (alberghi, piscine, reparti di cura, ecc.) avrebbe proprio dovuto evitare questo, evitando il rischio di una frammentazione dell’offerta turistico-termale che in realtà è quello che caratterizza Sciacca.
Tutti hanno mare, buoni alberghi, offerte enogastronomiche, monumenti, musei, ma pochissimi possono vantare un patrimonio termalistico come Sciacca, che addirittura ha nelle Grotte di San Calogero una cosa unica in Europa. Consentire, per il futuro, la frammentazione di questo patrimonio è il vero rischio che la Città non può correre.