SUMMIT GENTILE-DI MAURO: NULLA DI NUOVO, MA LA CRISI POLITICA LIEVITA SEMPRE PIU’
L’incontro agrigentino per parlare della situazione saccense tra i deputati regionali Luigi Gentile e Roberto Di Mauro, il primo del Fli, il secondo dell’Mpa, è stato supportato anche dalla presenza di Carmelo Brunetto, Michele Ferrara, Gioacchino Marsala e Alberto Sabella. Hanno discusso in un clima “sereno”, ma le posizioni politiche dei due schieramenti che appoggiano Vito Bono sono rimaste invariate. Ma ambedue i partiti sono convinti che la consiliatura non si porta a termine.
Andiamoci per ordine. La lettera di Vito Bono, inviata ai segretari dei partiti che lo appoggiano, per il Fli ha avuto la sembianza dei cavoli a merenda. Nella lettera, Bono scrive che la giunta non si azzera, semmai qualche scambio di deleghe. La lettera di Vito Bono non è piaciuta al Fli, anzi ha rincarato la dose di tensione che inevitabilmente farà irrigidire ancora di più il Fli.
L’Mpa ribadisce che si deve andare avanti così. Ma è solo un linguaggio politichese. L’onorevole Di Mauro ha la testa a Roma e attende gli esiti del voto di martedì, quando Berlusconi potrebbe giungere al capolinea. Allora il quadro politico impone altre scelte. E da Roma si passa a Palermo, dove si attende la decisione di Lombardo. Ma bisogna aspettare sempre l’esito del governo Berlusconi. Lombardo potrebbe divorziare dal Pd e stringere i rapporti con il terzo polo.
A questo punto, tutto si propaga nelle periferie. Di Mauro si sentirebbe sciolto da quel vincolo che lo lega al Pd per opportunità politica. La riunione agrigentina, in buona sostanza, ha sancito la fine dell’esperienza di Vito Bono a sindaco della città. Ma qui la distanza dei due partiti si allarga. Il Fli è più orientato a togliere il sostegno a Vito Bono a breve termine, mentre per l’Mpa, a detta di Michele Ferrara, “andrà avanti fino alla fine perchè noi ci mettiamo la nostra faccia e il nostro logo”.
Rimane forte la tensione all’interno della maggioranza che governa la città, e la lettera che Vito Bono ha inviato ai segretari dei partiti sembra proprio assumere quel gusto dell’ortaggio che a merenda è come un pugno nell’occhio.