Sulla storia dell’acqua nella nostra provincia ormai leggiamo di tutto. Impraticabile dall’Aica l’emissione di obbligazioni

PROVINCIA DI AGRIGENTO. Qualche giorno fa il segretario generale della CISL Emanuele Gallo è intervenuto sostenendo che sarebbe ora che i presidenti ATI di Agrigento, Caltanissetta e Enna dessero “subito seguito alla sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa cha stabilito il rimborso della spesa sostenuta dagli utenti idrici siciliani, ritenendo illegittime e onerose le tariffe applicate dalla Regione Sicilia su sollecitazione di Siciliacque”.

Alla onerosità delle tariffe un bel colpo, per il nostro territorio, l’ha data e continuerà a darla certo la spesa per il sovradimensionato personale che tra stipendi, contributi ed accantonamenti per la buonuscita costa più di un milione, sovradimensionamento rispetto al quale i sindacati, tutti, hanno dirette responsabilità.

Ma abbiamo rilevato che a questa affermazione ha fatto eco Maurizio Saia, oggi Comitato Italia Viva Agrigento ma appena poco tempo fa anche lui dirigente della CISL, con un post su facebook, il quale ha rintuzzato al legittimo invito di Gallo con una serie di grandi inesattezze.

Anzitutto sostenendo che la gestione idrica non è un servizio sociale. Di certo, noi riteniamo, che si tratti di un sistema organizzato della risorsa acqua, che è un bene comune per definizione giuridica, finalizzato all’inclusione di tutti i soggetti e che dovrebbe, quindi, avere costi anche differenziati; è questo il senso della reinternalizzazione nel pubblico del servizio idrico dopo l’ubriacatura della “efficienza” delle gestioni private.

C’è anche da sottolineare, rispetto a quanto scrive Saia, che non tutti i servizi sociali prevedano la gratuità: in molti c’è un concorso nella spesa. Altro interrogativo che pone Saia è: a chi chiedere i rimborsi del sovraprezzo praticato sulle bollette? Ed ancora: con quali modalità?

Ma tutto questo è un compito che le ATI territorialmente competenti dovrebbero risolvere, anche se non sembra eccessivamente complicata la risposta. Ma le ATI sono gli stessi soggetti che avrebbero dovuto vigilare sulla gestione dei servizi idrici integrati e non lo hanno fatto, visto, almeno nel nostro territorio, la fine delle società.

Ma c’è di più, molto di più. Qualcuno ha proposto l’emissione di obbligazioni da parte della consortile AICA per sostenere lo start-up della società che come è noto è fortemente sottocapitalizzata; l’emissione di obbligazioni è in sostanza una forma di finanziamento, più garantito rispetto alla sottoscrizione di azioni, mediante acquisto delle obbligazioni stesse da chi vi ha interesse. Nella specie dovrebbero essere i cittadini del territorio servito dall’AICA.

Chi ha fatto questa pittoresca ed approssimativa proposta ignora però molte cose che proveremo a spiegare. Il codice civile, all’articolo 2410 che disciplina la materia dei titoli obbligazionari, pone anzitutto un limite di carattere quantitativo all’emissione di obbligazioni, nel senso che è vietata la sottoscrizione di prestiti obbligazionari per una somma eccedente il capitale versato ed esistente secondo l’ultimo bilancio approvato. Lo scopo è evidentemente quello di mantenere un equilibrio tra le obbligazioni circolanti ed il capitale disponibile, cioè non quello sottoscritto ma a quello effettivamente versato.

Vi sono è vero alcune eccezioni (garanzia con ipoteche immobiliari sui beni della società, garanzia con titoli di Stato o crediti della società nei confronti dello Stato o della Regioni vincolati a garanzia, o, per casi straordinari, un provvedimento del Governo nazionale per fatti che riguardano l’economia nazionale), ma nessuna di queste è percorribile per l’AICA che ha un capitale sottoscritto, ma non sappiamo se interamente versato, di appena ventimila euro.

Ma c’è ancora di più. L’emissione di prestiti obbligazionari da parte di Regioni ed enti locali è disciplinata dall’art. 32, 2° comma, lett. i) della Legge 8.6.1990 n.142 (che riguarda solo Comuni e Province) e dall’art.35 della Legge 23.12.1994 n. 724 (“Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”) che ha esteso la facoltà a tutti gli enti locali territoriali. In particolare, titoli obbligazionari possono essere emessi da Regioni, Province, Comuni e unioni di comuni, Comunità montane, consorzi tra enti locali territoriali che però non si trovino in situazione di dissesto o in situazione strutturalmente deficitaria, e devono essere destinati esclusivamente al finanziamento degli investimenti, con divieto esplicito di emissione a copertura di spese correnti, come quelle per il personale od i fornitori. In ogni caso l’entità del prestito obbligazionario deve essere pari all’ammontare del valore del singolo progetto cui fa riferimento.

Una confusione totale, che non potrà che aumentare, a meno che i Consigli comunali dei Comuni soci dell’AICA, e tra questi vorrei annoverare anche il Commissario che sostituisce quello di Sciacca, non decidano di approvare – sempre che in condizioni strutturali finanziarie per poterlo fare – senza uno straccio di business plan che dia contezza della reale situazione e delle sue previsioni a breve, medio e lungo tempo.

Filippo Cardinale