STRAGE BORSELLINO, CONDANNATI BOSS E FALSI PENTITI

La Corte d’assise di appello di Caltanissetta ha condannato all’ergastolo i boss Salvo Madonia e Vittorio Tutino, imputati per la strage in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e i cinque uomini della scorta. Condannati a 10 anni i “falsi pentiti” Francesco Andriotta e Calogero Pulci, accusati di calunnia. La prescrizione “salva” anche in secondo grado Vincenzo Scarantino, colui che diede il via alla catena delle menzogne. L’accusa era rappresentata dal procuratore generale Lia Sava e dai sostituti Carlo Lenzi e Fabiola Furnari.

Madonia, capomafia palermitano della cosca di San Lorenzo, sarebbe stato tra i mandanti dell’attentato. Tutino, invece, avrebbe partecipato alla fase esecutiva della strage. I falsi pentiti sarebbero autori del depistaggio che ha portato alla condanna di sette innocenti. A Scarantino i giudici hanno riconosciuto la circostanza attenuante di essere stato indotto a mentire: la concessione dell’attenuante ha comportato la prescrizione del reato.

Sono passati 27 anni dalla strage. Quasi tre decenni in cui si è assistito al crollo del castello giudiziario costruito sulle menzogne. La sentenza di Caltanissetta è un’importante tappa nel tentativo di rimettere le cose a posto per onorare la memoria di Paolo Borsellino e degli agenti di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Indagini quanto meno sbagliate, ergastoli ingiusti, ritrattazioni e ritrattazioni delle ritrattazioni. C’è voluto un altro pentito, Gaspare Spatuzza di Brancaccio, per smascherare le bugie e fare emergere che anche il suo clan aveva partecipato all’eccidio. Le parole di Scarantino, fino al pentimento di Spatuzza, erano state considerate Vangelo per una lunghissima stagione di processi. La sua credibilità è arrivata fino in Cassazione.

(Foto ANSA)