STAZIONE SERVIZIO TAMOIL: LA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA BASTONA PER L’ENNESIMA VOLTA IL COMUNE
Una vicenda incredibile, colma di errori e che costerà carissimo al Comune. Pagheranno i contribuenti o chi ha reali responsabilità? I fatti dimostrano un accanimento incomprensibile
di Filippo Cardinale
Ennesima batosta per il Comune di Sciacca. L’ennesima batosta arriva dalla seconda sezione del Tar di Palermo e ancora una volta condanna il Comune per la vicenda relativa alla realizzazione della stazione di servizio della ditta Micalizzi e la Tamoil Spa in via Verona (La stazione era prima a Porta Palermo).
La vicenda è paradossale, mentre appare evidente che i danni alle casse comunali saranno rilevanti. Saranno danni milionari. Danni a carico del contribuente. Ci limitiamo, noi del Corriere di Sciacca, a consigliarvi di leggere per intero la sentenza che pubblichiamo alla fine dell’articolo. Lì è chiara l’intera vicenda. Lì appaiono in modo evidente le responsabilità, che non possono esere generiche e spalmate a carico della comunità saccense, come se nulla fosse successo.
Dopo questa sentenza, sul Comune graverà un risarcimento danni ingente. Oltre a quello già richiesto dalla ditta Micalizi, pari a 600 mila euro, deve ancora materializzarsi quello che sarà richiesto dalla Tamoil. Di certo sarà ancora più consistente.
Ieri, il Tar di Palermo, ha depositato in Cancelleria la sentenza numero 02079/2011 accogliendo il ricorso di Francesco e Giuseppe Micalizzi, difesi dagli avvocati Girolamo Rubino e Giuseppe Impiduglia. Il ricorso era stato presentato per l’annullamento del provvedimento dell’Ufficio Tecnico comunale del 2 agosto 2011 n. 24387 avente oggetto l’annullamento in autotutela della concessione edilizia n. 39/2011 rilasciata in favore della Tamoil Spa il 14 febbraio 2011 per la realizzazione di un impianto di distribuzione di carburanti.
Il Tar di Palermo, seconda sezione, nella camera di consiglio del 14 novembre scorso, presidente Filippo Giamportone, consigliere Carlo Modica de Mohac ed estensore Maria Barbara Cavallo, ha accolto i ricorsi, previa loro riunione, dichiarando la nullità dei provvedimenti impugnati.
Condanna il Comune di Sciacca, nonché gli interventori Carmelina Dimino e Salvatore Quarantino Iacono (proprietari di una abitazione vicino la realizzanda stazione di servizio) , in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali in favore delle parti ricorrenti, che liquida in euro 1500,00 per ciascuna parte, oltre accessori di legge.
La vicenda è paradossale, ed evidenzia come l’insistenza del Comune di Sciacca nei confronti della ditta si è trasformata in accanimento. Accanimento sul quale l’Amministrazione ha il dovere di fare luce. Ha tutti i mezzi per farlo. Tutti ni passaggi tecnico-amministrativi sono chiari. La sentenza racconta tutti i fatti (resterete stupiti), leggetela attentamente. Prima della sentenza che pubblichiamo alla fine dell’articolo, qui facciamo una sintesi dei fatti.
La sentenza con cui il Cga imponeva al Comune di rilasciare la licenza era passata in giudicato. Tra, l’altro, nella motivazione vi erano evidenziati diversi atti illegittimi da parte del Comune e degli uffici competenti. Dopo la sentenza del Cga, il Comune rilascia l’autorizzazione in data 14 febbraio 2011. Ma il 2 agosto dello stesso anno, dopo sei mesi, l’Ufficio Tecnico annullava in autotutela la concessione n. 39/2011 rilasciata in favore della Tamoil Spa. Dunque, il Comune è andato oltre una sentenza del Cga, seguendo una strada irta di difficoltà e incomprensibile. Non si comprende come il Comune di Sciacca non abbia posto remore per la Esso in via Sciascia, nonostante la raccolta di oltre 3000 firme da parte dei residenti della Perriera, e per l’autorizzazione in via Lioni, rilasciata di recente.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sui ricorsi riuniti n. 2079 del 2011, proposto da Francesco Micalizzi e Giuseppe Micalizzi, rappresentati e difesi dagli avv. Giuseppe Impiduglia e Girolamo Rubino, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Palermo, via G. Oberdan n. 5, e n. 2401 del 2011, proposto da Tamoil Italia S.p.a, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Giuseppe Mazzarella, Riccardo Villata e Andreina Degli Espositi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giuseppe Mazzarella in Palermo, via Caltanissetta 1,
contro
Comune di Sciacca in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Antonino Serra, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Francesco Ruggeri in Palermo, via Trinacria 19,
nei confronti di
Relativamente al ric. n. 2079/2011, Tamoil Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
e con l’intervento di ad opponendum:
Carmelina Dimino e Salvatore Iacono Quarantino, rappresentati e difesi dall’avv. Giovanni Lentini e Pasquale Marchese, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Rosalba Genna in Palermo, via Siracusa n. 30.
per l’annullamento
a) quanto al ricorso n. 2079 del 2011:
– del provvedimento dell’Ufficio tecnico comunale del 2 agosto 2011 n. 24387, avente ad oggetto l’annullamento in autotutela della concessione edilizia n. 39/11, rilasciata in favore della ditta Tamoil S.p.A. in data 14 febbraio 2011;
– nonchè di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e conseguenziale;
b) quanto al ricorso n. 2401 del 2011:
– del provvedimento dell’Ufficio tecnico comunale del 2 agosto 2011 n. 24387, con cui il Comune di Sciacca ha annullato in autotutela la concessione rilasciata il 14 febbraio 2011 alla ricorrente per la realizzazione di un impianto di distribuzione di carburanti.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Sciacca in persona del sindaco p.t.;
visto l’atto di intervento volontario ad opponendum;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 novembre 2012 il Referendario dott.ssa Maria Barbara Cavallo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso notificato il 19 ottobre 2011, i signori Micalizzi, proprietari di un terreno sito in Comune di Sciacca, via Verona, distinto al NCEU al fg. 110, partt. 1898 e 105, acquistato al fine di essere successivamente locato alla Tamoil S.p.A. per la realizzazione di un impianto di distribuzione carburanti, impugnavano il provvedimento comunale di revoca in autotutela della concessione edilizia n. 39 rilasciata alla Tamoil in data 14 febbraio 2011.
Questi i fatti posti a sostegno del ricorso:
– la Tamoil aveva provveduto a reperire un nuovo sito per la costruzione dell’impianto, dopo che il Comune le aveva ingiunto lo sfratto dal sito precedente;
– nel provvedimento di sgombero, il Comune medesimo faceva riferimento alla conformità della nuova allocazione dell’impianto sul terreno di via Verona;
– il Comune rilasciava il parere di conformità urbanistica, successivamente revocato con nota del 30 novembre 2006, n. 37443, bloccando così il rilascio della concessione edilizia;
– impugnata in sede giurisdizionale detta revoca, la Tamoil vedeva accolte le proprie pretese dal Consiglio di Giustizia Amministrativa con sentenza 786/2010, che sanciva la piena compatibilità urbanistica del sito individuato per la realizzazione dell’impianto (zona “M”);
– la decisione veniva fatta oggetto di ricorso in ottemperanza davanti al medesimo C.G.A (accolto con sentenza 258/2011).
– in entrambi i procedimenti giurisdizionali, i ricorrenti intervenivano ad adiuvandum;
– il 14 febbraio 2011 il Comune di Sciacca rilasciava a Tamoil la concessione edilizia;
– il 9 giugno 2011 il Comune di Sciacca comunicava l’inizio del procedimento di annullamento in autotutela della concessione edilizia, successivamente annullandola con il provvedimento impugnato con il ricorso oggetto del presente giudizio.
1.1. Avverso il suddetto provvedimento, i ricorrenti hanno sollevato le seguenti censure:
I) Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 septies della l. 241/90.
Infatti, l’annullamento della concessione edilizia, a situazione di fatto e di diritto immutata, violerebbe palesemente la sentenze 786/2010 e 258/2011 del C.G.A.
II) Violazione degli art. 3 e 10 della l. 241/90. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, carenza di istruttoria, sviamento di potere, illogicità manifesta, contraddittorietà, irragionevolezza manifesta. Insufficiente e contraddittoria motivazione.
Sarebbe palesemente errata la conclusione cui è da ultimo pervenuto il Comune, e cioè che parte dell’area sulla quale deve essere ubicato l’impianto non avrebbe destinazione urbanistica “M”, trattandosi di rilievo sfornito di prova e comunque mai prima palesato. Da qui, il vizio di eccesso di potere per la contraddizione con le precedenti manifestazioni di volontà da parte dell’ente.
Anche le restanti conclusioni cui l’Amministrazione è pervenuta sarebbero contraddittorie e smentite dalla documentazione in atti.
III) Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 nonies della l. 241/90.
Mancherebbe la specifica motivazione sull’interesse pubblico al sacrificio degli interessi dei soggetti privati coinvolti (ricorrenti e ditta Tamoil).
2. Si costitutiva il Comune di Sciacca, chiedendo il rigetto del ricorso.
3. Con atto depositato il 21 novembre 2011, intervenivano volontariamente in giudizio Dimino Carmelina e Iacono Quarantino Salvatore, ad adiuvandum le ragioni del Comune in qualità di proprietari di appartamenti e locali siti nelle vicinanza dell’area interessata dalla concessione edilizia revocata.
Essi eccepivano preliminarmente il difetto di legittimazione attiva dei signori Micalizzi, e nel merito chiedevano dichiararsi l’infondatezza del ricorso.
4. Con successive memorie, depositate il 17 dicembre 2011 e il 10 ottobre 2012, i ricorrenti eccepivano l’inammissibilità dell’intervento e ribadivano le ragioni a sostegno del ricorso.
5. Con ricorso notificato l’11 novembre 2011, la Tamoil Italia S.p.A. (in seguito: Tamoil) impugnava il medesimo provvedimento già gravato dai signori Micalizzi.
La società ricorrente ripercorreva tutte le tappe che avevano condotto all’emissione delle due citate sentenze del C.G.A., la n. 786/2010 e la n. 258/2011.
Con quest’ultima, il C.G.A. ordinava al Comune di Sciacca di adottare un provvedimento che prevedesse l’ubicazione dell’impianto della Tamoil in via Verona e sull’area indicata dalla società.
Tale provvedimento, che nelle more era stato adottato dal Comune, previa conferma che l’area ricadeva totalmente in zona “M”, veniva successivamente annullato in autotutela dall’ente locale.
5.1. Avverso tale determinazione, la Tamoil lamentava:
I) carenza assoluta di attribuzione ex art. 21 septies l. 241/90: al Comune, dopo la sentenza n. 285/2011, resa dal C.G.A. nel giudizio di ottemperanza, era assolutamente preclusa qualsiasi forma di riesame della questione.
II) violazione dell’art. 21 septies della l. 241/90. Eccesso di potere per carenza dei presupposti e palese contraddittorietà.
Il Comune aveva da sempre sostenuto che l’area ricadeva in zona M, ribadendolo finanche nel 2010, salvo poi mutare orientamento dopo l’esito sfavorevole della decisione del C.G.A. sul ricorso in ottemperanza (che aveva riguardo alla questione esclusivamente sotto il profilo della qualificazione come “M” dell’area de quo).
III) Ulteriore violazione dell’art. 21 septies, dell’art. 17, co. 1 della l. 1150/42 e dell’art. 1 della l. 241/90.
Il C.G.A. con la sentenza 786/2010, aveva affermato che il piano di lottizzazione del 1987 non poteva essere di ostacolo alla concessione edilizia. Ciononostante, il Comune aveva ritenuto di riesaminarlo, stabilendo la necessità di riadattare un piano di utilizzo a integrazione del medesimo, per la parte relativa ai vincoli decaduti
IV) Falsa applicazione della l. r. 97/82. Eccesso di potere per carenza dei presupposti. Violazione dell’art. 3 l. 241/90. Incompetenza
Il Comune, affermando che solo parte dell’area oggetto di richiesta di concessione sarebbe ricaduta in zona “M”, aveva ridimensionato l’estensione dell’area, che pertanto non avrebbe le dimensioni minime richieste per legge
In realtà, secondo la Tamoil, non solo ciò non sarebbe vero, ma comunque non verrebbe messa in discussione la possibilità di allocare il distributore di carburante, che è compatibile con qualsiasi zona.
Inoltre, la l.r. 97/82 non porrebbe limiti di superficie, ma definisce l’” unità minima di impianto” solo al fine del rilascio della concessione da parte dell’Assessorato Regionale Industria (cosa diversa dalla concessione edilizia).
V) Eccesso di potere per carenza dei presupposti. Violazione dell’art. 21 septies l. 241/90. Sviamento di potere.
Sarebbe illegittima l’imposizione di una variante urbanistica, in ragione di quanto stabilito nelle sentenze del C.G.A.
VI) Violazione dell’art. 21 septies l. 241/90. Falsa applicazione dell’art. 21 nonies l. 241/90. Eccesso di potere per carenza dei presupposti. Sviamento di potere.
Il Comune si riferisce, come fatto nuovo rispetto alle sentenze del C.G.A., alla mancata produzione dell’atto di compravendita del 26 febbraio 2007 (tra i Micalizzi e il loro dante causa). Si tratterebbe tuttavia, ad avviso della società ricorrente, di fatti ben noti da almeno cinque anni.
VII) Violazione art. 7 e 21 bis l. 241/90. Eccesso di potere per difetto di istruttoria.
Il Comune non ha notificato l’atto di annullamento, né l’avviso di revoca, alla sede legale della Tamoil
VIII) Violazione degli artt. 3 e 21 nonies della l. 241/90.
Il Comune non ha tenuto conto del contemperamento degli opposti interessi, e quindi anche di quelli dei soggetti privati coinvolti
IX – X – XI) Seguono vari profili di illegittimità della comunicazione di avvio del procedimento di autotutela.
6. Anche nel presente giudizio si costituivano il Comune di Sciacca e gli interventori Dimino e Iacono, spiegando le medesime difese di cui al ricorso n. 2079/11, e chiedendo il rigetto del ricorso.
7. Tamoil depositava anche una memoria in data 11 ottobre 2012, nella quale forniva ulteriori contributi alle tesi esposte in ricorso e chiedeva dichiararsi l’inammissibilità dell’intervento.
8. Alla udienza pubblica del 14 novembre 2012 il collegio tratteneva la causa per la decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente, il collegio riunisce i ricorsi indicati in epigrafe, perché connessi oggettivamente e soggettivamente.
Parti diverse, ma chiaramente mosse da intento analogo, hanno impugnato il medesimo provvedimento e notificato l’impugnativa all’Amministrazione emanante (il Comune di Sciacca).
Anche i motivi di ricorso, seppur variamente articolati, sono in parte gli stessi.
2. Sempre in via preliminare, il collegio qualifica l’atto di intervento (identico, in entrambi i ricorsi) come intervento ad opponendum in quanto proposto per opporsi ai ricorsi Micalizzi e Tamoil (la terminologia utilizzata – “ad adiuvandum delle ragioni del Comune” – è atecnica e può creare fraintendimenti).
2.1. L’intervento risulta comunque ammissibile, in quanto i signori Dimino e Iacono hanno esposto il proprio interesse in quanto proprietari di beni immobili siti nella zona oggetto della concessione annullata, ed hanno allegato documentazione relativa ai rispettivi atti di compravendita.
3. La questione sostanziale dedotta in ricorso attiene all’atto di autotutela che il Comune di Sciacca ha posto in essere con riguardo ad una concessione edilizia, già rilasciata, per la costruzione di un distributore di carburante da parte della Tamoil, su un terreno di proprietà dei Micalizzi e locato alla suddetta società (per cui, nessun dubbio può sorgere sulla legittimazione a ricorrere dei signori Micalizzi).
La particolarità del caso concreto risiede nel fatto che su questa vicenda il C.G.A. si è già pronunciato per due volte, la prima (sentenza 786/2010) per affermare il diritto della Tamoil alla allocazione del distributore nella zona prescelta, non essendovi contrasto con un precedente piano di lottizzazione; la seconda (sentenza 258/2011) per affermare la nullità degli atti posti in essere dal Comune (che aveva negato la concessione alla società ricorrente), in quanto elusivi del giudicato formatosi con la precedente decisione.
Pertanto, il principale motivo di ricorso, sia da parte dei Micalizzi, sia da parte della Tamoil, risiede nella nuova censura di violazione dell’art. 21 septies della l. 241/90.
Il Comune, infatti, con il provvedimento del 2 agosto 2011, ha disposto l’annullamento in autotutela della concessione edilizia, rilasciata il 14 febbraio 2011, impedendo nuovamente alla Tamoil di allocare l’impianto nell’area scelta sin dal 2006 a seguito di ordine di sgombero del distributore di carburante da altra area sita in territorio comunale.
Tale annullamento, a detta del Comune, non è elusivo del giudicato prodottosi con la sentenza 786/2010 (la cui elusione era stata già sanzionata), bensì rientrerebbe nelle facoltà dell’ente, “restando impregiudicata la possibilità di ricorrere all’annullamento d’ufficio della concessione assentita……in considerazione delle valutazioni e degli aspetti sopra elencati, sicuramente non conosciuti prima della predetta sentenza del C.G.A., né valutati in sede di esame istruttorio, in quanto non prodotti” (cfr. punto 5 del provvedimento impugnato, all. n. 34 Tamoil).
In sostanza, a detta dell’ente locale, l’annullamento in autotutela sarebbe legittimo alla luce di fatti e risultanze nuove, che non sono state oggetto di esame da parte del Supremo Consesso della giustizia siciliana.
3.1. Il collegio procede, pertanto, a illustrare sinteticamente il contenuto dei provvedimenti giurisdizionali asseritamente elusi, nonchè i punti salienti e, asseritamente, nuovi, del provvedimento di annullamento, al fine di stabilire se l’operazione posta in essere dal Comune sia o meno elusiva dei precedenti giudicati ovvero si tratti di potestà liberamente e legittimamente esercitabile dall’ente nell’ambito delle proprie prerogative e conformemente alla normativa vigente.
3.1.1. La sentenza n. 786/2010 aveva ad oggetto il diniego di concessione “nel presupposto che l’impianto non poteva essere allocato in area nella quale un vecchio piano di lottizzazione non ne prevedeva la collocazione”.
Il C.G.A. aveva ritenuto tale diniego illegittimo (riformando la sentenza di primo grado), in quanto “ lo strumento urbanistico applicabile alla fattispecie nella zona per la quale è controversia è costituito dal Piano comprensoriale n. 6 il quale, come riconosciuto dallo stesso Comune il 21 marzo 2006, non individua specifiche localizzazioni per i distributori di carburanti ma ne consente l’installazione nelle zone M destinate a spazi alberati, disciplinate dall’art. 24 delle norme di attuazione di detto piano.”
Aveva altresì stabilito la “compatibilità dei distributori con le aree destinate a verde, costantemente riconosciuta dalla giurisprudenza (per tutte: Consiglio di Stato, sezione V, 19 settembre 2007, n. 4887)”, e non aveva condiviso “ la pretesa del Comune a verificare la compatibilità dell’impianto col piano attuativo …………., considerato che questo non può mai porsi in contrasto con lo strumento urbanistico generale ed, in ogni caso, la destinazione delle aree impressa da piani di lottizzazione non resta indifferente al decorso del tempo nel caso di persistente inutilizzazione delle stesse, come riconosciuto da questo Consiglio con decisione 17 agosto 2009, n. 619.”
Pertanto, “le previsioni del piano di lottizzazione al quale fa riferimento il Comune, peraltro, erano da tempo inefficaci per decorso del termine decennale di cui all’art. 17 della legge 17 agosto 1942, n. 1150.”
“In conclusione, non poteva essere invocato l’asserito contrasto col piano di lottizzazione e doveva essere riconosciuta la compatibilità col piano comprensoriale.”
3.1.2. Con la successiva sentenza, emessa all’esito di un ricorso per l’elusione del precedente giudicato, il C.G.A. sanzionava il comportamento del Comune che, con una nuova delibera, impediva nuovamente, sia pur per altre ragioni, la riallocazione dell’impianto in via Verona.
Nel corpo di detta decisione, si dà conto che il Comune aveva adottato, in data 30 giugno 2010 (prot. gab. n. 2419) un atto di indirizzo nelle cui premesse correttamente il Sindaco rilevava che, in forza della sunnominata pronuncia del C.G.A., “l’area di via Verona doveva reputarsi compatibile sotto l’aspetto urbanistico.”
Il Consiglio di Giustizia ha anche affermato che:
– con il provvedimento impugnato vi è stata elusione del giudicato, non potendosi nulla obiettare sul piano urbanistico, “attesa la chiara decisione di questo Consiglio”;
– l’invalidità in questione “oltrepassa la soglia della mera illegittimità per debordare nel campo dell’elusione del giudicato: invero, l’illegittimità dei suddetti atti comunali non ha semplicemente impedito la piena realizzazione del bene-interesse della Tamoil nell’ambito dei residui margini di intervento discrezionale rimessi al nuovo intervento conformativo dell’amministrazione, ma si è risolta in una completa obliterazione della regula iuris (di carattere urbanistico) pienamente evincibile dalla decisione n. 786/2010; quest’ultima, difatti, è stata elusa attraverso l’adozione di atti che, seppure in maniera indiretta, si pongono in obiettivo e insanabile conflitto con il giudicato.
In altri termini, nella specie, la concreta attività di riesercizio del potere amministrativo, estrinsecatasi con i menzionati atti comunali, ha generato una situazione patologica che – lungi dal poter essere circoscritta all’ambito dell’eccesso di potere – trasmoda nella nullità, dovuta, in particolare, alla descritta negativa incidenza funzionale dei pareri dirigenziali sul piano dell’attuazione del comando giurisdizionale posto in esecuzione.”
– fermo restando l’obbligo, per il Comune, di emanare il provvedimento richiesto dalla Tamoil, esso, a detta del C.G.A., avrebbe dovuto “ precisare quali siano le condizioni e le prescrizioni di sicurezza che la società sarà tenuta ad osservare nella realizzazione dell’impianto.”
– il provvedimento da emanarsi avrebbe dovuto avere i seguenti contenuti essenziali:
a) prevedere l’ubicazione dell’impianto della Tamoil in via Verona e sull’area indicata dalla società;
b) non sottoporre l’impianto della Tamoil all’obbligo previsto dall’art. 1, n. 3), del decreto dell’Assessore regionale dell’Industria del 26 novembre 2008.
3.1.3. Con il provvedimento da ultimo impugnato, il Comune ha paventato, quali fatti nuovi rispetto al momento di emissione della concessione poi annullata:
a) la destinazione urbanistica della zona sarebbe stata approfondita successivamente e compendiata in un certificato di destinazione urbanistica allegato all’atto di compravendita del terreno (da parte dei Micalizzi), mai prodotto al Comune e che il Comune, a suo dire, non avrebbe avuto modo di conoscere “ prima dell’attività ricognitiva”; in sostanza, secondo l’ente pubblico, sin dalla richiesta di concessione (2005), si sarebbe potuto disporre del solo contratto di locazione ma non di quello di compravendita (2007);
b) decaduto il piano di lottizzazione, si sarebbe dovuto procedere alla riadozione dei vincoli decaduti attraverso un piano di utilizzo, che sarebbe un piano attuativo di tipo particolareggiato;
c) la perizia giurata prodotta dalle parti private e a firma del geom. Panepinto assevera la sola estensione dell’area senza distinguere le zonizzazioni, al fine di precisare estensione e consistenza dell’area destinata a zona “M”. Si scopre così, a seguito di un accertamento tecnico dell’11.5.2011, che parte dell’area ricadente nella zona “M” sarebbe stata assoggettata quale “ servizio pertinente” al fabbricato che nel piano di lottizzazione era denominato “x”; il resto dell’area ricadrebbe nella Z.T.O. di tipo “C.1.3”, priva di volume edificabile, e parte in viabilità, sicchè residuerebbero solo mq 385,00 per la costruzione del distributore, inferiori alla superficie minima prevista dalla legge;
d) per le suddette aree diverse da zona “M” occorre una variante urbanistica.
4. Il collegio, alla luce di quanto sopra esposto, ritiene che il provvedimento del Comune sia illegittimo per violazione dell’art. 21 septies della l. 241/90, come rilevato da entrambe le difese dei ricorrenti per ragioni sostanzialmente analoghe (vedi motivo I di Micalizzi e II di Tamoil, come anche, sempre per Tamoil, mediante articolazione in ulteriori motivi, come il III, IV e V).
Infatti, la motivazione principale, se non unica, posta alla base del provvedimento di annullamento d’ufficio, risiede nella “ improvvisa” scoperta, da parte del Comune, che parte dell’area sulla quale andrebbe allocato l’impianto, non ricadrebbe in zona “M”, bensì “C.1.3.”, priva di volume edificabile.
Quand’anche ciò corrispondesse al vero, la circostanza sarebbe comunque irrilevante, posto che la giurisprudenza amministrativa ha ormai pacificamente affermato che i distributori di carburante non costituiscono volumetria vera e propria, ma rientrano tra le opere catalogabili lato sensu come opere di urbanizzazione secondaria e infrastrutture complementari al servizio della circolazione stradale, come tali installabili in qualsiasi zona del territorio, financo nelle aree destinate a verde agricolo, con la conseguenza che, per la loro installazione, non è necessaria l’adozione di apposita variante al P.R.G. (ex plurimis, Cons. St., 18 novembre 2011, n. 2143; sez. V, 09 giugno 2008, n. 2857; Tar Sicilia, Palermo, sez. III, 18 novembre 2011, n. 2143; Tar Lazio, Latina, sez. I, 08 luglio 2009, n. 673; Tar Campania, Napoli, sez. III, 01 dicembre 2008, n. 20719).
Pertanto, ciò basterebbe a ritenere l’illegittimità del provvedimento impugnato (anche nella parte in cui paventa la possibilità di adozione di una variante allo strumento urbanistico).
4.1. In ogni caso, le dichiarazioni del Comune contraddicono quanto già ribadito dal C.G.A., in ordine alla compatibilità dell’area di via Verona con la costruzione del distributore di carburante della Tamoil, e questo in ragione dell’accertata esistenza della destinazione dell’area a zona “M”.
In pratica, una volta riconosciuto che l’area doveva ritenersi assoggettata alle prescrizioni del Piano comprensoriale n. 6 il quale, come riconosciuto dallo stesso Comune il 21 marzo 2006, non individua specifiche localizzazioni, il C.G.A. ha tenuto ferma la destinazione di zona cui lo stesso Comune, in tutti gli atti di causa e di parte, ha fatto riferimento, senza mai mettere in discussione la situazione urbanistica della zona, che lo stesso Consiglio di Giustizia, nella sentenza 258/2011, dà chiaramente per assodata.
Pertanto, il comportamento del Comune, che attribuisce la errata qualificazione urbanistica dell’area alla mancanza – nelle carte a propria disposizione – dell’atto di compravendita tra i Micalizzi e il loro dante causa (asseritamente recante la destinazione urbanistica dell’area) e che, con un atto di “ accertamento tecnico” del maggio 2011, ha provveduto a tale adempimento, è certamente tale da essere sanzionato con la nullità di cui all’art. 21 septies l. 241/90, in quanto mira a rimettere in discussione le risultanze di fatto accertate in sede di giudizio avanti al C.G.A. e consolidate nella sentenza 786/2010.
In sostanza, i giudizi cui si è fatto più volte riferimento, si basano sull’esistenza di una dedotta situazione urbanistica dell’area in questione che il Comune aveva certamente la possibilità di contestare dall’inizio, e che invece ha tenuto per buona sino al momento in cui ha deciso di annullare la concessione edilizia nonostante il chiaro disposto dell’autorità giudiziaria.
Non può pertanto ritenersi che la circostanza dedotta, sia essa vera o meno (non è compito del collegio accertarlo in queste sede), possa essere considerata quale “fatto nuovo” tale da consentire al Comune di eludere la decisione del C.G.A., passata in giudicato e ribadita con sentenza 258/2011.
Il collegio rileva, in ogni caso, che il dato cui fa riferimento il Comune è palesemente contraddetto dai pareri favorevoli resi dall’Ufficio tecnico comunale con note del 21.3.2006 prot. 1796/URB (doc. 4 prod. Micalizzi) e del 21.10.2010 prot. 41570/URB (doc. 5 prod. Micalizzi), attestanti la destinazione urbanistica (zona M) dell’intera superficie interessata dall’intervento edilizio.
Come pure tale destinazione era quella indicata dal medesimo ente locale nella nota del 21 dicembre 2010 (doc. n. 31 prod. Tamoil) con la quale si era avviato il procedimento per la revoca del provvedimento di sospensione della concessione edilizia.
Né può darsi alcun peso, se non in senso negativo per il deducente, all’affermazione che la successiva scoperta della diversa destinazione sarebbe in parte attribuibile al fatto che la società Tamoil non avrebbe prodotto il rogito notarile avente ad oggetto la vendita tra i Micalizzi e il loro dante causa, nel quale sarebbe stata contemplata la destinazione urbanistica dell’area: al di là della considerazione che il rogito è del 2007 e la richiesta di concessione del 2005 (sicchè non si vede come la Tamoil avrebbe potuto allegare un documento all’epoca inesistente), va anche evidenziato che nessun soggetto più di un Comune può avere contezza della situazione urbanistica del proprio territorio; pertanto, nel caso concreto, se veramente la destinazione di zona fosse stata diversa da quanto ribadito per anni in tutte le sedi giudiziarie, solo il Comune di Sciacca avrebbe avuto i mezzi e i tempi per rilevarlo e rappresentarlo all’autorità giudiziaria, con le forme di legge e nei tempi giusti.
La circostanza che ciò non sia stato fatto e che sia emerso, in maniera peraltro neanche molto chiara, con il provvedimento in questa sede impugnato, dimostra che l’unico scopo dell’ente locale è quello di trovare ex post un presupposto idoneo a sorreggere la decisione di secondo grado, laddove però il quadro fattuale si è abbondantemente cristallizzato all’esito dei giudizi svoltisi davanti all’autorità giudiziaria.
Parimenti, nessun peso può essere dato alle motivazioni del provvedimento impugnato, nella parte in cui fanno nuovamente riferimento al Piano di lottizzazione del 1987, che il C.G.A. nella sentenza 786/2010 ha ritenuto inefficace, e comunque non applicabile al caso di specie.
4.2. In punto di diritto, si osserva che è ormai acquisito, a partire dalla sentenza 134 del 1999 del Consiglio di Stato, che “in sede di riemanazione conseguente al giudicato d’annullamento, la p.a. soccombente è tenuta a riesaminare la questione controversa con un’attenzione tutta particolare, ossia senza apparire eccessivamente prevenuta nei confronti della parte vittoriosa e, quindi, senza esporla alla prospettiva di giudizi ulteriori – anche per non ingombrare troppe volte gli uffici giudiziari rispetto al medesimo rapporto -, all’uopo esaminando ex novo l’affare nella sua interezza e sollevando tutte le questioni che ritiene rilevanti, senza possibilità di tornare a decidere dopo di ciò in modo sfavorevole, neppure in relazione a profili ancora non valutati.” (si veda, sul punto, anche Cons. Stato, sez. VI, 03 dicembre 2004, n. 7858; IV, 5 agosto 2003, n. 4539; sez. V, 28 giugno 2004, n. 4775; sez. IV, 14 dicembre 2004, n. 8074).
Nel caso di specie, il Comune di Sciacca aveva già provveduto in modo non conforme alla originaria decisione del Consiglio di Giustizia 786/2010, ed il suo comportamento era stato dichiarato illegittimo con la decisione 258/2011, emessa al termine di giudizio di ottemperanza appositamente incardinato.
È quindi ulteriormente censurabile il comportamento dell’ente locale che abbia, per la terza volta, provveduto a denegare la concessione sulla base di elementi del tutto nuovi, mai evidenziati nel corso dei precedenti giudizi, così, di fatto, eludendo l’ordine impartito per ben due volte dal C.G.A.
Come recentemente affermato dal Tar Campania, sez. III, 17 gennaio 2012, n. 214 in un caso in cui l’Amministrazione, a fronte di due dinieghi annullati in sede giurisdizionale, ha formulato un terzo diniego, cambiando radicalmente motivazione e basandolo su un profilo affatto nuovo e diverso, mai prima preso in considerazione e tematizzato, “un siffatto modo di procedere, “a sorpresa”, è di per se illegittimo, poiché si pone in evidente contrasto con i fondamentali canoni di buona fede oggettiva che presiedono anche alla funzione pubblica e che impongono all’amministrazione uno stringente obbligo di clare loqui e di orientamento all’intesa nei confronti del cittadino e dell’impresa, in attuazione del fondamentale principio di trasparenza, che attua il principio di buona amministrazione sancito dall’art. 97 della Costituzione. Non può essere consentito all’amministrazione, dopo ben due procedimenti e due giudizi dinanzi al Giudice amministrativo, nella sede del (secondo) riesercizio della funzione, di inventare (nel senso di rinvenire) un terzo motivo, del tutto nuovo, di diniego, che secondo buona fede essa amministrazione avrebbe dovuto conoscere e dichiarare immediatamente, se avesse agito in conformità ai canoni di corretta amministrazione e obbedito alle regole di completezza istruttoria e di accurata e completa motivazione degli atti.”
5. Il ricorso va dunque accolto, ritenendosi che ogni altro motivo possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.
La sorte dell’intervento ad opponendum segue quella del ricorso.
6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, previa loro riunione, li accoglie e per l’effetto dichiara la nullità dei provvedimenti impugnati.
Condanna il Comune di Sciacca, nonché gli interventori Dimino Carmelina e Iacono Quarantino Salvatore, in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali in favore delle parti ricorrenti, che liquida in euro 1500,00 (millecinquecento/00) per ciascuna parte (per un totale di euro 3000,00), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 14 novembre 2012 con l’intervento dei Signori Magistrati:
Filippo Giamportone, Presidente
Carlo Modica de Mohac, Consigliere
Maria Barbara Cavallo, Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)