STAZIONE SERVIZIO PERRIERA, IL PROGETTISTA: NON E’ UNO SCARAFAGGIO E NON COZZA COL CONTESTO
Riceviamo dall’architetto Massimiliano Trapani, progettista della realizzanda stazione di servizio alla Perriera, una lettera in seguitoalnostro articolo pubblicato giorni fa.
Le scrivo la presente dopo aver letto l’editoriale, pubblicato in data 14/09/15 sul quotidiano online da Lei diretto, a firma del sig. Calogero Pumilia, dal titolo: “Un pieno di spiritualità ed uno di carburante”.
Premetto che non sono affatto risentito e non minaccio querele di alcuna natura, pur ritenendomi offeso pubblicamente in quanto progettista dell’impianto di distribuzione carburanti, epitetato come un vandalo privo di idee (lì devo ammettere che siete stati bravi perché in effetti non si capisce il soggetto della frase). Essendo un architetto sono abituato alle critiche sui miei lavori e le accetto ben volentieri poiché mi rafforzano e mi danno nuovi stimoli, positive o negative non fa differenza. Inoltre, mi ritengo uomo di pace e aperto al confronto e, soprattutto, per niente interessato a sterili polemiche fini a se stesse.
Quindi, le scrivo ringraziandola di avermi dato la possibilità di chiarire alcuni aspetti di una vicenda che mi vede protagonista ed alla quale dovrebbe essere messo definitivamente un punto. Ritengo opportuno fare una premessa: quando ognuno di noi si cimenta, in maniera consapevole, in un’azione lo fa per raggiungere un fine ben specifico, oltre a doversi aspettare anche una reazione (legge fisica). Infatti, quando il sig. Curreri decise di prendere in concessione l’area, dove si sta edificando il nuovo impianto di distribuzione carburanti, oltrechè per la circostanza che si trattava di un’area urbanisticamente dedicata, l’ha fatto per portare avanti un’idea commerciale che potesse massimizzare i profitti derivanti da un investimento, fatto di capitali propri. lo ho elaborato il progetto con l’intendimento di consegnare al mio committente quanto di meglio potessi concepire in termini architettonici e strutturali per consentirgli la sua riuscita commerciale.
Quando il parroco, don Gino Faragone, si opponeva alla realizzazione dello stesso progetto aveva, magari, per la testa la realizzazione, nelle aree limitrofe alla (sua) chiesa, di attrezzature e servizi che meglio potevano esaltarne la sua funzione.
Quanto ad alcuni componenti del comitato di quartiere, parlo di qualche dirimpettaio al costruendo impianto, forse intendevano tutelare una veduta, ritenuta diritto acquisito ( e non si capisce in ragione di cosa), anche a costo di continuare a vedere l’area sottostante in totale stato di abbandono ed in condizioni al limite della decenza igienico sanitaria.
Quello che veramente non capisco è il fine al quale mira l’editoriale da lei pubblicato. Forse l’articolo è solo un vezzo di natura edonistica, volendosi il redattore atteggiare a censore delle altrui azioni, assurgendo a paladino della bellezza assoluta e alimentando una crociata a tutto ciò che arbitrariamente EGLI ha definito brutto? Perché, se proprio devo essere franco, una critica così priva di contenuti costruttivi e architettonici, contraddittoria in molti passaggi, non comprendendosi se sia di natura etica o estetica, è sintomo di un malessere poco irragionevole.
Nell’editoriale, infatti, tutto viene macinato, rimescolato (probabilmente frutto dei numerosi tagli che Lei ha operato) e riportato sullo stesso piano. La struttura di copertura dell’impianto carburanti, peraltro ancora incompleta, viene definita: “Imponente, freddo e minaccioso, come un enorme scarafaggio di metallo… “.
La chiesa Beata Maria Vegine del Carmelo: non è “granchè bella”. Il quartiere Perriera viene definito come: un “quartiere dormitorio e focolaio di tensioni sociali”. Si accusa la classe politica e burocratica di non avere un progetto urbanistico (per il quartiere Perriera?), privo di gusto estetico e che trasmette valori travianti “. . . aitanti studenti che frequentano le scuole della zona”. Successivamente, però, si parla di abbellimenti nel centro storico, operati dalla stessa amministrazione che sta consentendo questo scempio nel quartiere Perriera. Credo che si sia fatta un bel po di confusione e si sia rischiato, realmente, di alimentare tensioni sociali. Tutto ciò mi lascia presupporre che chi ha scritto l’editoriale si vuole atteggiare ad un moderno Savonarola; questo lo si percepisce ancor di più nella citazione di Torquato Tasso (“La mia anima è la città”, citazione peraltro sconosciuta e introvabile), il quale nel suo massimo poema, mettendo a ferro e fuoco Gerusalemme, in pieno spirito controriformista, esalta la prima crociata. Per questo credo che da parte mia sia necessario fare chiarezza su alcuni aspetti concreti.
E’ vero che la struttura a prima vista può sembrare imponente, ma posso assicurare, metro alla mano, che è meno imponente delle palazzate costruite al suo intorno e comunque realizzate, in linea con le previsioni del piano, in tutta la Pe rrie ra. La definizione della struttura come “fredda e minacciosa” non capisco da dove possa derivare. Forse fredda a causa del suo colore bianco, ma minacciosa? Il Bianco nel linguaggio dei colori esprime speranza per il futuro, fiducia nel prossimo e nel mondo in genere. Rappresenta lo stato di purezza, nobili sentimenti e la voglia di cambiamento. Definirla uno “scarafaggio” ritengo che non possa essere considerata un’offesa (anche se offendere era nell’intenzione dell’editorialista).
L’architettura antropomorfa, alla quale si ispirano molti architetti contemporanei, mi ha sempre affascinato (anche se posso garantire che il riferimento è del tutto casuale). Lo scarafaggio, inizialmente nell’antico Egitto (culla della civiltà mediterranea) e, in seguito, in tutto il Mediterraneo orientale, fu un simbolo importante, considerato fonte di vita, di creatività, di virilità e di rinnovamento. Gli Egizi associarono l’attività dello scarabeo stercorario – che deposita il suo seme nello sterco al quale dà poi una forma sferica facendolo rotolare con le zampe posteriori – con il corso giornaliero del sole, che si sposta da est a ovest, a indicare il rinnovamento e l’auto-rigenerazione costante. Inoltre il sistema costruttivo utilizzato è sicuramente meno invasivo rispetto ad una struttura in cemento armato, è facilmente rimovibile in caso di cessazione dell’attività, ma soprattutto da un punto di vista della sicurezza è altamente efficiente. Infatti, gli accorgimenti intrapresi non consentono alcun inquinamento di natura ambientale o possibilità di incidenti di natura pirica o esplosiva, come falsamente fatto veicolare.
Per dirla in breve è più pericolosa la caldaia per la produzione di acqua calda che teniamo sul nostro balcone, alla quale non facciamo manutenzione, che tutto l’impianto carburanti. Ma, aldilà di tutto ciò, è incomprensibile come una struttura, ancora in fase di cantiere embrionale, possa essere giudicata bella o brutta da chi non ne conosce neanche il progetto. Forse il redattore ha anche doti di preveggenza, oppure si tratta di una critica a prescindere? Inoltre, bisogna ricordare che ancora oggi non è stata scritta l’equazione matematica della bellezza, che continua ad essere confinata nella sfera della soggettività. Soprattutto, vorrei sapere in quale codice di comportamento etico o in quale pagina di vangelo sta scritto che un impianto di distribuzione carburanti non può sorgere a oltre 40 m. (distanza prevista dalla normativa vigente, costituzionalmente laica) da una chiesa? Una lancia la voglio spezzare anche in favore della chiesa a latere. Premetto, io sono un ateo impenitente e quindi il meno adatto a giudicare un’opera concepita per magnificare una religione ma, in quanto architetto, posso provare a giustificare l’opera architettonica. Come altre opere di architettura contemporanea anche la chiesa della Perriera è un’opera controversa; almeno, però, è un’opera del suo tempo. Chi l’ha progettata ha avuto il coraggio di confrontarsi con un linguaggio architettonico per i suoi tempi contemporaneo, senza nascondersi dietro un ipocrita progetto in stile o “alla maniera di’ La chiesa (intesa sia come manufatto edilizio che come istituzione) è figlia del suo tempo rappresentando la trasposizione in terra del potere temporale divino ad opera dei suoi discepoli.
Il concepimento dell’opera è avvenuto in un periodo in cui l’uso del cemento armato, il calcestruzzo faccia a vista, le forme geometriche (con questi volumi puri ed essenziali) erano in quel periodo, per gli architetti e ingegneri, fondamento culturale. La stessa dimensione strutturale è frutto della visione politica dei tempi in cui Sciacca “sarebbe” dovuta divenire motore di uno sviluppo economico della parte occidentale dell’ex Provincia di Agrigento. Vorrei chiedere: che colpa ha il progettista se la sua opera è stata compiuta dopo quasi 30 anni dal primo getto ed oggi è diventata un’opera anacronistica, o forse non alla moda? Infine, alcune righe le devo spendere per il quartiere Perriera, definito come “quartiere dormitorio e luogo ove si scatenano tensioni sociali”. Chi l’ha scritto sicuramente sconosce Sciacca. La Perriera non è affatto un quartiere satellite, tipo una banlieue parigina, e soprattutto Sciacca non è Parigi (ove gli abitanti delle banlieu hanno scatenato conflitti sociali). La Perriera è un quartiere di circa 14.000 abitanti (circa 3 volte e 1/2 Caltabellotta o quasi quanto Ribera) ormai dotata di infrastrutture e servizi che la rendono quasi una municipalità autonoma. E’ il quartiere dove negli ultimi anni si sono registrati i più alti prezzi di compravendita immobiliare (ciò significa che è anche ambito come luogo di residenza dalle classi socialmente agiate).
In quella zona sono presenti gli uffici più importanti, tribunale e agenzia delle entrate; ci sono le caserme dei carabinieri, della polizia, della guardia di finanza e credo che, chiedendo a qualsiasi tutore dell’ordine, mai ci sentiremmo rispondere che è un quartiere ove “s’innescano focolai di tensione sociale”, ne più ne meno come in altri quartieri di Sciacca. La Perriera è un quartiere che, a differenza della stragrande maggioranza del territorio saccense, è nata a seguito di una pianificazione moderna e ragionata e, come in ogni moderno quartiere, è necessario anche un servizio quale è un impianto di distribuzione carburanti (lo immagina Lei un abitante di Caltabellotta che viene a fare rifornimento a Sciacca?).
Per questi motivi credo che l’unico fine dell’editoriale, scritto dal sig. Pumilia e da Lei pubblicato, sia solamente quello di accaparrarsi qualche indulgenza che possa traghettare il cammello oltre la famosa cruna dell’ago. Scusandomi per la mia lungaggine le porgo i miei più cordiali saluti.
Caro architetto, lei ha il diritto di difendere il suo progetto, come il Comitato è sceso in campo massicciamente per manifestare la contrarietà della realizzazione accannto alla chiesa; come è sceso in campo il parroco don Gino Faragone per difendere il contesto che perimetra la chiesa da una struttura commerciale non ritenuta ideale per la collocazione. Come noi a manifestare la nostra scrivendola.
La libertà è il sale della democrazia. Per quanto riguarda l’architettura egiziana, quella è ancora oggi,a distanza di secoli, una meraviglia. Non è così per innumerevoli esempi di architettura modera e contemporanea. Mi consenta, infine, che non abbiamo indulgenze da accaparrarci. Se ci sono, non stanno certo da questa parte.
Siamo consapevoli che il danno subito dal signor Curreri è incalcolabile. Ha cessato la sua attività a causa di una frana in piazza Belvedere. L’area sulla quale sta sorgendo la nuova stazione era già destinata all’uso. Tutti, in questa vicenda, hanno il diritto di difendere i propri diritti. Lo facciamo anche noi, manifestando la nostra critica sull’opportunità di realizzare la stazione di rifornimento accanto alla struttura religiosa.
Un cordiale saluto. F.C.