SIT-IN EXTRACOMUNITARI DAVANTI PREFETTURA DI AGRIGENTO: IL PUNTO DI VISTA DEI SINDACATI DI POLIZIA

In merito alla manifestazione di ieri, svoltasi davanti la Prefettura di Agrigento, da parte di extracomunitari, le segreterie dei sindacati dei poliziotti interviene con la nota che pubblichiamo.

Quanto accaduto nel pomeriggio di ieri, non può trovare giustificazione prescindendo da chi lo ha commesso, dalla provenienza, razza e religione che la nostra costituzione riconosce e tutela in maniera uguale per tutti.

Siamo consapevoli che l’ambito sul quale vogliamo argomentare non è semplice ed anzi, può prestarsi a facili strumentalizzazioni alle quali non vogliamo porgere il fianco. Per queste ragioni preferiamo parlare di un gruppo di persone che sono state oggetto di controlli di legalità a seguito dei quali sono emerse parecchie irregolarità amministrative ed alcuni illeciti penali connessi alla legge Bossi-Fini ed alla legge sulla illecita riproduzione di cd video-musicali e di capi di abbigliamento contraffatti.

Questi cittadini extracomunitari, la stragrande maggioranza dei quali in regola con il permesso di soggiorno, hanno ritenuto essere destinatari di ingiustizie e di attenzioni xenofobe da parte degli organi di controllo, che invece hanno fatto il proprio lavoro con la massima professionalità, attenzione e rispetto per i luoghi, cose e per le persone. Hanno quindi ritenuto di doversi riunire nel pomeriggio, ancora abusivamente, davanti al palazzo del Governo per animare una protesta contro le forze dell’ordine “colpevoli” di aver usato, a loro dire, metodi razzisti e solamente rivolti verso cittadini di etnia senegalese.

Seppur con toni civili e tipici delle manifestazioni di protesta, hanno intrattenuto cori e agitato cartelli su alcuni dei quali era addirittura indicato il cognome e nome di un ispettore delle Volanti “Reo” di aver svolto diligentemente le proprie funzioni, il quale si è visto pure costretto a subire pesanti offese verbali, rilanciate, attraverso le immagini, da numerosi siti web di informazione, diventando in questo modo il “colpevole” di tutto.

I fatti non sono degenerati nella violenza grazie solamente alla professionalità dei soliti e pochi appartenenti ai ruoli della Polizia di Stato Agrigentina che, da troppo tempo in piena solitudine, affrontano e risolvono emergenze nei confronti delle quali sarebbe ora che la politica trovasse risposte e desse segnali reali. Nel pomeriggio di ieri, la tenuta del sistema sicurezza è stata messa a serio rischio e non si sono verificati ulteriori incidenti grazie all’audacia di alcuni di noi con a capo il Vicario del Questore.

Ma fino a quando la fortuna ci assisterà? E quanto tempo dovrà passare prima che la politica, il Governo, diano le giuste e doverose risposte ai presidii di legalità e sicurezza? Quanto tempo passerà per tutti coloro che, di qualsiasi etnia, cittadinanza e religione intendono integrarsi sul territorio con attività legali e nel rispetto delle norme che al momento non ci sono o non possono rispettare a causa del proprio status? Quanto tempo passerà ancora per i tanti disperati disoccupati, giovani italiani, senza futuro che vivono in condizioni di povertà non solo economica, ma anche e ben più grave, povertà culturale e sociale? Fino a quando potrà durare il civile convivere se i presupposti sono questi?

Quanto accaduto costituisce la cartina tornasole delle tesi che, da anni, si tenta di far entrare nell’agenda dei governi che si sono succeduti ed i cui partiti di riferimento, proprio sul tema della sicurezza, hanno imbastito popolari e populiste campagne elettorali. Se non si investirà sulla sicurezza con metodo, con apposite leggi, senza la solita ed infruttuosa dispersione di fondi a pioggia per questa o quell’altra emergenza, rischieremo di mettere a dura prova la fortuna che ha assistito le donne e gli uomini della Polizia di Stato, la cui altissima professionalità non può essere lasciata solamente in capo a pochi e sempre soliti colleghi, che altrimenti vedranno i propri dati anagrafici scritti, almeno per il momento, su di un cartellone di protesta, piuttosto che su di una lapide, pagando di persona le lacune di un sistema che da troppo, tanto tempo sembra essere deficitario.

Si, questa è un’altra drammatica faccia di una stessa medaglia: la personalizzazione dell’istituzione, l’identificazione della istituzione con una persona, con nome e cognome. Un appartenente delle istituzioni ancora una volta lasciato solo ad operare in un tessuto sociale povero e depresso dove l’illegalità e le mafie di qualsiasi colore etnia e provenienza attecchiscono, generando potenziali occasioni analoghe a quelle i cui anniversari abbiamo appena finito di celebrare.

Non consentiremo che un poliziotto che ha svolto e che svolge, giorno dopo giorno, il proprio dovere dando i suoi frutti e, per questo, assurto, nelle convinzioni di questi stranieri, a “persecutore” o “provocatore”. Nessun atteggiamento xenofobo e razzista da parte delle forze dell’ordine e di una questura che ha dimostrato sul campo, a Lampedusa, le proprie qualità e capacità di accoglienza nei confronti di coloro che sono sfuggiti alla fame e dalla morte.

Ma tornando al caso specifico di ieri, cogliamo l’occasione per testimoniare la nostra vicinanza e solidarietà nei confronti del collega Ispettore, il cui nome è stato vergato su alcuni cartelli della protesta ed allo stesso tempo vogliamo ribadire la cronica e devastante carenza di organici nella provincia di Agrigento, dove i colleghi, tra i quali l’ispettore oggetto di personali attenzioni, sono costretti a lavorare, a produrre sicurezza ogni giorno senza avvicendamento in doppi turni con i rischi che si amplificano fino alla personalizzazione dell’istituzione, in modo tale che nessuno, mai, possa convincersi a considerare quello che è lo svolgimento del “proprio dovere” da parte di un singolo poliziotto come una provocazione o persecuzione personale.

Noi come sindacato siamo chiamati a guardare anche questo aspetto ed a denunciarne le lacune a tutela delle donne e degli uomini che ci onoriamo di rappresentare. In questa occasione siamo davvero preoccupati ed auspichiamo che le istituzioni democratiche che siamo chiamati a tutelare, sappiano dare risposte al territorio

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