Simone Di Paola (PD): “Democratici sempre, sudditi mai”. Quel congresso provinciale che non si celebra

SCIACCA. Il Partito Democratico agrigentino è alle prese con una profonda lacerazione interna e non riesce ancora a celebrare il congresso provinciale. Una realtà partitica in Sicilia poiché nelle altre province si è celebrato. Del resto, si è celebrato quello regionale con l’elezione a segretario regionale di Barbagallo. Ieri abbiamo ospitato le riflessioni di Giovanna Iacono, candidata alla segreteria provinciale. Oggi, è nostro ospite Simone Di Paola, che concorre anche lui alla elezione a segretario provinciale.

“In tanti anni di militanza- dice Simone Di Paola- ne ho viste di cotte e di crude, ma mai avevo assistito ad una federazione nella quale si impedisce di celebrare un congresso, in barba ai regolamenti, in barba alle anagrafi, autorizzate ed omologate, in barba alla legittimità delle procedure, assicurate da un commissario terzo ed imparziale, in barba a  ricorsi presentati e rigettati in tutte le sedi, in barba soprattutto al principio sovrano del confronto Democratico; soltanto per i capricci di quanti, essendosi evidentemente convinti che il partito fosse di loro proprietà, non hanno consentito che gli elettori e i tesserati potessero liberamente esprimersi sulle  proposte in campo”.

Quando si parla di sinistra, si tocca il cuore di Di Paola. “Sono un militante, un dirigente e un amministratore pubblico, che ha fatto della parola “sinistra” ragione di vita e non credo di poter ricevere lezioni sul senso e sul significato di questa parola da chicchessia, men che meno da chi professa la propria aderenza ai principi e ai valori del Partito Democratico, ma che, con i propri comportamenti, dimostra solamente di temere il confronto democratico con il proprio interlocutore”.

Di Paola sottolinea come “in questi anni abbiamo costruito, non senza fatica o impegno, le ragioni di un nuovo modello di militanza, dove storie politiche diverse sono riuscite a trovare, dentro il PD, un luogo di sintesi, richiamando i valori e il progetto originario dei padri fondatori. La nostra capacità di mettere insieme storie, formazioni e percorsi diversi si è dimostrata vincente, in tutti i contesti in cui l’abbiamo proposta al giudizio dei cittadini e degli elettori”.

In Di Paola c’è un sospetto, dovuto al nuovo modello che ha in mente. “Evidentemente la nostra capacità di aggregare e di unire ciò che fino a poco prima era stato diviso, ha destabilizzato e terrorizzato l’autoproclamatosi “potere costituito”, che ha fatto di tutto per bloccare sul nascere questo progetto e questa visione. Purtroppo per loro, nonostante le difficoltà incontrate sul cammino, abbiamo vinto tutte le sfide possibili e immaginabili, dalle sfide per i governi delle città, fino ad arrivare alla conquista della rappresentanza parlamentare all’assemblea regionale”.

Di Paolo alza uno steccato con una “visione di partito ” che delimita “quella di un partito chiuso, elitario e rancoroso di questi anni, che ha messo alla porta e reso la vita impossibile a centinaia di iscritti e militanti, scappati a gambe levate da un contesto che non li ha fatti sentire graditi ed a casa loro, sol per il fatto di non essere funzionali alle logiche del capo e del suo cerchio magico”.

Un’emorragia di militanti, secondo Di Paola che pone un interrogativo: “Quanti dirigenti? quanti amici e compagni sono andati via? quanto patrimonio perduto per strada?” Ecco, allora che matura l’idea “di un partito nuovo, aperto, accogliente, scalabile, plurale ed unitario. Già, unitario: l’unità è un valore troppo importante per riempirsene la bocca, con proclami altisonanti, se poi non si è in grado di andare oltre le parole”.

Unitario lo si è, sempre ed a qualunque costo; non si può essere unitari soltanto quando i conti tornano…. altrimenti il rischio è che ci si comporti come quei bambini che mettono il pallone solo quando vincono, altrimenti se perdono se lo portano via!!!

“Noi-continua Di Paola- sappiamo bene cosa voglia dire stare insieme, fare politica assieme, mobilitare insieme coscienze e pensiero comune, senza guide o padroni, una collettività che marcia insieme e che si metterà in gioco assieme. Attendiamo fiduciosi che il nostro nuovo segretario regionale, Anthony Barbagallo, consenta alla federazione e ai suoi iscritti il diritto di autodeterminarsi, di pronunciarsi sulle proposte in campo e di poter votare liberamente, scegliendo quale sia la proposta migliore”.

Infine, la promessa: “Noi non metteremo mai alla porta nessuno,  solo perché non la pensano come noi. Vogliamo restituire al Partito Democratico quella centralità e quel protagonismo, che la logica del “meno siamo, meglio stiamo” dominante negli ultimi anni, ci ha sottratto, riducendo la forza trainante del riformismo italiano, a dimensioni non certo adeguate alle ambizioni di chi, come noi, vuole guidare i processi di cambiamento della società agrigentina, non subirli! Democratici sempre, sudditi mai!”

Filippo Cardinale