Sicilia zona arancione: lo siamo diventati per indici critici del tracciamento, posti letto e tasso di contagio

SICILIA. L’accelerazione degli utlimi giorni dell’assessore alla Salute, Ruggero Razza, è nota a tutti. Nella nostra zona di Sciacca e paesi limitrofi quali Ribera, Santa Margherit Belice, Sambuca, Sciacca (per fare un esempio a noi vicino, ma dappertutto è così in Sicilia) è evidente l’attività frenetica di ricerca di “posti letto” e l’incremento di posti letto covid. Viene accelerato il profilo dell’ospedale misto, non proprio raccomandato dalle autorità scientifiche. Si sono, addirittura, ricavati nuove terminologie quale residenza covid, indicazione che si trova al Giovanni Paolo II. Si cercano strutture ricettive per ospitare persone positive al covid, con sintomi lievi e per lo più anziani.

La Sicilia è diventata zona arancione per indici ben precisi. L’Isola è stata bocciata sul tracciamento, sul rischio di saturazione dei posti letto oltre che sul tasso di contagio, il fattore Rt.

Il Presidente della Regione, Nello Musumeci, si mostra arrabbiato per l’inclusione della Sicilia nella zona arancione. Una collocazione che comporta la chiusura di bar e ristoranti per due settimane.

I dati per classificare “zona arancione” la Sicilia sono stati analizzati dal Comitato tecnico-scientifico nazionale Essi non sono perimetrati solo conteggiare il numero assoluto dei contagiati, ma anche la capacità del sistema-Sicilia di reggere l’onda d’urto.
I dati analizzati dal Cts sono quelli del report dell’Istituto superiore di sanità aggiornato al 25 ottobre.

In quel rapporto la Sicilia era indicata fra le Regioni a rischio alto (una classificazione nella quale ad esempio non rientravano la Campania e la Liguria, in realtà per l’insufficienza dei dati, e il Lazio).

In buona sostanza, ad avere un peso notevole oltre a un fattore Rt (capacità di contaggio) allora a 1,38, c’era anche la forte probabilità di saturazione delle terapie intensive e della degenza ordinaria, entrambi ormai a ridosso delle soglie critiche (che secondo l’Iss sarebbe stato superato entro trenta giorni), e soprattutto il tracciamento.

Lo scorso 25 ottobre, intervistato da Luca Ciliberti su Telecolor, l’assessore regionale alla Salute Ruggero Razza aveva infatti ammesso che “il sistema del tracciamento non regge più”.

Altro dato è che le città metropolitane di Palermo, Messina e Catania avrebbero dovuto avere un’Usca (cioè una struttura di gestione dei positivi  ogni 25mila abitanti, ma quella norma non è mai stata applicata).

Adesso, però, la muta fino al 20 novembre. L’inserimento nella zona arancione dura infatti due settimane: il ministro della Salute Roberto Speranza e il presidente del Consiglio Giuseppe Conte hanno già chiuso la porta alle trattative per la modifica della decisione invocate ieri sera da Musumeci, e d’altro canto la trafila prevede che la prossima decisione per l’Isola sia presa sulla base dei dati di venerdì 13 novembre.

Dunque, sarà il 13 novembre prossimo un appuntamento decisivo per la Sicilia. Se fino ad allora il tracciamento sarà migliorato e la nuova rete sanitaria promessa da Razza entrerà in vigore, diverse restrizioni saranno mitigate.

Non ci resta che sperare, ma in una Regione dove il virus va avanti e la sanita regionale è costretta a inseguire con un passo decisamente molto più lento.

Filippo Cardinale