Sicilia nella morsa dei rifiuti per una politica che non decide. E i privati fanno affari milionari

SICILIA. La capacità della nostra classe politica siciliana a non decidere e a farsi influenzare dalla cultura del NIMBY (Not In My Back Yard”, «non nel mio giardino»), che proviene dall’ambientalismo ideologico, rilega la nostra Sicilia inesorabilmente tra le montagne dei rifiuti. La nostra Isola, in tal modo, è costretta ad arricchire le discariche private, che fanno affari milionari, o a “esportare” i rifiuti fuori dalla Sicilia non l’aumento vertiginoso dei costi che appesantiscono, alla fine, i bilanci della famiglie.

La crisi della Sicula Trasporti di Lentini, che ha ridotto le quantità di spazzatura accettata, foraggia le discariche private finite sotto inchiesta, quelle di Siculiana e Motta Sant’Anastasia.

E la capacità di non decidere comporta anche che restano sulla carta le soluzioni ideate dal Governo di Nello Musumeci: i termovalorizzatori, per i quali sono stati riaperti i termini, e l’invio dei rifiuti oltre i confini regionali.

Assale una rabbia enorme a pensare che tante città europee e del nord Italia hanno termovalorizzatori che producono energia elettrica e riscaldamento a beneficio dei  cittadini.

Addirittura, a Copenhagen, l’avanzatissima tecnologia permette di ottimizzare le prestazioni energetiche e ambientali, e l’inceneritore di nuova generazione non solo genera energia e calore per la capitale danese, ma diventa anche luogo di ritrovo per i cittadini di Copenhagen: luogo in cui fare sport, sciare o arrampicare. Infatti, sulla struttura dell’inceneritore sono state realizzate piste da sci.

Innegabilmente, la parola “inceneritore” fa pensare alle nostre menti l’inquinamento che viene prodotto. A Copenhagen, però, hanno trovato il modo di dare una seconda vita ai rifiuti e a farlo nel miglior modo possibile, tenendo in considerazione innanzitutto la città e i suoi cittadini. Grazie al combinato disposto di tecnologia innovativa e di un’architettura integrata, ha preso forma un impianto waste-to-energy – finalizzato cioè all’ottenimento di energia dal recupero dei rifiuti – che è stato riconosciuto come uno dei migliori in Europa in termini di efficienza energetica, capacità di trattamento dei rifiuti e attenzione per l’ambiente, ma anche in termini di resa visiva e accettazione della comunità.

Altrove è possibile, da noi no. La capacità di decidere e di innovare non risiede nella capacità della nostra classe politica.

Intanto, l’assessore regionale ai Servizi di pubblica utilità, Daniela Baglieri, è tornata a sbattere i pugni sul tavolo e lancia un ultimatum ai Comuni con una lettera. La Sicilia ha un dato bassissimo di riciclaggio dei rifiuti, e la differenza fra il 65 per cento teorico e il dato inferiore al 20 per cento dei tre centri più grossi, Palermo, Catania e Messina, finisce in discarica.

Il problema è però che ad organizzare la differenziata devono essere appunto i Comuni. L’assessore Baglieri ha scritto alle Società di raccolta rifiuti — gli organismi controllati dai Comuni che si occupano di queste pratiche — per dare cinque giorni entro i quali dovranno trasmettere un piano per spiegare cosa vogliono fare dell’immondizia in eccesso.

In parole povere significa che se si produce troppa spazzatura indifferenziata spedirla fuori dalla Sicilia è un problema dei Comuni.

Le discariche sono ormai al collasso. Quella di Lentini — la più grande dell’Isola — minaccia la chiusura da mesi, e di volta in volta riduce la propria disponibilità ad accogliere immondizia: l’accordo raggiunto nei giorni scorsi prevede che ogni 24 ore escano dalla struttura verso altre destinazioni oltre mille tonnellate di immondizia, trattate nella struttura del Siracusano e poi inviate altrove. Ed è così che in questa vicenda spuntano i nomi dei due big finiti sotto inchiesta. Perché le destinazioni sono tre: Gela, un impianto pubblico, e poi Siculiana e Motta Sant’Anastasia.

La struttura dell’Agrigentino — dove arrivano secondo l’accordo con la Regione 2.250 tonnellate di immondizia alla settimana — è di proprietà della Catanzaro costruzioni: l’amministratore non è più quel Giuseppe Catanzaro che fu vice di Antonello Montante in Confindustria e che con lui è finito sotto inchiesta, ma l’azienda è sempre quella. Come non è cambiata la titolarità della discarica del Catanese: la Oikos, che riceve altre 2.250 tonnellate di immondizia, non è più amministrata da Mimmo Proto, condannato per corruzione, ma l’imprenditore etneo ne rimane socio. C’è pure, però, una quota che è stata inviata a Palermo: la discarica di Bellolampo, anch’essa vicina al collasso in attesa che sia realizzata la settima vasca, ha accolto — una tantum — 1.500 tonnellate di immondizia trattate a Lentini.

Nell’idea del presidente della Regione Nello Musumeci, che a giugno ha voluto annunciarlo personalmente in una una conferenza stampa convocata a Catania, la soluzione dovrebbe passare dagli inceneritori, che il governatore chiama “termoutilizzatori”. Il bando per raccogliere le manifestazioni di interesse dei privati che dovrebbero realizzarli con il meccanismo del project financing, però, non ha suscitato l’entusiasmo che la giunta si aspettava: all’inizio di agosto, preso atto che fino a quel momento erano giunte a destinazione solo pochissime richieste di informazioni e nessuna proposta concreta, l’Assessorato ha deciso di riaprire i termini dell’avviso pubblico, spostandoli fino al 2 novembre.

«Poi — osservano dall’assessorato — bisognerà fare un bando, poi serviranno i tempi tecnici per realizzare l’impianto». Il tempo stimato perché gli inceneritori entrino materialmente in funzione, nella più ottimistica delle previsioni, è superiore al quinquennio.

Si comprende bene che fino ad allora il sistema sarà ostaggio dei privati, che controllano circa tre quarti di questo mercato. Per un affare che in Sicilia vale un miliardo all’anno. E che da sempre attira interessi criminali. Nell’impotenza della Regione.

Filippo Cardinale