Sicilia in ginocchio, col Covid in un anno persi 15mila posti di lavoro. 1 famiglia su 7 ha un sussidio
Siciliani sempre più poveri. Nel 2019, sulla base dei dati Istat, su un totale di due milioni di nuclei familiari, nell’Isola già circa il 10% era in stato di povertà assoluta, una quota superiore a quella nazionale. Tra questi, quasi i due terzi non avevano nemmeno un componente occupato, un dato superiore a quanto avviene nella media italiana (dove è pari a poco più della metà).
Alla fine del 2020, circa una famiglia su sette nell’Isola percepiva un supporto economico. “Le stime preliminari per il 2020, disponibili solo per il Mezzogiorno e l’Italia, segnalano un significativo aumento della povertà assoluta rispetto all’anno precedente – scrive Bankitalia -. Nel 2020, anche a seguito del calo del reddito familiare indotto dalla crisi da Covid 19, è cresciuto il ricorso al Reddito e alla Pensione di cittadinanza (RdC e PdC)”.
Il numero di famiglie beneficiarie al termine dell’anno ha raggiunto quasi le 225.000 unità, in aumento del 24,1 per cento rispetto alla fine del 2019 (20 per cento in Italia). Tra queste, i nuclei percettori di PdC erano circa 21.000. L’importo medio mensile è stato di circa 580 euro (rispettivamente 620 per il RdC e 260 per la PdC). “Le famiglie beneficiarie delle misure rappresentano l’11,2 per cento di quelle residenti in regione, una quota superiore sia a quella del Mezzogiorno sia alla media nazionale (rispettivamente 9,2 e 4,8 per cento)”, si legge nel rapporto della Banca d’Italia.
L’impatto economico della pandemica sulle condizioni economiche delle famiglie siciliane è stato “intenso” e ha determinato “un ampliamento della disuguaglianza del reddito da lavoro per l’aumento dell’incidenza dei nuclei non percettori. Tuttavia, nel complesso il calo del reddito disponibile delle famiglie è stato attenuato dagli ammortizzatori sociali e dalle misure di sostegno”.
Consumi in calo I consumi si sono ridotti sensibilmente, riflettendo la chiusura delle attività non essenziali e il timore dei contagi. La conseguenza è stato un incremento del risparmio finanziario, soprattutto sotto forma di liquidità detenuta sui depositi bancari e postali. “La crescita dei prestiti alle famiglie, in atto da un quadriennio, nel 2020 ha subito un brusco rallentamento che ha riguardato prevalentemente il credito al consumo – dice ancora Bankitalia -; vi ha inciso in particolare il calo della spesa delle famiglie. La domanda di mutui ha risentito del sostanziale blocco delle compravendite nella prima parte dell’anno, mentre nell’ultimo trimestre le erogazioni di nuovi finanziamenti sono aumentate notevolmente, beneficiando della riduzione dei tassi di interesse”.
Conti disastrati come nel dopoguerra Per Bankitalia “Anche in Sicilia, come nel resto del Paese, l’emergenza sanitaria ha causato una contrazione dell’economia di dimensioni mai rilevate dal dopoguerra a oggi”. Il report cita le stime di Prometeia nel 2020 secondo cui il Pil regionale, dopo la sostanziale stazionarietà dell’anno precedente, si sarebbe ridotto dell’8,4 per cento (-8,9 in Italia). Secondo l’Indicatore trimestrale dell’economia regionale (Iter) della Banca d’Italia, il forte calo del prodotto registrato nel secondo trimestre “si è successivamente attenuato” tuttavia nell’ultimo trimestre dell’anno, in concomitanza con le nuove misure restrittive alla mobilità e alle aperture degli esercizi commerciali, “la contrazione è tornata ad accentuarsi”.
Lavoro in fumo Dagli studi della Banca d’Italia emerge un dato netto: quasi 15.000 posti di lavoro persi in Sicilia nel 2020 a causa dell’epidemia e delle misure volte al suo contenimento. “Le ripercussioni sul mercato del lavoro della pandemia e delle misure adottate per il suo contenimento sono state consistenti – si legge nel report -. Dopo la forte contrazione del numero di occupati nel secondo trimestre del 2020, si è osservato solo un parziale recupero nei trimestri successivi; nell’anno è diminuito sia il numero di lavoratori autonomi sia, più marcatamente, quello dei dipendenti a termine. Nel settore privato non agricolo sono state create nuove posizioni lavorative alle dipendenze, ma in numero inferiore rispetto a quelle del 2019”. I contratti a tempo indeterminato hanno fornito “un contributo positivo grazie soprattutto a un numero più contenuto di cessazioni”, mentre il contributo dei contratti a termine “è stato invece negativo”. Il numero di posti di lavoro attivati si è “notevolmente ridotto” per i più giovani e per le donne. Gli effetti della crisi sanitaria sul mercato del lavoro, secondo gli economisti di Bankitalia, “sono stati comunque attenuati dalle politiche di sostegno pubblico”. Per l’occupazione alle dipendenze, infatti, si è fatto “un ampio ricorso alle misure di integrazione salariale, in connessione con il blocco dei licenziamenti”. Il tasso di disoccupazione “si è ridotto in ragione della minore partecipazione al mercato del lavoro e del conseguente aumento dell’inattività, che in regione era già su livelli rilevanti prima della pandemia”.