Servizio idrico e Aica: gli errori fatti e i rischi per il personale
PROVINCIA DI AGRIGENTO. Sempre sulla vicenda del personale trasferito dalle società Girgenti Acque e Hydortecne in procedura fallimentare all’AICA qualcuno ha fatto osservare che questo transito del personale sarebbe previsto dall’art. 173 del codice dell’ambiente, cioè dal decreto legislativo n. 152 del 2006. La nostra intenzione è quella di evitare “l’ottimismo della politica” e guardare la realtà nella consapevolezza che la questione sociale, cioè dei 300 lavoratori e delle loro famiglie, merita chiarezza, trasparenza.
E’ bene leggere questo articolo anche se potrebbe sembrare complicato per i non addetti ai lavori: “Fatta salva la legislazione regionale adottata ai sensi dell’articolo 12, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, il personale che, alla data del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi prima dell’affidamento del servizio, appartenga alle amministrazioni comunali, alle aziende ex municipalizzate o consortili e alle imprese private, anche cooperative, che operano nel settore dei servizi idrici sarà soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro, al passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore del servizio idrico integrato, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in atto. Nel caso di passaggio di dipendenti di enti pubblici e di ex aziende municipalizzate o consortili e di imprese private, anche cooperative, al gestore del servizio idrico integrato, si applica, ai sensi dell’articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina del trasferimento del ramo di azienda di cui all’articolo 2112 del codice civile”.
Deve leggersi adesso l’accordo stipulato il 29 luglio scorso tra i sindacati e l’AICA secondo il quale essendosi trattato di un trasferimento di ramo di azienda, con l’affitto stipulato da AICA con la curatela fallimentare, ha trovato applicazione l’art. 2122 del codice civile che disciplina il trasferimento.
Sembrerebbe quindi che la norma sopra riportata abbia introdotto una procedura speciale di reclutamento derogatoria rispetto alle modalità ordinarie del concorso pubblico, ma la questione non sembra così chiara e dovrebbe essere lo stesso personale a vigilare perché, come diremo, la procedura avrebbe dovuto essere diversa ed avrebbe condotto ai medesimi risultati in maniera legittima.
Anzitutto la premessa, che fa riferimento alla legislazione regionale, che in Sicilia è la legge n. 15 del 2004 che prevede, riportiamola anch’essa, per la stragrande maggioranza dei dipendenti ex Girgenti Acque e della controllata, il “concorso per titoli, integrato, qualora sia richiesta una specifica professionalità, da una prova d’idoneità, nel rispetto dei principi contenuti nel D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 35, comma 3, ferma restando la speciale disciplina in materia di assunzione dei soggetti appartenenti alle categorie protette, di cui al comma 2 del medesimo articolo”. L’obbligatorietà di questo principio che sembra così lontano nel tempo è stato ribadito dalla Cassazione con la recente pronuncia n. 274 del 2019. Ed in materia di personale, come si sa, la Regione ha legislazione esclusiva.
Ma la cosa che diversi esperti e giuristi sostengono è che l’attenta lettura della normativa dell’ormai lontano 2006 faccia essenzialmente riferimento al trasferimento del personale dagli organismi pubblici (Comuni, Province, Enti di gestioni, ecc.) ai soggetti imprenditoriali privati, per quella fase di esternalizzazione dei servizi cominciata proprio in quegli anni allo scopo di sgravare i costi che incidevano sul settore pubblico, preoccupandosi di tutelare, in questo passaggio pubblico/privato, i diritti dei lavoratori. Ed in effetti se si va a vedere è grande l’attenzione posta alla tutela dei diritti acquisiti dai lavoratori nella gestione interna pubblica del servizio e poi trasferiti all’impresa privata.
Che probabilmente si tratti di una forzatura è il fatto che anche le stabilizzazioni di tutto il personale precario (articolisti, LSU, ASU, VV.F., ecc.) sono state fatte con procedure concorsuali, sia pure riservate, a chi fosse in possesso di determinati titoli.
Peraltro manca del tutto, e questo è incomprensibile – e se c’è ed è tenuto riservato è ancora più grave – un piano industriale di AICA che dia contezza della previsione tra costi e ricavi, dove vengano riportati i ricavi da tariffa, il loro grado di esigibilità (breve, medio, lungo periodo) ed i relativi costi finanziari, le spese di funzionamento e quelle per il personale, tenuto conto anche del fatto che i soci di AICA, cioè i Comuni o meglio i loro cittadini, hanno già assunto una posizione debitoria pro quota per l’intervento regionale di dieci milioni di euro di sostegno.
Quale forma di reclutamento si sarebbe potuta realizzare sempre con ampi margini di garanzia? Quella di una selezione secondo la norma regionale riservata ai lavoratori in possesso delle specifiche professionalità, che avrebbe consentito agli stessi, a prescindere dalla forma contrattuale che sempre privatistica sarebbe rimasta, una posizione di legittimità nel rapporto di dipendenza con la società pubblica.
Ma siccome dovevano stupirci con effetti speciali non hanno avuto il tempo di fare niente di quello che normalmente si fa quando si costituisce una società (analisi dei fabbisogni, business plan, piani finanziari, ecc.); si sa i Sindaci non sono affatto refrattari ad apparire più che ad essere.
Adesso staremo a vedere quale sarà il futuro.
Filippo Cardinale