Servizio idrico agrigentino, Saia: “Quattro domande che attendono risposta”
AGRIGENTO. “Come avevo ampiamente previsto da qualche anno, Girgenti Acque e la sua partecipata sono fallite. La notizia è di quelle da rompicapo”. A dirlo è il coordinatore del Comitato Italia Viva Oltre di Agrigento ed ex segretario generale della Cisl agrigentina, Maurizio Saia.
Saia, in verità, è dal 2013 che prospetta un sentiero tortuoso che alla fine si è rivelato più preciso di un navigatore satellitare.
Saia, tuttavia, pone un tema: “Adesso dobbiamo conoscere i motivi del fallimento. e perché una società fallisce”. Il fallimento è una procedura attivata dalle autorità quando una società/impresa versa in grave stato di crisi, di dissesto economico e finanziario, al punto che non riesce più a pagare fornitori, creditori, dipendenti.
La società va in crisi quando “i costi superano i ricavi per un lungo periodo. Pertanto, nel caso specifico i proventi della gestione del servizio idrico integrato non risultavano sufficienti”, chiosa Maurizio Saia.
Il coordinatore del Comitato Italia Viva Oltre di Agrigento pone quattro domande. “La causa è stata l’esiguo numero di utenti? La struttura di gestione del servizio era
sovradimensionata? E’ stata garantita la gestione del buon padre di famiglia? Chi ha gestito nel tempo la società non si è accorto dello squilibrio finanziario?”
Per Saia, “si tratta del fallimento di chi aveva pensato di poter gestire l’acqua e le reti idriche in Sicilia, attraverso il connubio pubblico/privato”. Ma non la riflessione di Saia va oltre e, infatti, rimarca che “dovrebbero raccontarci il ruolo dell’Ato Idrico, i compiti e le eventuali inefficienze”.
Non c’è dubbio che la vicenda del servizio idrico agrigentino parte da lontano e negli anni si sono accumulati errori, a volte negligenze, a volte ritardi, a volte decisioni poco ortodosse.
Per Saia, “adesso è più facile comprendere le perplessità di alcuni sindaci nel costituire la Società consortile, senza un piano industriale che garantisca l’equilibrio finanziario e non causi il dissesto dei comuni”.
Ecco il nocciolo della questione, l’accumularsi di ritardi, che non possono essere imputati al fato, ha portato a scelte lampo e anche con gli occhi bendati poiché nessuno dei sindaci e dei consiglieri comunali è in grado di capire l’economicità della nuova gestione, se l’utente pagherà di meno l’acqua, se la tariffa sarà inferiore, se i Comuni possono sopportare eventuali forti carichi in capo alle casse comunali. “Attendiamo di conoscere come i curatori fallimentari si sostituiranno alla gestione commissariale”, conclude Saia. Appunto, tutta la vicenda presente e futura sarà “un rompicapo”.
Filippo Cardinale