Sanità in Italia: “Una barca dove ognuno rema in una direzione diversa”

“The Italian health data system is broken”: l’autorevole rivista “The Lancet” denuncia “Disparità tra Nord e Sud, iniquità delle cure, flop di medicina digitale e ricerca”

Dalle pagine e dalla copertina di The Lancet, la più autorevole rivista scientifica al mondo, emerge un grave allarme per la sanità italiana del futuro. Gli studiosi hanno analizzato la grande differenza di prestazioni e d interventi fra le regioni italiane, alle quali è attribuito il 90% delle competenze in materia sanitaria, e hanno fatto le proiezioni dei danni ancora maggiori che potrebbero scaturire dall’autonomia differenziata che amplierebbe ulteriormente il solco fra le regioni del sud e il resto d’Italia. L’allarme è stato ripreso ampiamente nelle edizioni di ieri dai quotidiani Repubblica e Il Fatto Quotidiano. Di fatto si tratta di considerazioni che in Italia vengono fatte da alcuni anni dalla Fondazione Gimbe (nell’ottobre scorso presentando 7° Rapporto sul Servizio Sanitario Nazionale rilevava come dati, narrative e sondaggi di popolazione dimostrino che oggi la vera emergenza del Paese è il Servizio Sanitario Nazionale).

Quali sono le considerazioni degli autorevoli esperti di Lancet ? C’è una netta disparità tra Regioni ricche e povere, iniquità delle cure, fallimento della medicina digitale. Il j’accuse “Il sistema dei dati sanitari italiani non funziona” è rivolto contro una sanità spezzatino, con le Regioni che non riescono nemmeno a comunicarsi dati e informazioni utili a curare i pazienti. “L’Italia – scrive The Lancet – si ritrova immersa in una sorta di feudalesimo in cui «ospedali e strutture sanitarie si affidano a sistemi di raccolta dei dati incompatibili fra loro e vetusti, che rendono impossibile il trasferimento di referti e immagini diagnostiche anche all’interno di una stessa città».

“Ogni anno – spiega Pooja Jha, direttrice di Lancet Regional Health—Europe – la necessità di ripetere gli stessi esami due volte perché un paziente viene curato in strutture o Regioni diverse, incapaci di leggere l’una i referti dell’altra, costa all’Italia 3,3 miliardi”. Tutto questo mentre i Paesi del Nord Europa hanno una banca dati centrale consultabile da ciascun medico autorizzato. Una situazione che, è emerso, impedisce ad uno studio scientifico di estendere i suoi orizzonti al di là di poche migliaia di pazienti. Né permette a un paziente che decida di curarsi in un’altra Regione o che finisca in pronto soccorso di utilizzare diagnosi ed esami effettuati in passato.

La Fondazione Gimbe riferisce che al 31 agosto 2024, il 41% dei cittadini ha espresso il consenso alla consultazione dei propri documenti sanitari da parte dei medici. Mentre The Lancet si interroga dove siano finiti 1,8 miliardi di euro spesi nel 2022 per la sanità digitale.