Sanità: “Case e Ospedali di comunità senza personale sarebbero luoghi vuoti”
SCIACCA. “Le case di comunità, gli ospedali di comunità e la sanità privata per rilanciare la sanità regionale”: queste azioni, annunciate dal nuovo assessore regionale alla sanità Giovanna Volo, non piacciono a molti operatori sanitari.
Giovanni Di Vita, dirigente medico nell’unità operativa di cardiologia dell’ospedale “Giovanni Paolo II”, ritiene che il rappresentante del governo regionale stia partendo con il piede sbagliato, e in un post sui social indica anche i motivi:
A) la sanità privata, in quanto società di profitto, non investe in posti per l’ emergenza/urgenza né in posti per lungodegenti che sono invece le maggiori criticità della sanità pubblica;
B) le case e gli ospedali di comunità dovrebbero essere l’ anello mancante tra sanità territoriale e sanità ospedaliera ma rischiano di diventare luoghi vuoti per la carenza di personale medico e paramedico.
“Non essendoci ad oggi un accordo tra i medici di medicina generale e le regioni – riflette Di Vita – questi interventi rischiano paradossalmente di peggiorare la qualità dei servizi sanitari e di bruciare milioni di euro (per la Sicilia circa 900 milioni di euro dal PNRR). Tale realizzazione a me oggi appare una operazione politica e del consenso elettorale più che una vera riforma”.
Secondo Di Vita, che guarda naturalmente alla situazione del nostro territorio ed alle recenti iniziative, al momento tra riunioni dei sindaci, dichiarazioni del commissario ASP e rivendicazioni delle forze di opposizione, restano due dati di fatto incontrovertibili, l’assenza dei medici dal dibattito e il mancato completamento delle unità operative previste dalla riforma regionale del 2015 e successive modifiche del 2019.
“Modifiche peggiorative – dice Di Vita – vedi la scomparsa della neurologia e della Stroke Unit. E nessuno che pensi ad una vera riforma della medicina territoriale ed ospedaliera”.
Un altro passaggio importante delle sue riflessioni è quello dei numeri: Nel 2018 l’ASP di Agrigento era al III° posto per la cosiddetta ” mobilità passiva” ( cittadini che vanno a curarsi fuori provincia) ed al II° posto per la migrazione sanitaria fuori regione. “Fin quando ci sarà la politica a parlare di sanità – conclude il medico – e non capendo cos’è la sanità visti i risultati, continueremo a farci la guerra tra campanilismi stucchevoli e sterili. E così facendo peggioreremo la qualità dei servizi sanitari erogati e la gente continuerà a lamentarsi ed a scaricare sugli operatori (medici e paramedici) responsabilità di quanti non hanno guardato ai bisogni dei cittadini ma al puro ritorno elettorale”.
Giuseppe Recca