Totò Di Gangi non sarebbe stato investito da un treno, ma è morto probabilmente per un malore per deficit da insulina

SCIACCA.  Salvatore Di Gangi non sarebbe stato investito da un treno, ma è morto probabilmente per un malore sopraggiunto per un deficit da insulina. A rivelarlo al telegiornale di Radio Monte kronio è stato Alessandro Di Gangi, figlio del capomafia di Sciacca.

La famiglia attende le conclusioni medico-legali dell’autopsia, ma sente, attraverso  il figlio, il bisogno di precisare che il padre non era stato abbandonato dai suoi familiari. Dunque, nessun dramma della solitudine. E’ vero che era solo, Totò Di Gangi, quando è uscito dal carcere di  di Asti ma perché la sua remissione in libertà (detenzione in cella sostituita con i domiciliari che avrebbe dovuto scontare a Sciacca) è avvenuta senza che i suoi familiari fossero stati preventivamente informati. Il figlio Alessandro ha detto che nessuna telefonata è pervenuta dalla direzione del carcere e gli stessi avvocati di Di Gangi sarebbero stati avvisati il giorno dopo che il loro assistito era tornato fuori. Un fatto che per i familiari è assai grave, soprattutto perché Salvatore Di Gangi era un uomo molto malato.

La relazione del medico del carcere ed altre perizie avevano già indicato come il boss settantanovenne fosse affetto da deficit cognitivi e spazio temporali. Patologie che non lo rendevano più autosufficiente in termini di capacità di discernimento.

“Eppure – dice Alessandro Di Gangi al Tg di Rmk- appena fuori dalla prigione mio padre è stato infilato dentro ad un taxi che lo ha accompagnato alla stazione di Asti”. Secondo la ricostruzione dei fatti tuttora al vaglio della magistratura, Di Gangi ha raggiunto Genova, dove è salito su un altro treno diretto al sud ma da cui è stato fatto scendere dal controllore perché era sprovvisto del Green Pass.

A questo questo punto che, secondo i familiari, Salvatore Di Gangi avrebbe perso completamente l’orientamento, rimanendo diciotto ore a girovagare per la stazione. Una circostanza, questa, su cui la Polizia ferroviaria, su disposizione della procura della Repubblica, ha acquisito e sta visionando i filmati della videosorveglianza. Documentazione che confermerebbe quanto dichiarato oggi dal figlio del boss.

Salvatore Di Gangi aveva gravi problemi di salute ed era anche diabetico. “Mio padre era un insulina-dipendente, ma è stato messo fuori dal carcere senza che nessuno di noi figli fosse stato avvisato per tempo e senza che si tenesse conto delle sue necessità terapeutiche, e non solo per il diabete ma anche per i problemi mentali, per le sue difficoltà deambulatorie e per la cura di un glaucoma, che lo aveva reso cieco da un occhio”.  I parenti non escludono che Totò Di Gangi possa essere morto per un malore generato dalla mancata somministrazione dell’insulina, delle cui dosi aveva bisogno almeno 4 volte al giorno.

All’infermeria del carcere evidentemente Totò Di Gangi era molto noto ai sanitari.

L’autopsia è in programma giovedì 2 dicembre. La famiglia ha nominato un perito di parte che dunque assisterà il medico legale nominato dalla procura della Repubblica.

Non c’è dubbio che Alessandro Di Gangi confidi che l’indagine della magistratura di Genova possa chiarire eventuali precise responsabilità sulle modalità osservate nella scarcerazione del padre. Modalità che  vengono considerate discutibili. Avviso, questo, che sarebbe dimostrato anche dal fatto che Di Gangi non aveva con sé il Green Pass (motivo per il quale è stato fatto scendere dal treno a Genova) malgrado però fosse stato regolarmente vaccinato con doppia dose. “Ad una persona con deficit cognitivo – ha concluso Alessandro Di Gangi -, e tralasciando tutto il resto, su cui auspichiamo la massima chiarezza, non è stato nemmeno messo in tasca il certificato verde”.