SACCENSE CONTAGIATO DA SANGUE INFETTO, RISARCITO CON 2 MILIONI DI EURO

I fatti risalgono al 1990, quando all’atto della nascita ad un neonato venne fatta trasfusione di sangue

Pesante condanna dell’Assessorato alla Salute della Regione Sicilia che dovrà risarcire una famiglia di Sciacca. La sentenza di condanna arriva al termine di una battaglia processuale intrapresa nel 2006 da un giovane saccense M.S., allora minore, che a causa di una trasfusione di sangue effettuata nel 1990, al momento della nascita presso l’ospedale di Sciacca, ha contratto il virus dell’epatite C che, a soli 16 anni, ha determinato la comparsa di una cirrosi epatica prima e di un tumore al fegato poi.

La tragicità della vicenda ha indotto i familiari del giovane ad intraprendere, con l’assistenza degli avvocati Angelo Farruggia e Annalisa Russello del Foro di Agrigento, una causa contro l’ospedale di Sciacca e l’Assessorato alla Salute della Regione Sicilia, ritenuti responsabili di non avere adeguatamente controllato la qualità del sangue somministrato, poi di fatto rilevatosi contaminato dal virus Hcv; e ciò, nonostante già dal 1989 fossero disponibili, oltre che altri sistemi di screening volti ad escludere donatori non sani, anche il test per la rilevazione del virus Hcv che, se praticato, avrebbe escluso il contagio.

Nell’intraprendere il giudizio i legali, oltre ad una responsabilità per mancato controllo del sangue da somministrare, hanno addotto una responsabilità per violazione dell’obbligo di informare adeguatamente i genitori dell’allora neonato, del rischio connesso alla terapia trasfusionale, ivi compreso il rischio di contagio da epatite C.

L’Assessorato alla Salute, difeso dall’Avvocatura di Stato, si è difeso in giudizio sostenendo che in capo allo stesso non poteva riconoscersi alcuna colpa, sia per la imprevedibilità del contagio, sia per il fatto che nel 1990 ancora non esisteva un obbligo legislativo ad acquisire il consenso informato dei pazienti, sia per il fatto che in ogni caso la trasfusione risultava necessaria a salvare la vita del neonato.

Già nel 2008, il Tribunale di Palermo aveva condannato, proprio per violazione dell’obbligo di acquisire un consenso informato, l’Assessorato Alla Salute a risarcire sia il giovane per i danni subiti a causa del contagio degenerato, a soli 16 anni, in tumore al fegato, sia il padre, la madre ed il fratello, riconoscendo un risarcimento di 1.150.000 euro, oltre le spese legali, da dividersi rispettivamente: 750.000 euro in favore del giovane danneggiato; 150.000 euro per ciascuno dei genitori a titolo di danni morali; e 100.000 euro in favore del fratello.

Avverso la sentenza l’Assessorato alla Salute aveva proposto appello sostenendo che la sentenza di primo grado andava riformata ed annullata. Innanzi all’appello proposto dall’Avvocatura di Stato, i danneggiati, per il tramite dei loro legali, anziché limitarsi a difendere la sentenza, a loro volta l’hanno impugnata proponendo appello incidentale e chiedendo un aumento del risarcimento sostenendo che il Tribunale nel liquidare il danno, da un lato non aveva fatto uso, come invece doveva, delle tabelle applicate dal Tribunale di Milano per la liquidazione del danno biologico, dall’altro aveva liquidato gli interessi legali dal momento dell’emissione della sentenza e non, come invece avrebbe dovuto, dalla manifestazione del danno.

La Corte di Appello di Palermo, tramite la sentenza, da un lato ha rigettato l’appello proposto dall’Assessorato per il tramite dell’Avvocatura, dall’altro, in accoglimento dell’appello incidentale proposto dagli avvocati Angelo Farruggia e Annalisa Russello , ha aumentato di ben 750.000 euro il risarcimento riconosciuto con la sentenza di primo grado, portandolo da 1.150.000 euro a 1.900.000 euro, che considerati gli ulteriori interessi legali diverranno ben oltre duemilioni di euro.

Gli avvocati Farruggia e Russello, nel commentare la sentenza ed esprimere la loro soddisfazione per il risultato conseguito, non mancano di evidenziare che “in Italia si contano almeno 1.600.000 contagiati da Hcv ed il costo in termini di vite umane per le cirrosi da Hbv o Hcv e le sue complicanze, è di circa 12mila persone all’anno, con un incidenza della infezione molto più elevata al Sud. Si tratta, dunque, di un epidemia silenziosa che spesso, dopo avere inflitto gravi sofferenze in vita, conduce alla morte”.

Malgrado le gravi sofferenze ed i costi per le spese mediche e le trasferte in centri specializzati, spesso i danneggiati sono costretti ad aspettare numerosi anni prima di ricevere l’indennizzo previsto dalla legge 210/92 da parte dello Stato e, frequentemente, per il ritardo, talora di anni, nella effettiva corresponsione del risarcimento, muoiono senza neppure riscuotere quelle somme che, se da un lato non restituiscono al danneggiato la salute, dall’altro gli rendono giustizia del danno patito senza loro colpa.

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