RIAPRIRA’ LA CAVA CHIUSA PER UNA INFORMATIVA ANTIMAFIA. IL CGA CONDANNA MINISTERO DELL’INTERNO

Riaprirà la cava di Sambuca di Sicilia chiusa dopo un’informativa antimafia. La cava è quella gestita dalla C.S.G. con sede in Sambuca di Sicilia era stata destinataria di un’informativa interdittiva fondata sul legame parentale tra un socio ed un soggetto tratto in arresto nell’ambito dell’operazione denominata “Scacco Matto”.

Dopo le vicende giudiziarie a carico dell’imputato venivano definite con una sentenza di assoluzione con formula piena resa dalla Corte d’Appello di Palermo , confermativa della sentenza di primo grado resa dal Tribunale di Sciacca, e pertanto la società richiedeva un aggiornamento dell’informativa antimafia, ai sensi e per gli effetti del cd. codice delle leggi “antimafia”.

Nello stesso tempo, la società chiedeva al Distretto Minerario di Caltanissetta , che sul presupposto dell’informativa antimafia aveva disposto la decadenza dell’autorizzazione all’esercizio di cava, l’annullamento in autotutela del provvedimento di decadenza.

Ma è a questo punto accadeva un incredibile conflitto negativo di competenze. Segnatamente la Prefettura di Agrigento rispondeva che avrebbe avviato l’istruttoria propedeutica al rilascio di una nuova certificazione antimafia solo a seguito di una richiesta proveniente da una pubblica Amministrazione, mentre il Distretto Minerario di Caltanissetta subordinava l’accoglimento della richiesta di annullamento in autotutela del provvedimento di decadenza dell’autorizzazione all’esercizio di cava all’esito favorevole della richiesta di aggiornamento dell’informativa antimafia.

Come dire non si capiva bene chi avrebbe dovuto compiere il primo passo, con un incomprensibile rimbalzo di competenze tra le due amministrazioni.

Al fine di scongiurare la fase di stallo, la società sambucese proponeva un ricorso giurisdizionale, con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino e Lucia Alfieri, davanti al TAR Sicilia, Palermo, contro il Ministero dell’Interno, per la declaratoria dell’illegittimità del silenzio inadempimento formatosi sulla richiesta di aggiornamento dell’informativa antimafia .

Il Tar Sicilia, Palermo, aveva accolto il ricorso patrocinato dagli avvocati Rubino e Alfieri e aveva ordinato al Ministero dell’Interno di provvedere sull’istanza di aggiornamento dell’informativa antimafia entro trenta giorni, condannando il Ministero dell’Interno anche al pagamento delle spese giudiziali.

In esecuzione della sentenza resa dal TAR la Prefettura di Agrigento rilasciava alla società sambucese un’informativa liberatoria, attestante l’insussistenza del pericolo di infiltrazione mafiosa nei confronti della detta società; ma al contempo il Ministero dell’Interno proponeva appello davanti al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la regione siciliana per la riforma della sentenza resa dal TAR, sostenendo che la detta sentenza avrebbe potuto “arrecare pregiudizio al buon andamento dell ‘ Amministrazione , dal momento che potrebbe legittimare generalizzate richieste di aggiornamento di informative antimafia già emesse, con il rischio che l’Amministrazione sia impiegata in procedimenti carichi di costi in relazione agli accertamenti che essi richiedono, potenzialmente inutili.

La società sambucese si costituiva in giudizio, sempre con il patrocinio degli avvocati Rubino e Alfieri, per chiedere il rigetto dell’appello proposto dal Ministero e la conferma della sentenza resa dal TAR. In particolare gli avvocati Rubino e Alfieri hanno sostenuto l’infondatezza dell’appello proposto dal Ministero, citando precedenti giurisprudenziali afferenti la doverosità dell’apertura del procedimento di aggiornamento dell’informativa ove risulti una richiesta dell’interessato in considerazione della compressione del fondamentale diritto di libertà dell’iniziativa economica.

Il Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana, Presidente facenti funzioni Hadrian Simonetti, relatore il Consigliere Alessandro Corbino, condividendo integralmente la tesi difensiva sostenuta dagli avvocati Rubino e Alfieri secondo cui il nuovo codice antimafia sancisce un obbligo ineludibile di provvedere sulla richiesta di aggiornamento dell’informativa antimafia, a fronte di una documentata dimostrazione afferente la sopravvenienza di fatti nuovi, ha respinto l’appello proposto dal Ministero dell’Interno, condannando quest’ultimo anche al pagamento delle spese giudiziali relative al giudizio d’appello, liquidate in euro tremila, oltre accessori.

Pertanto, per effetto della sentenza resa dal CGA nessun ostacolo si frappone alla riapertura della cava sita in Sambuca di Sicilia, contrada Guisinara, s.s. 188, mentre la società sambucese potrà avanzare pretese risarcitorie per il lungo periodo di inattività della cava medesima.

(Nella foto, l’avvocato Girolamo Rubino)

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