RANDAZZO, IL SILENZIO DI UN GIUDICE NEGA A DETENUTO L’ULTIMO SALUTO ALLA MOGLIE MORTA
L’altro lato della giustizia, quello che non trova pietà umana ed è vittima di tempi assurdi, anche di fronte all’agonia di una donna e al dolore del compagno che vuole stringerle la mano per l’ultima volta. Il lato che ha inorridire, che non fa capire. E’ successo a Catania, ad un 40enne di Randazzo che stava scontando la pena inflitta dei domiciliari, due anni per 70 grammi di marijuana.
Salvatore Proietto ha potuto solamente sfiorare la foto della sua compagna sulla lapide. Sua moglie Tina ha lottato per 22 giorni, poi la malattia l’ha strappata alla vita. Il tutto mentre il 40enne randazzese scontava ai domiciliari una pena per droga. Il silenzio di un giudice non gli ha permesso di poter stringere la mano della moglie mentre soffriva in ospedale. E, nonostante le istanze e gli appelli, Salvatore non ha avuto nemmeno il permesso di piangere su quel petto dove il cuore aveva smesso di battere.
Una storia disumana nella quale Salvatore Proietto è rimasto intrappolato tra le maglie di una giustizia disumana. L’autorizzazione dell’ufficio del Tribunale di Sorveglianza è arrivata solo dopo il funerale.
La moglie di Proietto è finita in ospedale a Siracusa perchè nei nosocomi di Catania non c’erano posti. Ed è cominciato il calvario di carte bollate all’ufficio del Tribunale di Sorveglianza. A senso unico. Tina poi è stata trasferita al Policlinico di Catania in terapia intensiva. È morta. L’hanno portata a casa della suocera di Salvatore. Non poteva stare nella casa di Proietto, dove si trovava ai domiciliari, perchè era ritenuto il luogo dello spaccio.