RAGAZZINA STUPRATA PER 5 ANNI, INDAGATA ANCHE LA MADRE

Il Gip del Tribunale di Agrigento Franco Provenzano ha accolto la “richiesta di convalida del fermo e di contestuale applicazione di misure cautelari” chieste dai Pubblici ministeri della Procura di Agrigento Alessandra Russo e Salvatore Vella.

I due magistrati inquirenti hanno lavorato senza sosta per assicurare alla giustizia i protagonisti di una storia orribile fatta di violenze sessuali su una ragazzina.

Dopo l’arresto, avvenuto lo scorso 2 febbraio, di G.V.O., di 46 anni, rumeno, accusato di violenza sessuale nei confronti della nipotina di 13 anni, il Gip ha applicato la misura cautelare anche nei confronti dell’indagata M.O., di 56 anni, madre della giovane vittima di violenze, inizialmente non colpita da fermo, per la quale la Procura di Agrigento aveva chiesto gli arresti domiciliari.

L’uomo, secondo l’accusa, avrebbe ripetutamente abusato sessualmente della nipotina che viveva con lui, assieme ad altri parenti. L’indagine è partita dopo un esposto dei servizi sociali del Comune e vi sarebbe anche la denuncia da parte di una parente.

La tredicenne è stata affidata ad un centro d’accoglienza per minori e viene, adesso, assistita da uno psicologo.

La ragazzina dopo aver raccontato i fatti dei quali è stata vittima per anni, una orribile sequela di violenze cominciate nel 2011, e bloccate pochi giorni fa dai magistrati e carabinieri, in un lungo colloquio durato più di sei ore svolto presso la Procura di Agrigento fino a notte tarda, è stata immediatamente collocata in una struttura protetta, in attesa dei provvedimenti del Tribunale dei Minori di Palermo.

L’indagato (difeso dall’avvocato Giovanni Crosta) ha però negato di avere mai abusato sessualmente della bambina. La  notte del 2 febbraio è stato fermato dai Carabinieri, in quanto si stava apprestando a fuggire dall’Italia, dopo essere stato avvisato telefonicamente proprio dalla madre della bambina, mentre la donna si trovava in Caserma per essere ascoltata dal Pubblico Ministero.

Soltanto dopo aver avvisato il fratello delle indagini a suo carico e del pericolo di essere arrestato, M.O., chiamava la figlia per sapere dove fosse, ingiuriandola diverse volte.

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