Quando la politica protesta contro se stessa…mentre la provincia agrigentina arretra sempre più

SCIACCA. Editoriale di Filippo Cardinale

Ponti di pilu, navi di pilu, camion di pilu, chiù pilu ppi tutti. Mitico Antonio Albanese che nel personaggio Cetto La Qualunque racchiude la facilità con cui la politica immagina di raccogliere consenso. Alla fine, basta spararla più grossa. Una sorta di competizione in cui Pinocchio appare davvero un dilettante. Almeno, il personaggio di Carlo Collodi aveva la buona fatina che lo frenava dalle innumerevoli occasioni che gli allungavano il naso.

Oggi alla politica manca il senso della misura, ma anche la buona fatina capace di frenarle gli slanci avventuristici.

In questi giorni assistiamo ad un risveglio dei vari livelli dei politici, da quelli locali, a quelli regionali, fino a giungere alla patria del tonnarello al cacio e pepe. L’ingrediente comune è “l’orgoglio” di difendere una provincia che ha subìto e continua a subire violenza e abusi. Una provincia che da sempre è agli ultimi posti delle classifiche economiche. Agli ultimi posti per la qualità della vita. Agli ultimi posti per mancanza di infrastrutture. Una provincia lasciata ai margini, una provincia che è la rappresentazione plastica del confine ultimo della geografia europea. Una provincia che ha una Porta collocata a Lampedusa, simbolo dell’accoglienza. Ma che ha anche  un’altra porta, però. Quella che non è rappresentata materialmente, non è raffigurata da un manufatto. E’ quella subdola che rappresenta l’emarginazione dal resto. Dal resto della Regione, dal resto dell’Italia, dal resto dell’Europa.

Una provincia privata e priva di infrastrutture, di una seria programmazione di crescita, di una visione di futuro. Una provincia nella quale la politica riesce a “protestare” per l’arretratezza in cui si trova il territorio, come se essa stessa fosse estranea, come se essa stessa non fosse artefice delle sorti del territorio.

Si invocano autostrade, porti, ferrovie. Mentre la provincia emargina sempre più il suo interno lasciando innumerevoli paesi irraggiungibili, o raggiungibili con strade simili a mulattiere. Si invocano porti quando non si riesce a migliorare quelli esistenti. Si invocano ferrovie le cui tratte sono state chiuse negli anni ottanta.

E’ come se la primavera avesse destato dal sonno la politica, la quale apre gli occhi lamentandosi di se stessa per l’arretratezza della nostra provincia.

Manca solo il palchetto di Checco La Qualunque: forza, Ponti di pilu, navi di pilu, camion di pilu, chiù pilu ppi tutti.

Siamo esclusi dai Fondi di Rilancio europei (preferiamo adoperare l’italiano e lasciando l’inglesimo. Del resto, anche Draghi ha osservato che in Italia usiamo troppa terminologia inglese senza essere capaci di pronunciarla né di capire cosa significhi).

I buoi sono usciti dalla stalla (sono stati sempre usciti) e ora i gli allevatori e vogliono chiudere (dopo che sono scappati).

Forse, Albanese non è solo. Ieri, il senatore grillino Marinello, sentito dal Tg di Tele Monte Kronio, ha detto che “venire a Roma per protestare è stato inutile, perché sapevamo tutti che questo progetto non sarebbe stato inserito”. Il parlamentare grillino, che sulle grandi questioni di Sciacca e del territorio e sulle vicende politiche locali spesso si è “scanzato”, ha detto che il completamento dell’anello autostradale farebbe parte di un progetto separato, senza aggiungere altro.

Insomma, come dire che una bella giornata è salutare. E qui viene in mente l’attore siciliano Franco Catalano (scomparso nel duemila): È meglio lavorare poco e fare tante vacanze, piuttosto che lavorare molto e fare poche vacanze.

Le sue innumerevoli battute ci facevano sorridere. Oggi a farci sorridere (con lacrime di pianto, però) è la politica. Non per le sue battute, per i congiuntivi sbagliati, ma per la mediocrità che esprime. Per la capacità di vendere fumo.