Quali valori uniscono la Chinnici con Schifani?

DI CALOGERO PUMILIA

La notizia dell’abbandono del Partito Democratico di Caterina Chinnici è talmente incredibile da non dover essere vera. E dopo averci riflettuto per qualche attimo ho capito che le cose non stanno così come vengono proposte. Non siamo in presenza di un volgare episodio di trasformismo. È impossibile pensare che una “icona”, con una storia familiare e personale di quel genere baratti dignità e prestigio in cambio di qualcosa – un terzo mandato al Parlamento europeo? – Ma mi facciano il piacere! Direbbe Totò.

Qui ci deve essere dell’altro. Con ogni probabilità c’è un raffinato, diabolico disegno dei “comunisti”, di quelli che infestano il Partito Democratico, che io comunisti ho imparato a conoscerli: una ne fanno e cento ne pensano. Se Chinnici avesse avuto timore che al seguito di Schlein fossero sul punto di abbeverare i loro cavalli nelle fontane di Piazza Pretoria, avrebbe avuto la possibilità di prendere le distanze dal suo partito, restituendo il mandato europeo, o restando ancora per un anno dove esso l’ha collocata per due mandati. Va escluso del tutto il tradimento nel senso etimologico, la consegna ad altri di ciò che ha avuto dall’impegno generoso di coloro che in lei hanno creduto, nel senso di venir meno ad una promessa di lealtà, che sarebbe più grave quando si incarna una storia che va molto al di là di sé stessi, del ruolo che si svolge, quando si evoca una narrazione tra le più limpide di questa terra, una narrazione intessuta di coerenza, di fedeltà e di coraggio.

Ha accettato di essere infiltrata nel partito di Berlusconi con l’obiettivo di portarvi lo scompiglio, di imporre lì quella intransigenza, quel rigore che l’hanno indotta, appena pochi mesi fa, a non volere a suo fianco, nella battaglia per la presidenza della Regione, e sotto le insegne del Partito Democratico chi era accusato, solo accusato, di una lieve infrazione della legge, pur essendo in regola con cosiddetto codice deontologico dello stesso.

Chinnici non transige neppure nei confronti di coloro che hanno avuto anche una multa per parcheggio in sosta vietata. Dura lex sed lex.

Va con i forzisti che cascano nel tranello, con gli stessi propositi e, in questo caso, a differenza di Cancelleri che nella nuova famiglia ha trovato i valori, i valori sarebbe lei a portarli se non se ne disfa prima. Ma davvero qualcuno può pensare che Caterina Chinnici imbratti la sua storia adamantina con un volgare traffico, con una piccola permuta. Che non sarebbero tali per il fatto che passa con Forza Italia, ma semplicemente perché passa, abbandona il campo nel quale comodamente e a lungo è rimasta.

Nel nuovo ruolo di infiltrata dovrà avere stomaco, dovrà sapere fingere, accettare di essere portata in processione su una vara diversa da quella sulla quale finora è stata condotta. Continuerà a non metterci nulla di suo come del resto ha fatto nella campagna elettorale del settembre scorso, che sembrava un modo originale per parteciparvi, un modo ritroso e defilato ed era invece inadeguatezza e mancanza di generosità.

Stavolta almeno la fatica della simulazione dovrà sopportarla. Introdurrà lo scompiglio in Forza Italia per conto di quei comunisti che lì la mandano come quinta colonna, come una solenne e silente Mata Hari. Della quale naturalmente non farà la fine. Rischia semmai di essere fraintesa. Non tutti, infatti, come me, capiranno ciò che realmente sta accadendo. E la tireranno giù dall’altare per collocarla nel magazzino delle ferraglie con tutti gli Scilipoti che in numero crescente punteggiano ciò che passa per politica. Ed è invece una putia di robbi vecchi.