Pumilia: “Calate il sipario su Agrigento capitale della cultura”

Sono già trascorsi tre mesi dall’inizio del 2025, anno di Agrigento capitale italiana della cultura. “Prendiamo atto che l’obiettivo originario è stato mancato”, chiosa Calogero Pumilia, già presidente della Fondazione Orestiadi di Gibellina. Nell’anno passato sono stati spesi quattro milioni di euro
DI CALOGERO PUMILIA. Fermiamoci qui. Evitiamo un inutile accanimento, un ulteriore spreco di risorse finanziarie. Non diamo altri motivi per danneggiare l’immagine della città, per identificare i suoi cittadini con gli incapaci e gli improvvisatori impegnati in una sorta di promozione alla rovescia. Prendiamo atto che l’obiettivo originario di «Agrigento capitale della cultura» è stato mancato e che si può solo tentare di mettere insieme un accrocco che alla fine provocherebbe ancora pesanti polemiche. Il presidente della Regione abbia consapevolezza di una situazione ingovernabile e si sottragga al rischio di finire coinvolto in un clamoroso, forse inevitabile fallimento. Ha tentato di metterci una pezza quando già era troppo tardi. Ha immaginato che la nomina della dottoressa Cucinotta potesse imprimere una svolta. Non è successo. Probabilmente non c’erano più le condizioni perché succedesse. La ex prefetta di Palermo non poteva cambiare verso a questa storia. Ed anche lei, del resto, ha finito per arroccarsi, anche lei, come il direttore generale, è stata indisponibile ad ogni offerta di collaborazione, ha reso ancor più evidente l’incapacità della Fondazione a svolgere il proprio ruolo, mentre si continua ad inciampare su ostacoli che, per quanto banali, danno il senso della inadeguatezza e della improvvisazione e richiamano un’attenzione certo non amichevole sulla città. Come la sede, priva della luce e del telefono. Fino ad oggi l’evento, quello che più volte, anche in modo retorico, è stato detto essere una straordinaria occasione per promuovere la città dei templi, per affrontare ed avviare a soluzione alcuni dei suoi atavici problemi, viceversa ne ha diffuso e amplificato alcuni, come la mancanza di acqua, di collegamenti, la sporcizia, l’assenza di parcheggi e delle infrastrutture che dovrebbero essere propri di una realtà contemporanea. Si poteva immaginare che questa condizione sarebbe stata affrontata a cominciare dal marzo del 2023, quando il governo ha scelto Agrigento come capitale della cultura. È credibile che si possa andare avanti, che i 44 progetti in programma siano ancora realizzabili? Che il rinvio o la soppressione di alcuni di loro in calendario per i mesi già passati, la revoca dell’invito ad importanti esponenti della cultura nazionale non diffondano la convinzione della inaffidabilità e inducano altri a sottrarsi ad eventi successivi? Non è preferibile, non è dignitoso fare la conta dei danni e non aggiungerne altri? Nell’anno passato sono stati spesi quattro milioni di euro. Qualcuno dei progetti realizzati ha avuto una evidente caratura clientelare, altri un indubbio valore. Tutti comunque sono stati episodici e scoordinati, tali da non lasciare un segno tangibile. Fermiamoci. I responsabili di un disastro annunciato si scusino con i cittadini, defraudati delle aspettative, cessino di coinvolgerli nella loro inettitudine, di omologarli alla loro incapacità. La mia può apparire una provocazione paradossale e spero anche che lo sia, che io venga smentito da una miracolosa inversione. Credo invece che quella indicata sia una soluzione di buon senso, il buon senso che deriva dal guardare in faccia la realtà. Il presidente della Regione per primo, e insieme con lui quella parte di classe politica non coinvolta nelle disastrose scelte di questi due anni, trovino il modo di salvare le somme statali, regionali e comunali individuate per finanziare un evento oggi improbabile, li affidino ad una gestione straordinaria e li impieghino per l’arredo della città, per renderla più accogliente e maggiormente adeguata alla sua vocazione turistica. In Italia poche realtà come la nostra vengono visitate da un milione di persone all’anno. Evitamo di scoraggiare quelli dei prossimi anni, lavoriamo per accrescere quel numero, per indurre una parte di loro a visitare il centro storico, legando il Parco archeologico ad una realtà urbana che, con i suoi monumenti e i suoi reperti, racconta il susseguirsi di diverse importanti civiltà, da quella araba a quella normanna a quella chiaramontana. Arricchiamo Agrigento di offerte culturali adeguate. Rendiamola ancora più vivibile per i suoi cittadini. Cominciamo intanto a distinguerli da quanti, in questi due anni, hanno lavorato contro di loro, da veri e propri anti-agrigentini.