A sfidarsi, domani, saranno il sindaco di Palma di Montechiaro, Stefano Castellino, ed il sindaco di Aragona, Giuseppe Pendolino. La campagna elettorale c’è stata, ma nelle segreterie politiche, lontano dai cittadini che tra le festività e il lutto del Papa, nemmeno più ricordano che da lunedi la provincia di Agrigento tornerà ad avere un presidente e un consiglio. Non ci sono stati manifesti, spot e messaggistica telefonica. Questa volta non è stato necessario arrivare nelle case dei cittadini, ma solo dentro le segreterie politiche, dove si sono svolti incontri e strategie che vanno al là di quello che accadrà dopo. Non sono previsti premi di maggioranza, potrebbe accadere che nel nuovo consiglio le forze in campo siano identiche.
In provincia di Agrigento, com’è noto, ma anche in altre province, si sono creati percorsi di trasversalismo che hanno alimentato non poche polemiche: il centrodestra è spaccato con Fratelli d’Italia, Dc, Lega, Udc e Noi Moderati che appoggeranno Castellino, mentre Forza Italia ed Mpa sosterranno Pendolino, con il corposo appoggio di una lista senza simboli messa in piedi dal Partito Democratico e dal Movimento Cinque Stelle. Anche l’area progressista è arrivata divisa a questo appuntamento, ma le critiche iniziali nei confronti di chi ha messo in piedi questa operazione e continua a spiegarla sostenendo che non bisogna rimanere avvolti nelle ideologie, e che al momento non sarebbe proponibile in campo regionale e nazionale, si sono un po’ smorzate. L’idea di mettere assieme una proposta civica in ambito provinciale (le alleanze civiche nei Comuni non hanno mai scandalizzato) ha subito raggiunto l’obiettivo di creare un forte strappo nel centrodestra, che probabilmente avrebbe avuto un percorso più agevole nella conquista di sala Giglia, e di mettere in difficoltà l’avanzata della Democrazia Cristiana. Il clima in casa centrodestra non è stato sereno in queste settimane, l’esito delle elezioni di domani sarà decisivo per il futuro della politica siciliana. Chi è riuscito a dividere la coalizione che governa a Palermo e Roma, ed ha quindi ottenuto un primo risultato positivo, si è vestito da stratega ed ha voluto fare un “esperimento” per capire se questo percorso può avere un futuro oltre i liberi consorzi provinciali e se si possono riprendere le redini del governo siciliano, lanciando segnali anche a Roma. Una sfida difficile, ma anche coraggiosa e fortemente rischiosa quella che vede in prima linea il deputato saccense Michele Catanzaro: il progetto politico va infatti contro il nuovo corso della segretaria Elly Schlein, ma guarda alla governabilità con la presenza di forze progressiste che oggi, da sole o con il M5S, hanno poco appeal. Negli ambienti politici questo evento elettorale ha quindi più peso delle tradizionali elezioni: una eventuale vittoria di Pendolino determinerebbe sia il successo di un’idea apparsa inizialmente “stravagante”, che ha creato non pochi mal di pancia in casa PD, dove in pochi si rendevano conto che vincere con un proprio candidato è pressochè impossibile, sia il rafforzamento degli autonomisti, che con Grande Sicilia cercano un rilancio, e dei forzisti dissidenti. Un successo di Castellino darebbe forza e risolleverebbe invece il morale a Fratelli d’Italia e Democrazia Cristiana, che vedrebbero spalancata la strada anche per la presidenza della Regione. Elezioni, dunque, senza partecipazione dei cittadini, che si allontanano sempre di più dalla politica, ma di grandissima importanza per il futuro degli schieramenti in Sicilia. E sembra che anche da Roma guardino con attenzione a cosa potrà accadere.
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