PRE-TRIAGE, ALL’OSPEDALE SACCENSE AUMENTANO I DISAGI PER I DIALIZZATI. IL LORO INFERNO NON HA LIMITI

Una signora dializzata ci ha raccontato, ieri sera, i suoi disagi con l’istituzione del pre-triage per l’emergenza covid-19. Premettiamo che la vita, al di là dell’emergenza del virus pandemico, del dializzato non è semplice, è già un inferno in considerazione che a giorni alterni deve recato in reparto nefrologia per sottoporsi alla dialisi. Procedura necessaria ed indispensabile per chi accusa una patologia di insufficienza renale. Insomma, si rischia la morte in modo facile.

Prima di entrare nel merito della questione del disperato racconto sottoposto all’attenzione della nostra redazione, dobbiamo evidenziare che da ieri, con una disposizione firmata dal commissario ad acta per l’emergenza covid-19, Alberto Firenze, protocollo 31CA72020 del 5 aprile 2020, è stato reso obbligatorio ogni forma di accesso alle strutture ospedaliere di Sciacca e Ribera da parte dei pazienti è totalmente inibita, se non attraverso le aree di emergenze ivi allocate. Le Unità Operative che svolgono attività in setting assistenziale non in ordinario, non differibili, dovranno inviare i pazienti che abbisognano di qualsivoglia prestazione presso la struttura tensioattiva ad oggi attigua alle attuali aree di emergenza di Sciacca e Ribera, nelle more di disposizioni successive, al fine di rendere operativo il pre-triage. La nota del commissario Alberto Firenze è conclusa con un avvertimento al personale tutto ben preciso: qualsiasi azione che direttamente o indirettamente risulti ostativa verrà sanzionata a livello disciplinare. 

Fatta tale premessa che, di fatto, evidenzia le criticità che nascono con la commistione di una struttura ospedaliera (con tanti reparti e che serve un territorio vasto che tocca più province) con la creazione di aree covid-19, passiamo al fatto.

Una paziente di Sant’Anna ci ha telefonato per raccontarci i suoi disagi da dializzata. Un disagio che coinvolge una quarantina di pazienti nelle stesse condizioni. La dialisi avviene in diversi gruppi, composti da una decina di pazienti alla volta. I dializzati, prima dell’istituzione del pre-triage, giungevano nella hall del reparto di nefrologia per sottoporsi alla misurazione della temperatura (questo da sempre, al di là dell’insorgere del coronavirs). Da ieri, le decine di dializzati non devono più accedere dall’edificio principale (dove c’è il bar per intenderci) ma devono recarsi al pre-triage per la misurazione della temperatura corporea. Poi devono ritornare all’edificio dove è situata la nefrologia e quindi la dialisi.

Ovviamente, essendo ogni gruppo formato da 10/11 dializzati, si creano ritardi. Si creano disagi a chi soffre tale patologia, anche ansie. La paziente dializzata ci ha raccontato il disagio che prova, la tensione. Disagi che si sommano alla patologia che costringe a giorni alterni al lavaggio del sangue.

Ci ha raccontato che hanno dovuto lottare tantissimo, tutti i dializzati, per non far chiudere il reparto per reperire personale dai vari reparti e destinarlo all’emergenza covid-19.  Una lotta dura, ci racconta, ma alla fine il reparto non ha chiuso. Ma sono accresciuti i disagi per i soggetti portatori di tale patologia. I dializzati, tutti concordi, confidano nella assistenza che offre l’ospedale che “è di gran lunga superiore rispetto a quella che può offrire un privato”.

Giriamo tale fatto al sindaco Francesca Valenti, quale autorità sanitaria in città. Giriamo una questione che riguarda cittadini che già soffrono la patologia che li costringe, a giorni alterni, al lavaggio del sangue. Molto probabilmente, un accorgimento tecnico che possa servire a lenire le già tante sofferenze sarebbe un atto di forte comprensione. Considerato anche che gli stessi pazienti provvedono a misurare autonomamente la temperatura corporea perché sanno che devono farlo, al di là del coronavirus, per la loro vita. Senza dimenticare che tali pazienti hanno le difese immunologiche abbastanza fragili.

Filippo Cardinale