Processo “Passepartout”, l’udienza preliminare è fissata al 19 ottobre

SCIACCA. I pubblici ministeri della Dda di Palermo, Francesca Dessì e Geri Ferrara,  hanno chiesto il rinvio a giudizio per i sei indagati dell’operazione «Passepartout» che ha messo alla luce un intreccio fra la famiglia mafiosa di Sciacca e una parte della politica.  Il processo, che si svolge davanti al Gup del Tribunale di Palermo, Fabio Pilato, è iniziato ieri mattina ed è stato rinviato al 19 ottobre per l’omessa notifica dell’udienza ad alcune parti.

Fra i principali imputati Antonello Nicosia, 48 anni, di Sciacca, accusato di associazione mafiosa. E’ stato assistente parlamentare della deputata di Italia Viva, Giusi Occhionero, accusato di associazione mafiosa. Quest’ultima aveva scelto assistente parlamentare Antonello Nicolsia, nonostante avesse alle spalle una condanna definitiva a 10 anni e 8 mesi per traffico di droga.

Nicosia sarebbe stato il braccio destro del capomafia Accursio Di Mino, 61 anni, che era tornato libero dopo due condanne per mafia. Insieme avrebbero gestito affari e persino progettato un omicidio. A Nicosia si contesta, fra le altre cose, di avere strumentalizzato la sua funzione di collaboratore parlamentare per entrare in alcune carceri siciliane, parlare con i boss e trasmettere all’esterno i messaggi che servivano alla gestione della famiglia mafiosa.

Oltre a Nicosia e Dimino – quest’ultimo pure accusato di associazione mafiosa – la parlamentare Occhionero rischia di finire a processo per l’accusa di falso con l’aggravante di avere agevolato l’associazione mafiosa. La deputata, in particolare, avrebbe dichiarato falsamente, in diverse attestazioni indirizzate alle case circondariali di Agrigento, Sciacca e Palermo che, nel dicembre del 2018, Nicosia «prestava una collaborazione professionale diretta, stabile e continuativa» con lei.

Altri imputati sono: i fratelli Paolo e Luigi Ciaccio, 33 anni e Massimiliano Mandracchia, 47 anni, accusati di favoreggiamento personale con l’aggravante dell’avere agevolato l’associazione mafiosa. I tre avrebbero messo a disposizione locali di propria proprietà e utenze telefoniche per aiutare Nicosia, Dimino e altri associati a eludere le investigazioni e trasmettere messaggi.

Nicosia e Dimino si trovano in carcere dal 4 novembre, giorno in cui è scattata l’operazione. I difensori (gli avvocati Salvatore Pennica, Gioacchino Sbacchi, Maria Elena Paulicelli, Calogero Lanzarone, Antonello Palagonia e Giovanni Bruno) potranno scegliere il rito abbreviato oppure attendere la decisione del giudice sulla richiesta di rinvio a giudizio.