POLITICI, USCITE DALLA “SESSANTENA”: LA CITTA’ HA SERI PROBLEMI DA RISOLVERE

EDITORIALE DI FILIPPO CARDINALE

La pandemia tutte le liti porta via, almeno quelle politiche. Con la “reclusione di massa” domestica, causata dall’emergenza coronavirus, tutto si è bloccato. Eravamo abituati a continue guerriglie tra le parti politiche della nostra città. L’ultima occasione nella quale abbiamo visto “insieme” i nostri politici locali è stata quella famosa sera in cui, in Consiglio comunale, naufragò tra cavilli e tecnicismi burocratici, ma anche tra errori tattici, la mozione di sfiducia al sindaco. Poi, il silenzio. Quella vicenda, somigliante più ad una farsa, si interruppe portando a galla un quadro della politica locale caratterizzato da incertezze, da mire personali, da tornaconti che non trovano sempre motivi nobili.

Abbiamo assistito ad una commedia comica, a tratti tragica, sul cui palcoscenico ognuno ha indossato una maschera che più era aderente al proprio viso. La città ha avuto modo di comprendere come il livello della politica si sia uniformato, ormai, da Sciacca a Roma passando da Palermo. Abbiamo visto di tutto e di più, nella consapevolezza che la politica abbia ancora ampi margini per mostrare il peggio di se stessa.

L’emergenza coronavirus ha bloccato tutto. Ha bloccato anche lo scambio quotidiano tra le parti politiche locali. Da qui si nota la potenza del virus! E’ calato il silenzio assoluto, anche in considerazione dell’emergenza che ha caratterizzato gli ultimi due mesi. Un bimestre nel quale nulla abbiamo più compreso cosa stesse succedendo tra le mura dell’ex convento dei gesuiti.

E’ passata la fase 1, abbiamo subito anche la trasformazione dell’ospedale Giovanni Paolo II, bevuta come acqua fresca. Ma del resto, la politica è una questione di intrecci che divampa il dibattito ma riesce anche a spegnerlo. La politica ha le sue logiche e chi la pratica si spinge anche fino a livelli minimi. Ognuno pensa al proprio futuro politico e armiamoci e partite diventa la stella polare da seguire.

Siamo nella fase 2, quella più delicata dalla quale emergerà il disastro economico. Diciamo la verità, è come se fosse esplosa una guerra. A differenza del conflitto, dove c’è distruzione materiale, bombe, la pandemia è stata subdola. Ci ha segregato in casa e nel frattempo proseguiva l’azione distruttrice in modo invisibile, nel campo dell’economia.

Già Sciacca soffriva una situazione economico-sociale-produttiva molto precaria. Basta ricordare le lamentazioni dei commercianti del centro storico. Oggi quel quadro drammatico è moltiplicato in modo impressionante. Diciamo la verità, molte realtà commerciali non ce la faranno. Ci si renderà conto, ma già alcuni lo hanno materialmente percepito, nei prossimi giorni. Ci si renderà conto che la stagione estiva sarà solo un accenno. E molte attività che nel periodo di bassa stagione inalavano ossigeno dal carnevale e dalle festività pasquali, devono fare i conti con un incasso zero che si protrae da mesi, da quattro mesi, e che sarà risibile nei prossimi mesi.

Oltre alla enunciazione di idee più o meno “spaziose”, è necessario che i politici locali escano dalla “sessantena” perché la realtà odierna, e dei prossimi mesi, sarà simile ad un post conflitto.  Qui non è più una questione di sfiducia, di tatticismi politici e posizionamenti personali. Qui c’è da operare, da essere presenti ininterrottamente come lo sono stati medici e infermieri che non si sono risparmiati, pagando con la vita il valore della loro missione.

Non è più possibile che la politica se ne stia nell’ambito del silenzio o di timidi approcci di presenza. E’ il tempo di sbracciarsi, è il tempo di abbandonare le utopie, è il tempo di capire come non far morire tante attività della nostra città.