POLITICA: PITAGORA, L’8 VOLANTE DEL SINDACO, IL VOLTEGGIO DELLE OPPOSIZIONI E IL SILENZIO PD

EDITORIALE DI FILIPPO CARDINALE

In questo ultimo scorcio dell’anno il teatro della politica locale ha offerto rappresentazioni che superano le fertili menti di registi illustri, ma anche di autori famosi, tutti eccellenti nell’arte della comicità e della drammaturgia. Un binomio tragicomico con personaggi che stentano a recitare anche a soggetto, ammesso che un soggetto lo trovino. Addirittura c’è chi, ancora fermo all’era del cinema muto, se ne sta dietro le quinte nel silenzio assoluto pur rappresentando ruoli di rappresentanza elettorale ma anche di massima responsabilità di partito nell’ambito locale.

Un quadro politico con pennellate di grigio scuro, più scuro del fumo di Londra. Scurissimo. Nei due anni e mezzo dalle ultime elezioni, il quadro politico è radicalmente mutato, sconvolta la sostanza della rappresentanza elettorale. Oggi nulla è come due anni e mezzo fa.  Addirittura, il sindaco ha messo in seconda fila Pitagora. Eppure, non essendo la matematica un’opinione essa è sempre la base per dare valore alle parcelle professionali emesse. Dunque, Pitagora è sempre di moda, fortunatamente. Tanto è vero che il sindaco ha dovuto nominare subito il quarto assessore per rendere legittime le delibere di giunta municipale.

Bertrand Arthur Russell, filosofo inglese (1872-1970), pensava che la matematica è la sola scienza esatta in cui non si sa mai di che cosa si stia parlando né se quello che si dice è vero. Aveva ragione Russell e ricorda quanto dichiarato dal sindaco, i numeri non hanno importanza, nella sua arringa per dimostrare la fine del concetto maggioranza/opposizione. Proprio per la logica dei numeri, Francesca Valenti è divenuta sindaco. Non certo per la logica delle opinioni. Quei numeri che sono alla base del sistema democratico.

Appare evidente come a distanza di due anni e mezzo, il quadro della rappresentanza popolare risulta sconvolto, sovvertito.

Partendo dalla giunta, quella iniziale aveva la rappresentanza di 998 voti (Bellanca e Mandracchia si sono misurati col consenso). Oggi, l’attuale giunta ha il solo Fabio Leonte ad essersi misurato con l’elettorato, ottenendo 439 consensi. Oggi, dunque, la giunta rappresenta il voto popolare solo con 491 (49%) voti rispetto ai 998 del Valenti Uno. Gisella Mondino, Sino Caracappa, Roberto Lo Cicero, sono stati nominati, dunque senza passare per l’esame elettorale. La giunta municipale è l’esempio plastico dell’otto volante su cui viaggia il sindaco. Mai giunta, nella storia politica di Sciacca, fu sottoposta ad un sali e scendi così eclatante, vertiginoso. In due anni e mezzo il sindaco ha fatto giurare 14 assessori, con una media (guarda caso numerica!) di quasi mezzo assessore ogni mese. Un sali e scendi che, senza tema di smentita, riporta il novello assessore di turno alla casella iniziale del gioco dell’oca per evidente inesperienza amministrativa. E qualche novello prestigiatore lo ha dimostrato ampiamente.

In Consiglio comunale.  Pitagora eccelle nel dimostrare come in due anni e mezzo l’essenza della democrazia è stata sconvolta, sovvertendo l’espressione popolare iniziale. All’inizio della consiliatura la somma dei consensi dei 14 consiglieri eletti nella coalizione di maggioranza rappresentava 4.871 voti su un totale di 9.488, dunque il 51,33%. La maggioranza, quindi, era tale perché rappresentava oltre la metà del consenso dei 24 consiglieri eletti. Oggi, l’otto volante del sindaco porta (almeno sino ad oggi) 8 consiglieri sui 14 iniziali. Sommando il consenso degli 8 eletti nella coalizione, esso dà la cifra di 2.649, cioè 2.222 voti in meno. Quanto consenso rappresentano oggi, in termini percentuali, gli otto sopravvissuti? Solo il 27,9%. La matematica è un’opinione? No, è la conferma, invece, in ossequio a Pitagora, che il sindaco Francesca Valenti in Consiglio comunale ha il sostegno di un consenso elettorale che è meno di un terzo di quello iniziale. Possono gli 8 consiglieri comunali spillarsi la coccarda della rappresentanza maggioritaria di un consenso che non c’è più?

Gli indipendenti. L’aula consiliare da un po’ di tempo trasmette una forte sete di indipendentismo. Voglia di liberarsi da qualcosa che opprime. Dapprima Cinzia Deliberto, Paolo Mandracchia, ora Giuseppe Ambrogio, Santo Ruffo e Gianluca Guardino. Senza dimenticare l’addio di Carmela Santangelo alla maggioranza e alla lista Nostra Sciacca (quella del sindaco) alla quale ha apportato 464, pari al 28,69% dei voti di lista. Eppure, avevano sposato il progetto “Valenti”. Quando accadono frane così importanti è necessario fare un mea culpa anziché additare sempre ad altri le colpe.

Le opposizioni. Se Atene piange, Sparta non ride. Le opposizioni svolgono il loro ruolo e per loro vale ancora Pitagora. Non hanno i numeri per mettere ai voti una mozione di sfiducia. Almeno fino alla fuoriuscita di Italia Viva dalla maggioranza. Ma ancor prima, le opposizioni si sono dichiarate (vedi ultimo Consiglio comunale) pronte a firmare la sfiducia. Lo ha detto anche Calogero Filippo Bono e Giuseppe Milioti. Ci si aspetta una azione consequenziale e non soltanto parole profuse in aula consiliare. Le opposizioni dovrebbero condividere un comune denominatore. Invece, hanno la sembianza della manina che si ritira dopo aver gettato il sasso. Hanno paura anche di dichiararsi davvero con i fatti, almeno per creare quel distinguo ed evitare quella confusione che si genera tra la gente. Non tracciano quel solco chiaro e definito che separa, in maniera inequivocabile, le due parti. All’interno del centrodestra, poi, trasuda confusione, a tratti divisione. Forse, alla fine, a qualcuno conviene tirare la carretta. Certamente non è questo il modo per dimostrare il bene collettivo. Il primo passo da compiere, per raggiungere quello che dicono sia un comune obiettivo, sarebbe la mozione di sfiducia al sindaco, senza pensare ad alleanze o al seguito. Parlare solo  della sfiducia davanti alle telecamere serve a nulla. Adesso Pitagora, con la coalizione a monocolore PD ridotta a brandelli e assolutamente minoritaria, consente non solo la presentazione della mozione di sfiducia ma anche la sua approvazione. Per un sindaco, essere sfiduciato non è un onorevole come quello che assunse Vito Bono con le dimissioni per le difficoltà politiche che non gli consentivano di amministrare la città. Equivale, invece, all’onta della degradazione subita da un militare.

Italia Viva.  La luna di miele tra cusumaniani e sindaco Francesca Valenti si è trasformata in tazza di cicuta. Al di là delle ragioni o motivazioni addotte dalle parti in questione, oggi è importante comprendere il fine ultimo della fuoriuscita dei cusumaniani dalla maggioranza. Da ambedue le parti si è dimostrata determinazione e nessuna delle due ha compiuto un passo indietro. Certo, il concetto di coalizione è venuto meno con l’elevazione del sindaco a padrone assoluto della ditta, dimenticando anche l’indispensabile supporto elettorale dei cusumaniani, ma anche di altri consiglieri che si sono resi indipendenti. Ma Italia Viva non può stare in mezzo al guado. Faccia chiarezza senza politichese, scopra le carte in modo chiaro. Allungare l’agonia di un’Amministrazione sbranata da lotte interne crea più malessere di un intervento radicale e risolutorio.

PD. Sembra l’acronimo di Partito Disperso. Non si sente, neanche il suo illustre rappresentante. Guarda da dietro le finestre, capitalizzando i 2.359 con un monocolore ormai indiscutibile. L’esempio evidente del principio valentiano: i numeri non contano, ma le poltrone si, però.

Questo è il quadro politico attuale. Sciacca continua a vivacchiare, con qualche provvedimento tappa buche, ma mai a prospettarsi con una visione lungimirante di serio, significativo e credibile sviluppo. Del resto, l’effimero sembra l’architrave della nostra politica locale.