Politica, in attesa delle elezioni della primavera 2022

SCIACCA.  EDITORIALE DI FILIPPO CARDINALE

Manca meno di un anno alle votazioni per eleggere il nuovo sindaco e per il rinnovo del Consiglio comunale. Sono trascorsi quattro anni e stilare un bilancio diventa compito non facile. Non perché non si dispone di una calcolatrice. Magari fosse questo il problema! Mancano i numeri per poter approntare una contabilità. Vi sono taluni elementi che hanno segnato il quadriennio e, sinceramente, non portano il segno positivo.

Una prima fase di emergenza, tutt’ora non risolta, fu la strage dei cani randagi in contrada Muciare. Un fatto di inaudita ferocia che proiettò Sciacca in malo modo nel circuito mediatico nazionale. Vennero anche gli animalisti a manifestare per il centro cittadino. Si accostò la tragica e criminale vicenda al modo di essere dei saccensi. Fu un periodo bruttissimo per la nostra città.

Trascorsero diversi mesi nei quali l’unico tema che occupò l’Amministrazione fu proprio quello del randagismo. Ma senza conseguire a risultati risolutivi della questione.

Altro elemento che si è snodato nel quadriennio è la questione delle Terme, sui quali dettagli qui sorvoliamo poiché i nostri articoli, immortalati nell’archivio del giornale, fanno da letteratura. Quel famoso 25 ottobre 2017 apparve come un bagliore capace di illuminare il cielo scuro che dominava sulla sorte delle Terme. Eppure, quella sciagurata concessione dei beni al Comune da parte della Regione fu solo una gravidanza isterica: non partorì nulla.

Altro elemento caratterizzante del quadriennio è l’azzeramento della giunta ad appena un anno dal suo insediamento. Non era mai accaduto nella storia politica saccense. All’azzeramento seguì un avvicendamento di assessori che ricorda il gioco del basket, dove i cambi si susseguono. Sono 17 gli assessori cambiati.

Dal marzo 2020 si vive l’emergenza covid che si è protratta fino ai giorni attuali. Ma il quadriennio segna anche lo scioglimento del Consiglio comunale e che cassa per decreto super veloce del Presidente della Regione (che in questa occasione non può da una parte definirsi “traditore)  “il massimo organo rappresentativo del corpo elettorale”, scrivono i giudici del Consiglio di Giustizia Amministrativa nell’ordinanza di rigetto della richiesta di sospensiva dei decreti di sospensione e scioglimento.

Già bastano questi elementi per definire il quadriennio 2017-2021 foriero di fatti per i quali i napolitani fanno ricorso ad oggetti scaramantici, spesso con successo. Su questo, loro sono attrezzati mentre noi saccensi usiamo solo parole che si spendono nei bar e lì svaniscono al pagar del conto.

C’è già aria, sebbene possa apparire prematuro, elettorale poiché è anche avvertito il bisogno di una buona politica che tracci la rotta di questa città. Aria elettorale che si è espressa, d’un colpo, col bisogno di attività fisica scegliendo la disciplina podistica.

La mancanza del Consiglio comunale, non sempre con sedute edificanti, si avverte. Il commissario ad acta, che supplisce il civico consesso, è solo un burocrate che ha il compito di espletare le sue funzioni. Manca, dunque, la voce della rappresentanza elettorale, democratica. In città non si discute, i cittadini sono all’oscuro delle scelte che riguardano la città.

In questa lunga fase di vacatio democratica, sono emerse passioni che sotto la veste degli interessi collettivi portano anche l’ambizione personale di candidarsi. Legittimo. Ma la legittimità delle passioni cozza con la grave amputazione delle istituzioni che hanno proprio il compito che è stato assegnato attraverso il voto.

In questo periodo, Sciacca è come il big bang. L’esplosione che ha segnato l’inizio dell’universo spargendo  nebulose e gas in modo non controllato, disordinato, generando poi un violento scontro quando i gas si sono solidificati creando materia.

Vi è un disordine nel quale ci si sposta senza un orizzonte, senza una visione, ma affidando il moto al caso, sovente all’improvvisazione.

Sembra il “Paese dei sosia”, simpatica poesia di Jacques Prevert. Consiglio la lettura. Citavo il big bang e non credo di errare. Quel quadro politico che affrontò le elezioni del 2017 è esploso, non c’è più. Oggi, regna il caos e l’incertezza. Vi è un Pd che guida la città e una giunta nella quale vi è un solo assessore che si è misurato con il corpo elettorale. Il centrosinistra ha perso il centro con Italia Viva che ha lasciato la maggioranza, divenuta poi minoranza. Anche la posizione di un consigliere, al quale hanno nominato un assessore nell’ultima fase, è un centro che col Pd nulla intende più avere a che fare.

La lista civica Mizzica, il cui unico consigliere è stato anche candidato a sindaco, ha il profilo dell’uomo solo che grida nel deserto. La lista Uniti per Sciacca è esplosa, meglio dire si è disunita. La lista del sindaco è stata come il coniglio che scompare col prestigio del mago.

I grillini non sono andati oltre l’elezione di due consiglieri comunali, più volte in fibrillazione tra loro. Con le scuse, urbi et orbi, di Luigi Di Maio per il clima di odio diffuso dal Movimento – del quale è stato capo politico-  i grillini, che hanno assaporato quanto bello è il potere e il privilegio delle auto blu, hanno perso quella spinta che sembrava irrefrenabile. In aula hanno criticato duramente l’Amministrazione comunale definendo quello del sindaco “il fallimento di un progetto”. E’ vero che i grillini ci hanno abituato a rinnegare tutto e ad adeguarsi alle opportunità che si presentano, ma un loro andar a braccetto alle prossime elezioni col Pd è un percorso più difficoltoso di quello di San Bernardo.

Il centrodestra sembra non aver assorbito la sconfitta elettorale. Sono evidenti errori strategici maturati nel corso della consiliatura. Non è mai stato, nel quadriennio, un corpo coeso. Diversi organi si sono mossi senza sinergia o logica.

Vi è una propensione a creare una vasta area moderata e di centro, area alla quale guarda il deputato  Matteo Mangiacavallo. Ma questo non significa che immagina la scalata a Palazzo di Città.

Il centrodestra potrebbe godere dei benefici tipica della gestione negativa targata centrosinistra che ha raggiunto l’apice con le dimissioni a metà mandato di Vito Bono, rispedendo gli elettori al voto. Ma questa area molto disomogenea non riesce a cogliere il significato dei tempi che cambiano velocemente. Oggi, immaginare che nulla sia cambiato è un grosso errore. Vi sono, in questa area, molte aspirazioni alle candidature, ma anche emergono steccati che si rileveranno deleteri per poter aspirare ad una rivincita con successo. Una esasperata corsa alla candidatura agisce, in questa area, come un frullatore.

Questa città sbaglia a immaginare la soluzione nella improvvisazione. Amministrare è difficile, complesso, arduo a causa di una città che ha solo indietreggiato fino a perdere il ruolo trainante del comprensorio. Questa città sbaglia se crede che può rialzarsi solo con l’ordinaria amministrazione. Necessita altro, necessita di una visione lungimirante e programmatica. C’è bisogno cha la politica si riappropri della P maiuscola. E per fare ciò non bastano solo uomini di buona volontà. Alla buona volontà è necessario addizionare la qualità, la preparazione, la competenza.

Questa città ha necessità di riprendersi il ruolo trainante e di primo piano che le spetta. Ruolo che non può puntare sul civismo mascherato, ma su un ampio respiro e un’ampia convergenza. Questa città ha bisogno di uscire dal cortile in cui è stata infilata dal pressapochismo, da elementi caratteriali deleteri che portano sulle spalle rancori stupidi. Questa città ha bisogno di scrollarsi da dosso una cultura di piccolo paese segnato dal continuo degrado. Questa città non si salva con le fibrillazioni da parte di solisti vittime di tuttologia tenendo sotto banco i “bigini”.