PEGGIO DEL ROSATELLUM? IL ROSATELLUM CON IL PREMIO DI MAGGIORANZA

Molto probabilmente si tornerà a votare per le politiche l’8 luglio. Con una legge elettorale che ha dimostrato tutto il suo limite e che non riesce a garantire una maggioranza. Pubblichiamo volentieri una riflessione sul sistema elettorale vigente, Rosatellum, e gli effetti negativi di una sua estensione con un premio di maggioranza.

Sebastiano di Betta è di origine riberese, avvocato di grido ed è stato assessore regionale al Territorio e Ambiente. E’ consulente di importanti gruppi industriali e finanziari italiani.

Di Sebastiano di Betta e Bepi Pezzulli

Peggio del Rosatellum c’è solo il Rosatellum con premio di maggioranza. La legge elettorale vigente è un assurdo istituzionale premeditato per produrre l’ingovernabilità, una legge proporzionale sulla quale è stato innestato un terzo di collegi uninominali. I partiti corrono quindi in proprio nei collegi plurinominali, ma possono coalizzarsi nei collegi uninominali. La campagna elettorale è stata condotta alla maniera del maggioritario (personalizzando il voto e in contrapposizione agli avversari), salvo poi dover formare un governo di coalizione in Parlamento. Insomma, quanto di meglio poteva concepirsi per massimizzare la frattura fra la politica e il corpo elettorale e indebolire la democrazia. Ma, evidentemente, non è il premio di maggioranza la soluzione al problema. Anzi, una tale evenienza aggraverebbe in quadro.

Il premio di maggioranza non potrebbe applicarsi ai collegi uninominali, che già beneficiano di un premio di maggioranza implicito. Il problema è che nei collegi uninominali, il premio di maggioranza implicito è attribuito alla coalizione. Ma nei collegi plurinominali, la coalizione non c’è. Dovrebbero quindi convivere un premio di maggioranza implicito alla prima coalizione nei collegi uninominali e un premio di maggioranza esplicito al primo partito nei collegi plurinominali. Oppure si potrebbe attribuire un premio di maggioranza solo a urne chiuse. Ma in tal caso non è chiaro quali parlamentari eletti dovrebbero decadere per far posto ai beneficiari del premio.

Questo groviglio infernale è anche nocivo alla qualità della classe dirigente. Con un meccanismo di selezione basato sulla debolezza politica dei candidati si produce un Parlamento infarcito di disoccupati, neofiti, analfabeti istituzionali e mezze tacche di partito. Quindi se, come assodato, la Terza repubblica necessita di passare al maggioritario, è necessario che maggioritario sia. Servono 630 (alla Camera) e 315 (al Senato) collegi uninominali e un meccanismo di voto a turno unico che premi il candidato vincente nel collegio. Il resto è, di nuovo, mala fede. Finché rimane in vigore il bicameralismo il doppio turno con ballottaggio non è auspicabile in quanto le due camere potrebbero produrre rapporti di forza politici diversi.

Dare piena attuazione agli artt. 39 e 49 della Costituzione che richiedono ai corpi di rappresentanza intermedi di organizzarsi secondo criteri interni democratici e fare le primarie sarebbe un buon punto di partenza per individuare candidati spendibili nei collegi e produrre un Parlamento pienamente legittimato e di qualità. Da tempo immemore, l’Italia aspetta una riforma liberale per lasciare emergere il suo immenso potenziale intellettuale e produttivo. La fase politica attuale potrebbe essere l’opportunità per dare finalmente corso a questa indifferibile necessità. Non si può votare a giugno per non ripetere lo stallo; non si può votare a ottobre per non andare in esercizio provvisorio. Rimane la scadenza di maggio 2019 per un election day con le Europee. Nel frattempo, un governo provvisorio può dare al Paese la legge di bilancio e la riforma elettorale. Bisogna poi considerare che a ottobre 2019 scade il mandato di Mario Draghi alla guida della Bce. Per allora tutto deve essere al suo posto.