Palazzo di Città, la rappresentanza democratica con solo due eletti. Il resto viene da nomine

EDITORIALE DI FILIPPO CARDINALE

Oggi l’ex convento dei gesuiti, sede del nostra nostra istituzione locale, vive una realtà che non è facilmente riscontrabile altrove. Al di là della dinamica che ha portato alla sospensione del Consiglio comunale, non può sottacersi una realtà istituzionale che non aderisce al prinicipio fondante della democrazia che vede nella rappresentanza elettiva il perno importante.

Oggi la nostra istituzione cittadina è frutto di nomine e non di soggetti che rappresentano la volontà del popolo attraverso il voto elettorale. Il Consiglio comunale è sospeso e al suo posto è stato nominato un commissario con decreto del Presidente della Regione. Dunque, nell’aula consiliare non siedono più rapprsentanti eletti dal popolo, ma vi è un soggetto sostitutivo nominato.

Dall’altra parte vi è l’Amministrazione comunale. Ma anche qui, la riflessione conduce allo stesso tema: la rappresentanza popolare. La Giunta è composta dal sindaco e dagli attuali sei assessori,in attesa del parto del settimo. Analizzando la Giunta, non è difficile constatare come oltre al sindaco e all’assessore Fabio Leonte , il quale è anche consigliere comunale misurandosi con il corpo elettorale che gli ha tributato a valanga di voti, il resto degli assessori, Mondino, Venezia, Caracappa, Bacchi e Lo Cicero, sono entrati nei seggi elettorali solo per esprimere un voto altrui e non per sottoporsi alla volontà del popolo.

Oggi, dunque, l’istituzione cittadina, rappresenta la volontà del popolo solo con due eletti. Tutto il resto proviene da nomina. Vi è una sostanza politica che dovrebbe camminare a braccetto con il senso alto della politica in funzione della percezione che una città come Sciacca, con oltre 40.000 abitanti, vive una situazione politica imbarazzante e contro ogni principio morale istituzionale che poggia la radice nella sostanza democratica.

La questione relativa alla dinamica che ha condotto alla sospensione del Consiglio comunale, e a seguire al suo scioglimento, va vista esulando gli aspetti “numerici” della medesima vicenda. Il nocciolo della questione risiede in una legge degna del sistema cinese. Un organo elettivo e rappresentativo non ha la libertà di bocciare un documento finanziario (e peggio ancora il rendiconto che potrebbe essere un atto licenziato solo dalla Giunta) che proviene dall’Amministrazione che ha vinto le elezioni. Deve, per la contorta legge, subire la punizione di una epurazione. Infatti è solo il Consiglio comunale ad essere spedito a casa, mentre rimane in carica e da sola l’Amministrazione comunale.

Una legge che supera anche la dittatura cinese e che ci riporta al nostro pweggiore ventennio. Infatti, nella fattispecie di Sciacca, anche gli otto consiglieri che hanno votato a favore del rendiconto subiscono la punizione alla stessa stregua di chi non lo ha approvato. Esiste una linea di demarcazione che non può essere maltrattata e sconvolta da una insensata legge. Chi vince deve governare sostenuto dalla sua maggioranza. L’opposizione ha il suo ruolo ed è suo diritto opporsi quando lo ritiene opportuno. Ma non può subire punizioni.

Sarebbe stato più democratico se lo spirito della legge ripartisse equamente la “punizione” tra il Consiglio comunale e l’Amministrazione comunale.

Filippo Cardinale