Ottanta anni fa lo scontro navale del Capo Matapan, tra i caduti il menfitano Bruno e i saccensi Indelicato, Maniscalco e Pumilia

MENFI. Oggi è l’ottantesimo anniversario dello scontro navale del Capo Matapan. Leonardo Balistreri, appassionato di storia, rievoca la tragedia della notte del 28 marzo 1941. Una rievocazione a tutti i valorosi Marinai caduti nella tragica notte, tra cui il marinaio ventiduenne di Menfi Michele Bruno imbarcato sul Regio incrociatore Fiume, i saccensi Accursio Indelicato (1919), Salvatore Maniascalco (1917) e Francesco Pumilia (1919). I saccensi Maniscalco e Pumilia erano sull’incrociatore Pola, Indelicato sullo Zara. Tra i caduti, 27 marinai erano agrigentini i cui nomi sono riportati alla fine dell’articolo.

All’intensificarsi delle operazioni di guerra nello scacchiere Balcanico, il  viceammiraglio Weichold,  rappresentante navale germanico a Roma, insisté con Supermarina affinché intervenisse per interrompere o almeno danneggiare i traffici avversari che dal porto di Alessandria e dai porti della Cirenaica portavano uomini e mezzi in Grecia. Supermarina questa volta, contrariamente alle richieste precedenti, accettò d’intervenire nell’Egeo a sud dell’isola di Creta a condizione di avere una adeguata copertura aerea di scorta nelle ore diurne. La scorta fu garantita   dalla Luftwaffe con il X° Fliegerkorps di base in Sicilia e  dalla Regia Aeronautica con la base in Egeo (isola di Rodi).

Questi accordi non ebbero pratica attuazione, infatti un ricognitore britannico individuò indisturbato la squadra italiana comandata dall’ammiraglio Jachino, subito dopo il congiungimento nello Ionico  del gruppo Vittorio Veneto e dalle divisioni Zara  e Trieste e ne informò Alessandria sede di una base della marina Inglese. L’ammiraglio Cunningham comandante di quella base era già al corrente da giorni della progettata sortita della marina italiana per attaccare il naviglio britannico. Il comando Italiano comunicava sempre a quello tedesco di stanza a Roma i propri piani di attacco e questo le inviava a Berlino  che venivano criptate dal sistema “ultra  secret” messo a punto dagli Inglesi. (I tedeschi ritenevano, dopo la disfatta del capo Matapan, che tra i vertici militari italiani ci fossero dei traditori).

La conoscenza preventiva, mise l’ammiraglio Cunningham nelle condizioni di  predispose un dettagliato piano operativo:  bloccò la partenza dei convogli che trasportavano uomini e mezzi in Grecia e di alcuni ne deviò il percorso;   preparò la partenza da Alessandria della force “A” per la sera del 27 marzo, composta dalle tre corazzate HMS Warspite, HMS Barham e HMS Valiant, dalla portaerei HMS Formidable e da nove cacciatorpediniere. Contemporaneamente, dal porto greco del Pireo fece muoveva la divisione Orion (Force B) guidata dell’ammiraglio Pridham-Wippell, con quattro incrociatori leggeri ed altrettanti cacciatorpediniere, con l’ordine di  dirigersi a sud dell’isola di Gaudo (isoletta a Sud di Creta) per l’alba del 28  per congiungersi alla squadra proveniente da Alessandria.  Contestualmente mise in allarme gli aerosiluranti dell’aerodromo di Maleme (base nell’isola di Creta) per intervenire a nord di Creta al passaggio del gruppo navale italiano ” Zara”  che doveva  operare nel Mare Egeo.

Il grosso della flotta italiana, comandata dall’ammiraglio Jachino  composta dalla nave da battaglia Vittorio Veneto (ammiraglia di squadra) e quattro cacciatorpediniere; la III° divisioni incrociatori pesanti: Trieste, Trento, Bolzano e tre cacciatorpediniere: Aveva come obbiettivo,  l’intento di compiere un’ incursione a sud di Creta.

La I° divisioni “Zara” composta  dagli incrociatori pesanti: Zara, Pola, Fiume e quattro cacciatorpediniere, come già accennato, dovevano operare in zona diversa, cioè nel Mare Egeo, passando a nord dell’isola di Creta, ma data l’assenza di notizie sulla presenza della forza inglese per la mancata ricognizione aerea italiana del 27 sera e 28 mattina su Alessandria per problemi meteo;  Supermarina decise di sospendere quella missione e diede l’ordine  al comandate del gruppo Zara, ammiraglio Carlo Cattaneo di unirsi alla restante flotta guidata dall’ammiraglio Jachino per operare anch’essa a sud dell’isola di Creta.

All’alba del 28 la flotta italiana si unì nella zona prestabilita.  L’ammiraglio Jachino,  non aveva nessuna notizia della posizione delle unità navali Inglesi, dato che nessun veicolo, né tedesco né italiano della base di Rodi era in vista; decise di fare catapultare i velivoli  esplorativi dalle navi:  alle 6,30 l’areo della nave ammiraglia avvistò la divisione  Orion (Force B). Fu dato l’ordine alla divisione Trieste di inseguire l’avversario e a circa 22.000 m di distanza dal nemico aprì il fuoco, le navi della divisione Orion continuarono a farsi inseguire,  al fine di avvicinare le navi nemiche alla corazzata dell’ammiraglio Cunningham (Force A)  e al raggio d’azione degli aerosiluranti della portaerei Formidable.

L’ammiraglio Jachino, in quel frangente non era a corrente della presenza della “Forza A”, però   interpretò quella tattica il modo di attirarlo più lontano possibile dalle basi italiane e ordinò la sospensione del fuoco e di invertire a tutte le navi la rotta;  la stessa cosa fecero le navi inglesi della divisione Orion. Pertanto, si invertirono i ruoli  ad essere inseguita ora era la divisione Trieste e più avanti le navi dell’ammiraglio Jachino. Quindi,  Le forze navali inglesi e italiane si trovarono  a navigare su tre direttrici parallele: in mezzo la divisione in inglese Orion; alla sua sinistra la divisione italiana Trieste, alla destra il gruppo  Vittorio Veneto e la divisione Zara.  L’ammiraglio Jachino decise di attaccare gli inglesi fra due fuochi da destra e da sinistra  e ordinò a tutte le navi d’ invertire la rotta: l’avvicinamento al nemico divenne con la somma delle due velocità, alle 10,50  la corazzata italiana  con i suoi calibri da 381 mm. aprì il fuoco. Solo allora gli inglesi seppero della presenza di una corazzata  e immediatamente la divisione “Orion” inverti la rotta per allontanarsi.

Alle 11,18 sopraggiunsero i velivoli siluranti imbarcati sulla portaerei Formidable (facente parte della force A) e la Vittorio Veneto fu costretta a manovrare per evitare i siluri e sospendere il tiro contro nave.  A questo punto, l’ammiraglio Jachino per la presenza degli aerosiluranti ebbe la certezza della presenza della forza navale di Alessandria  e diede l’ordine di invertire la rotta e rientrare alla base.  Ai velivoli siluranti della portaerei si aggregarono quelli delle basi inglesi dell’aerodromo di Maleme e Creta che nelle ore successive continuarono ad attaccare le navi italiane che stavano rientrando alla base in Italia.

Alle 15,19 con un attacco congiunto aerosiluranti e bombardieri in quota, un siluro  colpì la corazzata Vittorio Veneto all’elica esterna di sinistra  e una bomba di grosso calibro  cadde a pochi metri dalla poppa della nave, con invasione di circa 4000 t. di acqua; la nave  per poche minuti rimase ferma, dopo riprese lentamente la marcia leggermente sbandata e appoppata, fino a raggiungere 19 nodi.

Nelle ore successive le navi italiane in navigazione verso l’Italia vengono ancora sottoposte ad attacchi e alle ore 19.24  viene silurato l’incrociatore Pola che rimane immobilizzato per danneggiamento di tutte le funzioni dell’apparato motore. L’ammiraglio Jachino venuto a conoscenza alle ore 20,18 del siluramento del Pola, ordinò a tutta la divisione Zara di retrocedere e portarle soccorso, respingendo il suggerimento del suo subordinato ammiraglio Cattaneo di mandare solo due soli caccia.

La nave inglese  Orion per mezzo del radar alle 20,15 scopriva sullo schermo la presenza di una sagoma di una grande nave ferma (Pola) e ne comunicava alle altre unità inglesi,  tra le quali la corazzata Warspite dell’ammiraglio Cunningham,  cosi si avvicinarono al relitto, quando stavano per raggiungerlo, inaspettatamente alle ore 22,23  nello schermo dei radar furono avvistate due grandi incrociatori con un naviglio più piccolo, subito fu dato l’ordine di riprendere la linea di fila e le corazzate aprirono il fuoco da circa 3600 m e in 3 minuti colpirono il Fiume e poi lo Zara  e i cacciatorpediniere Alfiere e Carducci, mentre  il Gioberti e Oriani con gravi perdite riuscirono a raggiungere la base di Augusta.

Mentre il Pola verrà silurato e affondato dagli stessi inglesi.  Alla fine questa sciagura farà conteggiare 2318 morti e la perdita delle navi: Pola; Fiume; Zara; Vittorio Alfieri e Giosuè Carducci.

Leonardo Balistreri

 

I 27 marinai agrigentini caduti nello scontro navale. 

Cognome Nome Classe Comune Nave
Capizzi Antonio 1915 Agrigento Incrociatore Zara
Guarraci Felice 1917 Agrigento Incrociatore Zara
Pirrera Lorenzo 1919 Agrigento Cacciatorpediniere. Carducci
Destro Calogero 1920 Campob. di Licata Cacciatorpediniere. Carducci
Lo Bue Antonio 1919 Castrofilippo Incrociatore Fiume
Aronica Cesare 1917 Licata Incrociatore Zara
Cafa Salvatore 1919 Licata Incrociatore Zara
Cassano Antonino 1919 Licata Incrociatore Fiume
Licata Salvatore 1918 Licata Cacciatorpediniere. Alfieri
Vecchio Giuseppe 1917 Licata Incrociatore Zara
Bruno Michele 1919 Menfi Incrociatore Fiume
D’Arpa Giuseppe 1919 Palma di Montechiaro Incrociatore Zara
Corsini Calogero 1919 Porto Empedocle Cacciatorpediniere Alfieri
Marchica Calogero 1920 Porto Empedocle Incrociatore Fiume
Gangarossa Gaetano 1920 Porto Empedocle Cacciatorpediniere Alfieri
Potenza Salvatore 1920 Porto Empedocle Incrociatore Zara
Di Stefano Gaetano 1920 Porto Empedocle Incrociatore Zara
Gaipa Calogero 1919 Porto Empedocle Incrociatore Pola
Mantia Carmelo 1917 Ravanusa Incrociatore Zara
Aronica Antonino 1911 Ravanusa Incrociatore Zara
Vella Paolo 1918 Ravanusa Incrociatore Zara
Piscitello Calogero 1919 Realmente Incrociatore Zara
Cuffaro Pietro 1917 Siculiana Incrociatore Fiume
Picarella Antonino 1917 Siculiana Incrociatore Zara
Indelicato Accursio 1919 Sciacca Incrociatore Zara
Maniscalco Salvatore 1917 Sciacca Incrociatore Pola
Pumilia Francesco 1919 Sciacca Incrociatore Pola