ORA L’ATI METTA SUBITO IN ATTO L’IDEA DELL’ACQUA PUBBLICA
Al di là delle medagliette che la politica tenta sempre di spillarsi sulla giacca, anche senza averle conquistate sul campo come nel caso della risoluzione contrattuale resa possibile e immediata solo con il provvedimento assunto dal Prefetto di Agrigento, Dario Caputo, adesso inizia la fase davvero difficile dell’Ati, in una provincia complessa come la nostra e con 43 Comuni che hanno dimostrato un forte senso campanilistico, spesso egoistico.
A tutt’oggi non esiste il piano dell’alternativa, cioè come gestire il servizio idrico, fognario e di depurazione in tutta la provincia. La politica, pur da tempo parlando di “ripubblicizzazione dell’acqua”, non ha mai fatto cenno alla soluzione alternativa a Girgenti Acque. E come farà l’Ati a trovare una soluzione omogenea se i Comuni sono eterogeni tra loro e restii cooperare? O meglio, mettere davvero a disposizione del pubblico, quindi di tutti i cittadini dell’intera provincia, le risorse idriche di cui dispongono (i pozzi)? Come farà l’Ati a mettere in pratica una tariffa unica per tutti e 43 Comuni, visto che ad oggi sono soci della medesima Ati anche 16 Comuni che non hanno ceduto le reti idriche e di fatto nulla hanno avuto a che fare con Girgenti Acque? Come farà l’Ati a far condividere tutti i Comuni che dispongono di pozzi d’acqua per rendere davvero “pubblica” la risorsa?
Come farà l’Ati a spezzare lo scandalo dell’esoso prezzo dell’acqua venduta a Girgenti Acque da Siciliacque, di cui è socia la Regione Siciliana, con la tariffa più alta d’Italia (l’acqua in provincia di Agrigento costa molto di più rispetto alle altre province siciliane). Quale soluzione troverà l’Ati rispetto al modo di gestire il servizio idrico in tutta la provincia, in considerazione della difficoltà di creare una società mista (pubblico-privata) che gestisca il servizio viste le difficoltà economiche in cui versano i Comuni?
Sono domande sacrosante che la politica deve immediatamente dare ai cittadini. Il tempo stringe. Moltissimo, e incombe un dramma: Siciliacque è il maggiore fornitore di acqua di Girgenti Acque. E quest’ultima ha un debito verso la società mista classificata come “impresa pubblica” costituita per il 75% da soci industriali, tra cui Veolia, leader nel campo dei servizi per l’acqua, e per il 25% dalla Regione Siciliana, di circa 30 milioni di euro. Il fornitore ha già ipotecato a garanzia del credito le azioni di maggioranza di Girgenti Acque. L’inquietante domanda è: Siciliacque è disponibile a dare ulteriore credito a Girgenti Acque o chiuderà i rubinetti al gestore del servizio idrico di Agrigento? La risposta dovrebbe già averla nel cassetto la politica, in caso contrario si dimostrerebbe che questo territorio non è assolutamente governato. L’acqua è un bene itale e se, dunque, licenzio Girgenti Acque, devo già avere il suo sostituto nella gestione del servizio. E devo averlo nell’immediato, già da oggi, in presenza di un provvedimento interdittivo e, in particolare, a fronte della possibilità, non lontana, di una chiusura di rubinetti da parte di Siciliacque fortemente preoccupata nel recupero del debito e, sicuramente, non disponibile ad aumentarlo.
Senza dimenticare che forte è il rischio che si perdano somme ingenti di finanziamento per la realizzazione e la ristrutturazione di reti idriche e fognarie, finanziamenti previsti dall’Accordo di Programma Quadro. Progetti che si possono realizzare con il concorso del 30% da parte di chi gestirà (fino ad ora Girgenti Acque) il servizio idrico e fognario.
Dovrebbe l’Ati fare in modo che tutte le risorse idriche della provincia siano equamente messe a disposizione dei Comuni, vincendo l’ostilità di molti Comuni che ritengono la presenza nel loro territorio di fonti idriche come una proprietà esclusiva. L’Ati deve programmare una nuova gestione del servizio con tutti i Comuni dentro, perché l’acqua è di tutti e tutti devono pagarla allo stesso costo, senza furbi e fessi.
Filippo Cardinale