OPERAZIONE ANTIMAFIA, LISTE CONCORDATE CON I BOSS. IL RUOLO DEL SINDACO DI SAN BIAGIO PLATANI
“…Ci siamo visti per Pasqua .. loro sono venuti qua…loro erano quasi fuori da questa gara (d’appalto, ndr)… e io mi sono messo a disposizione…”. Secondo le investigazioni e il Gip di Palermo, Filippo Serio (che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del primo cittadino di San Biagio Platani e per altri 62 tra boss, gragari e fiancheggiatori del mandamento La Montagna), il sindaco di San Biagio Platani Santo Sabella e attuale presidente della SRR (società che ha competenza sulla gestione dei rifiuti nei 17 Comuni ex Sogeir) sarebbe un sindaco al servizio di Cosa nostra.
Secondo i sostituti procuratori della Dda di Palermo Geri Ferrara, Claudio Camilleri e Alessia Sinatra coordinati dall’aggiunto Paolo Guido, oltre alle decine di estorsioni fra tentate e realizzate, al traffico e spaccio di droga, l’obiettivo della mafia agrigentina è quello di inserire propri uomini nelle amministrazioni locali. Una nuova strategia che consente di avere il controllo privilegiato nell’assegnazione di appalti pubblici.
Le indagini, durate oltre due anni (curate dal reparto operativo dei carabinieri di Agrigento) si sono concentrate sullinfiltrazione mafiosa anche in un altro comune della provincia, Cammarata, dove una consigliera comunale d’opposizione – sempre secondo gli inquirenti – sarebbe stata eletta con i voti delle famiglie.
Ma gli inquirenti non si fermano e vanno avanti registrando molti incontri durante i quali Sabella assicurerebbe, una volta eletto, agevolazioni alle famiglie mafiose, come nel caso dei lavori aggiudicati alla Comil di Favara una ditta “costretta” ad assumere una ventina di operai di San Biagio Platani in cambio dell’appalto.
Ma i rapporti fra il primo cittadino e i mafiosi locali riguardano anche i controlli delle forze dell’ordine. Il referente di Sabella è sempre Nugara che viene avvisato di un nuovo sistema di telecamere installato in paese. Sabella suggerisce a Nugara anche di non frequentare e non parlare con uno dei carabinieri in servizio nella stazione di San Biagio Platani: “no devi stare attento… tutti i bastardi che stanno d’avanti alle telecamere… minchia puntano telecamere… è pericoloso… devi stare attento a parlarci”.
Nel comune di Cammarata invece nel mirino finisce l’elezione di una consigliera comunale d’opposizione, Giovanna Bonaccolta (che non è destinataria di alcuna misura cautelare), moglie di Pietro Stefano Reina, il pediatra del paese arrestato questa mattina con l’accusa di voto di scambio e concorso esterno in associazione mafiosa. Gli inquirenti ricostruiscono i contatti fra Reina e Calogerino Giambrone (anche lui arrestato ed esponente della famiglia mafiosa di Cammarata) nei mesi precedenti alle consultazioni amministrative del maggio 2015. Da quanto emerge nell’atto d’accusa dei pm della Dda di Palermo Reina si comporta come il regista della campagna elettorale della moglie e chiede i voti a Giambrone promettendogli che, una volta eletta, la moglie avrebbe curato gli interessi della famiglia mafiosa. Giambrone accetta di sostenere la donna, chiedendo però che Reina faccia da intermediario con il fratello della moglie (titolare di un’area di servizio lungo la statale 189) per la fornitura di caffè al bar. In sostanza i voti delle famiglie sarebbero andati alla Bonaccolta se il fratello della candidata avesse accettato di rifornirsi di caffè esclusivamente dal cognato di Giambrone. Uno scambio che però non andò in porto. Giovanna Bonaccolta venne eletta con 321 voti, ma l’area di servizio non cambiò fornitore di caffè.