Omicidio Plazza, la difesa Di Liberto presenta appello
ALESSANDRIA DELLA ROCCA. I legali di Gioacchino Di Liberto, 84enne di Alessendria della Rocca, Paolo Imbornone e Gioacchino Sbacchi, hanno prodotto gli atti di appello alla sentenza di condanna in primo grado. Processo celebratosi al Tribunale di Sciacca con il rito abbreviato. In primo grado, Gioacchino Di Liberto è stato condannato alla pena di anni 14. L’accusa è di omicidio di Liborio Plazza di 72 anni.
Il Gup del Tribunale di Sciacca, Antonio Cucinella. La sentenza, ha accolto la richiesta di pena dei pubblici ministeri Roberta Griffo e Michele Marrone. I magistrati inquirenti, nella richiesta, hanno ritenuto le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti contestate. La difesa, composta dagli avvocati Fabrizio Di Paola e Raffaele Bonsignore, aveva la non imputabilità per vizio di mente, non essendo capace di intendere e di volere al momento del fatto. In linea subordinata, la difesa ha chiesto l’insussistenza delle aggravanti della premeditazione e dei futili motivi e la sussistenza delle attenuanti della provocazione e le generiche.
Una perizia psichiatrica ha confermato che l’uomo era pienamente capace di intendere e volere.
Era il 12 settembre 2018 quando la notizia dell’omicidio riempì le cronache dei giornali e sconvolse il paese. L’ agricoltore settantaduenne Liborio Plazza fu trovato cadavere nelle campagne del piccolo centro agricolo di Alessandria della Rocca, in contrada Chimmesi. I primi accertamenti dei carabinieri rilevarono che l’uomo sarebbe rimasto ferito mortalmente con colpi di arma da fuoco. La vittima era incensurata e le indagini privilegiarono la sfera privata dell’agricoltore. Alle indagini, oltre ai militari della locale stazione, parteciparono i carabinieri della compagnia di Cammarata e del reparto Operativo del comando provinciale di Agrigento.
Dopo aver ascoltato, e scartato, i primi due vicini di campagna è toccato a Gioacchino Di Liberto. “E’ saltato fuori un fucile compatibile con la dinamica dell’agguato. Un fucile che in canna – scrivono i carabinieri – ancora presentava evidenti tracce di polvere da sparo. Dopo un interrogatorio, durato tutta la notte, l’anziano, messo alle corde, ha confessato con un senso di liberazione, ammettendo di avere sparato poiché esausto delle continue tensioni, per motivi di vicinato, con la vittima”.
Il caso investigativo si chiuse,praticamente, in meno di 12 ore. Le indagini sono state coordinate dalla Procura della Repubblica, dal sostituto procuratore Roberta Griffo, coadiuvata nel dibattimento dal magistrato Michele Marrone.
L’episodio scatenate sarebbe stato quello dei lavori di manutenzione su dei canaloni per il deflusso delle acque piovane. Lavori che avrebbero, pare, determinato possibili allagamenti e frane sui terreni attigui a quelli della vittima. Sono state subito battute tutte le piste dei rapporti rancorosi della vittima con i vicini. Prezioso alle indagini è stato il contributo della famiglia del settantaduenne.