NICOSIA E DIMINO PRONTI ALLA FUGA. PROGETTAVANO L’OMICIDIO DI UN IMPRENDITORE SACCENSE
Man mano emergono particolari dalle indagini condotte dalla DDA di Palermo, sfociate nei cinque arresti, tutti saccensi, di ieri a Sciacca con Antonello Nicosia (48 anni), il capomafia saccense Accursio Dimino (65 anni), i gemelli Luigi e Paolo Ciaccio (33 anni) e Massimiliano Mandracchia (46 anni). Per Nicosia e Dimino l’accusa è di associazione mafiosa, mentre per i Ciaccio e Mandracchia è di favoreggiamento. Negli ultimi tempi, forse sapendo di essere finito nei guai, avrebbe progettato la fuga all’estero insieme con Dimino. Da qui il provvedimento di fermo eseguito con urgenza.
Antonello Nicosia è componente del comitato nazionale dei Radicali Italiani e collaboratore del deputato Giusi Occhionero, molisana eletta con Leu e ora passata a Italia Viva. Deputata che non è indagata e ha detto di essere ignara del disegno di Nicosia. Nicosia sfruttava il tema delle carceri e dei rigidi regimi di detenzione dei boss per consentire un legame tra mafia infiltrata in Parlamento e le visite in in carcere e per fare da messaggero con i boss rinchiusi.
Messaggi dunque ai mafiosi su carta intestata della Camera dei deputati. Una delle tante attività di Nicosia che aveva parecchie amicizie tra i familiari di boss detenuti. Come Giuseppina Gallo, con padre e fratello condannati con sentenza definitiva per mafia e tutt’ora in carcere. “In quei giorni, il 19 dicembre, Nicosia confidava anche alla Gallo di avere trovato il sistema per fare ingresso negli istituti penitenziari – si legge nel provvedimento -, senza alcun problema o intralcio da parte dei direttori”. Ecco le parole registrate dalle microspie che secondo l’accusa confermano il ruolo occulto. “Si preparano capito ? – afferma -. Si fa trovare il direttore con la cravatta, queste sono visite ispettive. Driiin, chi è? Chi siete? Sono l’onorevole Occhionero devo fare un’ispezione, il tesserino della Camera, si entra… Capito? Gliela metti dietro”. E ancora più esplicito sarebbe stato nel corso di un’altra intercettazione, nella quale sintetizzava così il suo impegno politico come assistente parlamentare. “Mi giro le carceri, visto che non potevo entrare, così con lei entro. E basta, vado al 41bis… Faccio un sacco di cose, ho trovato questo escamotage”. E ancora: “Se ci vado come Radicale a fare la visita, devo chiedere l’autorizzazione al Dap che lo dice poi al direttore: “Giorno tot viene Nicosia a farti la visita… e che min… di visita è… con un deputato invece ci vado all’improvviso. Entro di notte pure… ad Agrigento ci sono andato di notte”.
Nicosia si occupava del carcere di Agrigento, ma anche di istituti molto più lontani. Come Tolmezzo, supercarcere in provincia di Udine, dove è recluso il cognato di Matteo Messina Denaro, Filippo Guttadauro. Ne ha parlato nel corso della sua trasmissione televisiva e via web. Nella prima puntata intitolata “Misure di Sicurezza – il caso Tolmezzo”, ha intervistato un avvocato con cui si soffermava sulla asserita anticostituzionalità della procedura di applicazione delle misure di sicurezza (il fenomeno dei cosiddetti ergastoli bianchi) proprio con particolare riguardo agli internati sottoposti al 41 bis del carcere di Tolmezzo.
Nicosia, nonostante una condanna con sentenza definitiva di 10 anni per traffico di droga, sale l’ascensore fino a diventare componente del comitato nazionale dei Radicali Italiani e collaboratore del deputato Giusi Occhionero. Nicosia aveva tanto di tesserino della Camera, utilizzava la carta intestata di Montecitorio, sarebbe stato un uomo dalla doppia faccia al servizio di Matteo Messina Denaro, che chiamava «Primo ministro».
Il contratto da collaboratore parlamentare. “No vabbé, gli ho detto come assistente parlamentare ma anche senza soldi. Sennò mi deve dare 10 mila euro al mese a me… le ho detto: “mi fai un contratto per entrare ed uscire dalle carceri e basta”. Questo Antonello Nicosia raccontava al suo interlocutore, non sapendo di essere intercettato, come aveva convinto la deputata Giusy Occhionero a fargli un contratto da collaboratore parlamentare. “Mi giro le carceri invece, – diceva – visto che non potevo entrare … così con lei entro. Faccio un sacco di cose hai capito? Ho trovato questo éscamotage”. E ancora: “Mi giro le carceri, visto che non potevo entrare, così con lei entro. E basta, vado al 41bis…”.
L’ergastolo ostativo. Nicosia batteva costantemente il tasto sui diritti dei carcerarti e dei rigidi regimi di detenzione dei boss. “Piccoli passi avanti”. Commentava così, il 23 ottobre, sulla sua pagina Facebook, Antonello Nicosia, il pronunciamento della Consulta sull’ergastolo ostativo e sull’apertura ai permessi premio. Era sensibile ai diritti dei mafiosi al 41 bis era sensibile. Favoriva le comunicazioni avvalendosi della possibilità di accedere alle carceri e ai contatti con gli esponenti dei clan.
Inserito nell’associazione mafiosa. Secondo l’accusa, Nicosia sarebbe “pienamente inserito nell’associazione mafiosa”. Avrebbe chiesto al clan di intervenire per riscuotere crediti, partecipare a summit con fedelissimi del boss Matteo Messina Denaro. In uno degli incontri con gli uomini d’onore del clan di Sciacca, tenuto a Porto Empedocle a febbraio 2019, avrebbe parlato di una somma di denaro da far avere al capomafia latitante.
Le parole contro Falcone. Il suo disprezzo per chi combatte la mafia è grande, tanto da usare parole pesantissime contro il giudice Giovanni Falcone, così come emerge dalle intercettazioni: “All’aeroporto bisogna cambiare il nome… Non va bene Falcone e Borsellino… Perché dobbiamo arriminare (girare, ndr) sempre la stessa merda… Sono vittime di un incidente sul lavoro, no?. Ma poi quello là (Falcone, ndr) – proseguiva – non era manco magistrato quando è stato ammazzato… aveva già un incarico politico, non esercitava…”.
L’adorazione per Matteo Messina Denaro. Nicosia, che secondo la ricostruzione degli inquirenti sarebbe cugino del mafioso Joseph Focoso, killer accusato anche dell’omicidio del maresciallo Guazzelli, definiva il boss Matteo Messina Denaro “il nostro Primo ministro”. Non sapendo di essere intercettato e al telefono discuteva animatamente del padrino di Castelvetrano. E invitava il suo interlocutore a parlare con cautela di Messina Denaro. “Non devi parlare a matula (a vanvera, ndr)», diceva. E in un altro colloquio, afferma: “il primo ministro è sempre a Castelvetrano… non si scherza”.
Un progetto da 1 milione di euro. Nelle intercettazioni è venuto fuori un progetto da un milione di euro che il boss Matteo Messina Denaro avrebbe dovuto finanziargli. Un piano che gli investigatori stanno approfondendo. “Noi preghiamo San Matteo… tutti i Matteo… quelli buoni, quelli cattivi…San Matteo proteggici… mai contro a San Matteo… onorevole Occhionero… mai mai si deve dire che siamo stati contro San Matteo, non si può sapere mai… per ora c’è San Matteo che comanda…”, diceva ancora Nicosia.
La fuga e il progetto di omicidio di un facoltoso imprenditore di Sciacca. Nicosia e Dimino progettavano una fuga negli Stati Uniti d’America nei prossimi giorni, con scali intermedi in Paesi del Medio Oriente e utilizzando documenti falsificati, al fine evidentemente di rendere più agevole il loro ingresso in America. Secondo i pm della Dda di Palermo, “Antonino Nicosia giungeva persino a progettare un omicidio, assieme ad Accursio Dimino, in danno di un facoltoso imprenditore di Sciacca e ciò al fine di acquisirne il patrimonio». Il 29 gennaio 2018 è stata intercettata una conversazione fra Accursio Dimino e Antonino Nicosia nel corso della quale i due progettavano la commissione di un omicidio in danno di «Cavataio, un’altra cosa inutile», imprenditore saccense (“è il più ricco di Sciacca”), con interessi economici anche nel nord Africa, e due figli. E così Accursio Dimino e Nicosia – che stavano organizzando una trasferta negli Stati Uniti – ipotizzavano di passare per il Marocco (Dimino: «Facciamocelo un giro lì in Marocco e ce lo chiamiamo») e compiere là l’omicidio. Ciò che si doveva fare, per il mafioso, era “levarlo di mezzo” e “farlo in Marocco”. Nicosia diceva “lì problemi non ce ne sono”. Il progetto di morte all’estero avrebbe avuto il vantaggio di ostacolare la loro identificazione, il movente dell’omicidio e le investigazioni.
La carta di credito Usa. Gli investigatori del nucleo di polizia economico finanziaria delle fiamme gialle, diretti dal colonnello Gianluca Angelini, hanno trovato una carta di credito collegata a un conto americano che porta a un personaggio ispanico a Los Angeles con il quale l’uomo sarebbe stato in contatto. Durante la perquisizione, i finanzieri hanno sequestrato vario materiale, sul quale adesso sono in corso accertamenti.