NELL’AGRIGENTINO COSA NOSTRA RIMANE FORTE, LA RELAZIONE DELLA DIA. VELLA: “DA SOLI NON SI VINCE”
Il vice questore Roberto Cilona, dirigente della Dia di Agrigento, ha illustrato il contenuto della relazione semestrale (gennaio-giugno 2019) della DIA consegnata al Ministero dell’Interno. “
Per quanto riguarda Cosa Nostra agrigentina, il contesto criminale della provincia di Agrigento continua ad essere caratterizzato dalla presenza dominante di Cosa nostra, che monopolizza la gestione delle più remunerative attività illegali e condiziona ancora pesantemente il contesto socio-economico, già duramente messo alla prova da un perdurante stato di crisi.
Rimasta unitaria e verticistica, l’organizzazione conserva la tradizionale ripartizione nei 7 mandamenti (Agrigento, Burgio, del Belice, Santa Elisabetta, Cianciana, Canicattì e Palma di Montechiaro) al cui interno operano 42 famiglie mafiose.
Cosa nostra agrigentina rappresenta una delle più solide roccaforti dell’organizzazione e ha vissuto una costante evoluzione, espandendo l’area degli interessi dall’originario contesto agro-pastorale a settori criminali ben più remunerativi.
Per quanto riguarda La Stidda, essa assume un ruolo minore, ma comunque di rilievo, viene occupato dalla stidda, originariamente parte scissionista di Cosa nostra, ma che oggi fa affari con quest’ultima. L’influenza della stidda è presente nei territori di Palma di Montechiaro, Porto Empedocle, Naro, Favara, Canicattì, Campobello di Licata, Camastra Bivona e Racalmuto.
Si registra una fase di riassetto interno all’organizzazione mafiosa, a seguito dei recenti arresti delle figure apicali. Le ricomposizioni di famiglie e di mandamenti sono anche influenzate dalle scarcerazioni degli affiliati.
Anche in questa provincia, i business mafiosi rispecchiano le esigenze di liquidità e di controllo del territorio, trovando nel racket delle estorsioni, nel traffico di stupefacenti e, più recentemente, nel controllo del gioco d’azzardo dei settori di primario interesse.
Dalla Valle d’Aosta, il procuratore aggiunto della Procura di Agrigento, Salvatore Vella lancia l’appello: “Serve far gruppo per vincere contro la mafia”. Vella ha spiegato che “da soli non si vince. Bisogna fare squadra, bisogna fare gruppo. All’interno di un territorio ci sono le comunità e quindi bisogna appellarsi alle comunità per vincere una partita importante qual è quella contro la criminalità organizzata di stampo mafioso”. Vella era in diretta con la Rai e ospite della “Settimana della legalità Bassa Valle” per relazionare su “La forza del gruppo: legalità e criminalità”.
“In realtà che magari appartengono a latitudini che storicamente sembrano non coinvolte dalla criminalità organizzato di stampo mafioso viene sottovalutato il fenomeno. Come se fosse legato antropologicamente soltanto ad alcune regioni e non ne riguardasse altre – ha spiegato Vella riprendendo il richiamo alla maggiore consapevolezza del fenomeno mafioso, lanciato nella semestrale della Dia- . Questa sottovalutazione è molto pericolosa perché consente al nemico di organizzarsi meglio, di essere molto più incisivo sia dal punto di vista economico che sociale”.
“La base su cui lavorano questi gruppi criminali è una base di corruttele, cioè di vendita di posizioni da parte dei pubblici ufficiali, di politici, di imprenditori al nemico. E quindi questa base che necessariamente non è collegata con la criminalità organizzata può essere l’elemento sui cui sfondare un accordo illecito, sporco, criminale con le organizzazioni di stampo mafioso che invece questo aspetto lo hanno nel loro Dna”, ha concluso il procuratore aggiunto Salvatore Vella.