Musumeci minaccia di mandare tutti a casa e votare a giugno

SICILIA- Il duro scontro tra il presidente dell’Ars, Gianfranco Micciché, e il presidente della Regione, Nello Musumeci, rischia di esplodere a tal punto da far immaginare a quest’ultimo le dimissioni e mandare tutti a casa. E c’è una data nell’agenda personale di Nello Musuumeci: è quella del 23 aprile.

Se Musumeci ha davvero intenzione di portare al massimo livello lo scontro con Miccichè e mandare la Regione al voto anticipato il 26 giugno (invece che a novembre), dovrà dimettersi al massimo sabato prossimo.

Si tratterebbe di una strategia che a Palazzo d’Orleans stanno pianificando per mettere in difficoltà il non più alleato Gianfranco Micciché. Il Presidente dell’Ars sta lavorando per creare una coalizione con l’obiettivo di bloccare il bis di Musumeci.

Come in una strategia di guerra, Musumeci pensa che il “nemico” Miccichè non sarebbe pronto ad affrontare le elezioni entro due mesi poiché non avrebbe ancora il via libera di tutti gli alleati che lui considera vicini, dall’Mpa all’Udc passando per la Lega, per creare una coalizione che schiererebbe un secondo candidato a Palazzo d’Orleans.

Musumeci, intanto, sta intensificando il dialogo con la Meloni e Salvini. E sulla base del risultato di questo dialogo la prossima settimana deciderà se dimettersi o meno. Se Salvini siglerà un patto con Fratelli d’Italia e Diventerà Bellissima, allora Musumeci, rafforzato da una coalizione che perderebbe solo Forza Italia, o una sua parte e l’Ud c andrebbe al voto anticipato.

Ma sul piano di Musumeci ci sono dubbi di natura costituzionale e tecnica. Musumeci si dimetterebbe senza che prima vengano approvati bilancio e Finanziaria (ipotesi mai verificatasi), e la procedura elettorale implica delle spese (circa 8 milioni) che così non sarebbero preventivabili. Senza considerare che il vice presidente Armao dovrebbe guidare per la prima volta nella storia un governo dimissionario e formalmente in carica solo per l’ordinaria amministrazione al voto d’aula su una manovra a cui manca un miliardo.

Musumeci, inoltre, deve tenere presente che le dimissioni vanno comunicate all’Ars in seduta straordinaria, e il conteggio dei giorni per il successivo decreto di indizione dei comizi scatta dalla data di registrazione del verbale della seduta. Un piccolo ritardo renderebbe impossibile centrare l’obiettivo di votare il 26 giugno. C’è anche un’ipotesi di voto tra il 3 o il 10 luglio, con dimissioni nella prima decade di maggio.

Elezioni anticipate all’Ars avrebbero riflessi sulle elezioni a Sciacca, città impegnata al voto per il sindaco e il consiglio comunale. Riflessi che ricadrebbero su attuali coalizioni che a Palermo sono in forte contrasto e che a Sciacca stanno sostenendo la candidatura del candidato Matteo Mangiacavallo in un cartello del centrodestra molto frammentato. Ma anche richiederebbero impegni elettorali di politici attualmente impegnati nel Parlamento siciliano come il deputato Michele Catanzaro. Deputato che deve concentrare tutti gli sforzi per una sua rielezione e che non può disperdere energie per le votazioni amministrative locali.

Filippo Cardinale