Movimenti politici si intravedono in vista delle elezioni del maggio 2022
SCIACCA. In primavera del prossimo anno si voterà, a Sciacca, per l’elezione del nuovo sindaco e il rinnovo del consiglio comunale. Sono trascorsi quattro anni dalla preannunciata svolta del “cambiamento”, dal rinnego delle etichette di partiti, dalla supremazia del “civismo”. Insomma, i #maipiùcinqueannicosì è risultato soltanto uno slogan che sempre più ha preso le forme di un boomerang che, nella sua virata, è ritornato sulla testa di chi lo ha vibrato nell’aria.
Sono trascorsi quattro anni dalla “rivoluzione” che doveva scardinare il déjà-vu. Un periodo nel quale, invece, ha preso forza l’ancien régime che dà la prova provata del pensiero di Giovambattista Vico dei corsi e ricorsi storici.
E’ fuori di dubbio che la città ha il suo impianto democratico menomato. Un attentato al sistema della democrazia a causa di una legge balorda e degna di un regime dittatoriale che punisce solo il Consiglio elettorale in caso di bocciatura del rendiconto, un documento squisitamente tecnico nei confronti del quale non è possibile emendare. Insomma, o così, o pomì. Un documento che potrebbe essere licenziato all’interno della giunta municipale senza passare dal Consiglio comunale poiché è immodificabile.
C’è aria di fibrillazione elettorale. Un’aria che dopo 4 anni viene smossa per archiviare uno dei periodi politici meno brillanti della storia della città, almeno post bellica. E come avvenne con la guida di Vito Bono, anche questa volta la sinistra si presenta con un bilancio al passivo. Più che sinistra, è il Pd insieme alla sua massima espressione rappresentativa. Una sinistra che non può manco diluirsi con la parola “centro” poiché alla guida c’è solo il Pd. Un Pd che incorpora per fusione anche Fabio Leonte, rimasto senza simbolo civico (Uniti per Sciacca) e senza il rapporto di amicizia con il collega di elezione, Paolo Mandracchia.
A guardar bene, i quattro anni hanno segnato una guerra intestina, lacerante e rovinosa. Il Pd che dovrà presentarsi alle nuove elezioni e che punta sull’apporto degli assessori “tecnici” come la Mondino, Lo Cicero, Bacchi, il venuto da Bilbao, il novello messia che, però, miracoli non fece. La loro presenza in giunta ha il significato di raccoglitori di voti e di candidati messi in lista per portare acqua al mulino. Un Pd che si presenta senza il suo perno qualificante, Simone Di Paola.
Un Pd che è fresco di sposalizio con il sua volta lacerato Movimento 5 Stelle. Roma docet. I grillini saccensi dovranno presentarsi alleati col Pd. E il copione rispecchia bene quello nazionale. Ancora echeggiano gli improperi dei due grillini in aula Falcone-Borsellino rivolti al sindaco, chiosando “il fallimento del progetto Valenti”. La politica, oggi, ha cambiato volto, assumendo quella di bronzo.
Sarà molto difficile anche per Mizzica il cui leader Fabio Termine non ha risparmiato accuse all’amministrazione Pd, al sindaco in carica, sostenere una campagna elettorale di confluenza verso la parte politica che ha accusato di fallimento.
Dall’altro lato politico vi è una situazione che chiara non è. Se il centrodestra immagina di riproporre formule riscaldate dimostra di soffrire di miopia. C’è movimento e interesse per alimentare un’area di centro. Se non di centro almeno di vocazione moderata.
Un’area moderata nella quale gira attorno il deputato regionale Matteo Mangiacavallo, precursore della realtà che attanaglia l’attuale grillismo. Accusare Mangiacavallo di “mobilità” è come accusare sé stessi nel mondo pentastellato, considerato che a Roma non solo hanno governato con tutti, ma hanno sconfessato anche importanti cardini della loro ascesa.
In questa area moderata si costruisce la base per le prossime elezioni. L’area moderata parte da un vantaggio, simile a quello del 2012. Ma a patto che non vengano commessi fughe in avanti né venga presa da smanie di protagonismi. Questa area ha la capacità di sommare diverse liste civiche. Deve trovare il punto di equilibrio che non può prescindere dall’elemento attrattivo da proporre all’elettorato.
Nella prossima elezione ci sarà anche la presenza di chi immagina di elevarsi ai livelli della tuttologia. Non è più tempo di improvvisazioni ma di lungimiranza. Essa non può prescindere dalla visione a lunga gittata evitando di mettere in agenda provvedimenti che hanno solo il carattere dell’ordinaria amministrazione.
Filippo Cardinale