MEMORIA CORTA E IL VIRUS DELL’ELEZIONE DIRETTA
Con le uscite dalla maggioranza di Michele Patti, Pippo Turco e quella prossima di Gioacchino Settecasi, il sindaco perde una percentuale di voti che non gli avrebbe consentito di vincere al primo turno
EDITORIALE
“Finalmente!” Con questo avverbio, il sindaco Vito Bono replica all’addio dalla maggioranza del consigliere comunale Michele Patti. Non entriamo nel merito della questione, già ampiamente esposto nel corso della serata della seduta consiliare, e anche attraverso folta documentazione che Patti ha diffuso sull’impegno del sindaco che sarebbe stato disatteso. No, noi prendiamo i numeri e sulla logica della matematica esprimiamo una valutazione, nella consapevolezza, tuttavia, che dietro i numeri la politica impone delle regole e delle caratteristiche imprescindibili, quale la capacità della mediazione, della comprensione, della sintesi, dell’ascolto, dei nervi saldi. Sono tutte qualità che sono alla base di un carisma da leader di un gruppo. Il sindaco ha vinto al primo turno con 13.767 voti, pari al 51,85%; ebbene, nell’ampio cartello che sosteneva la candidatura del sindaco c’erano anche Pippo Turco e Michele Patti. Il primo si è candidato nella lista dell’Mpa, riportando 229 voti; il secondo nella lista del sindaco, la Tua Sciacca, riportando 249 voti.
I due consiglieri comunali hanno portato in dote all’allora candidato sindaco Vito Bono 478 voti, pari all’1,8% dei voti. Ebbene, basta fare una semplice sottrazione, 51,85%-1,8%, per comprendere che l’allora candidato sindaco Bono si sarebbe fermato al 50,05%. Ma a questa percentuale bisogna sottrarre lo 0,87%, che rappresenta i 231 voti di Gioacchino Settecasi, candidatosi nella Lista Autonoma Saccense, oggi indipendente. Appare evidente come i tre consiglieri comunali, in rotta con il sindaco, abbiamo conferito al cartello vincitore delle elezioni del sindaco il 2,67%. Questa percentuale detratta dal 51,85% fa la cifra di 48,98%; cioè, si sarebbe andati al ballottaggio. L’uso dei numeri e della matematica serve per introdurre un ragionamento diverso da quello matematico. L’elezione diretta del sindaco suscita, in qualche modo, una sorta di onnipotenza in chi viene eletto. Ci si trincera dietro l’espressione “sono stato eletto dal popolo”, dimenticando, invece, l’apporto insostituibile delle liste e dei candidati. A tal proposito, la nuova legge elettorale approvata dall’Ars, sembra partorita in direzione tale da evitare quelle ammucchiate elettorali che vanno bene fino al giorno dell’elezione, poi, invece, si rivelano strumenti di attrito e di fibrillazione che si riverberano sulla proficua gestione della cosa pubblica. Molto probabilmente, un uso maggiore dell’ascolto dei consiglieri, un maggiore scambio di opinioni, una maggiore collegialità nella gestione amministrative e politica da parte del sindaco, avrebbe evitato, o attutito, i tanti mal di pancia che si sono espressi in questi due anni. Invece, si è preferito andare avanti riponendo la polvere sotto il tappeto. Alla fine, quando si alza il prezioso manufatto, la polvere viene scoperta.
Oggi il sindaco, a due anni dalla sua elezione, sembra sottovalutare il risultato elettorale che è somma della “trazione” delle sue numerose liste civiche di appoggio e dell’effetto trainante dei candidati delle medesime liste. In buona sostanza, si dimentica l’origine del collante che ha tenuto il cartello. La sindrome dell’elezione diretta del sindaco porta con sé un pericoloso effetto: quello di ritenersi onnipotente. Altra considerazione matematica da sottoporre al sindaco è che i voti riportati da Michele Patti (249) gli avrebbero consentito di essere eletto anche nel Pdl, superando David Emmi (241 voti). A volte, prima di parlare in pubblico, sarebbe bene leggere bene i dati. E, infine, c’è una regola nella politica: mai dire mai. Del resto, la politica è l’arte del mediare. E l’avverbio “finalmente” non è certo un ingrediente utile alla ricetta della mediazione.
Filippo Cardinale
P.S. L’analisi numerica si riferisce al momento della campagna elettorale e della elezione. E’ questo il contesto evidenziato. Il dopo, cioè, il passaggio di consiglieri da una posizione all’altra, non è tenuta in considerazione perchè esulano dagli accordi assunti dal cartello nel corso della competizione elettorale, cioè il percorso che porta alla vittoria.