MANNINO: “SONO ARRIVATO A 12 ASSOLUZIONI”. TRATTATIVA: “LE SENTENZE DIMOSTRANO LA MIA ESTRANEITA'”
I numeri giudiziari di Lillo Mannino sono impressionanti: 25 anni di processi e una dozzina di assoluzione. Sono impressionanti perché riguardano una persona, ancor prima della sua dimensione politica stroncata all’apice da processi interminabili. O meglio, terminati con le assoluzioni e con i tempi lunghi a dismisura, quasi biblici. Anzi, biblici considerato che il periodo processuale riguarda un quarto di secolo. Con tutto ciò che comporta dal punto di vista fisico, psicologico, familiare. Un quarto di secolo giudiziario iniziato con la carcerazione fino a farlo diventare una larva umana. Impressionanti le immagini di Mannino in aula nei primi processi.
Le 1.100 pagine di motivazione del collegio giudicante del Tribunale di Palermo, non solo confermano l’assoluzione della sentenza di primo grado, poi appellata dalla pubblica accusa, ma spiega ampiamente l’estraneità dell’ex potente democristiano dalla cosiddetta trattativa Stato-mafia.
Mannino, elogia il giudice “che è riuscito a non farsi condizionare dall’ambiente”. La casa di Lillo Mannino è arricchita da lunghe librerie che contengono migliaia di libri. Una collezione letteraria da biblioteca. Ma accanto ala sterminata fila di libri c’è un’altra collezione: quella delle assoluzioni. C’è un’altra collezione, quella che fa parte dell’intimo di una persona: un dolore infinito, anch’esso lungo un quarto di secolo e che, difficilmente, verrà assorbito.
Una collezione, una dozzina, di sentenze che lo scagionano dai capi di imputazioni che lo hanno condotto in un percorso giudiziario durato un quarto di secolo. “Dall’accusa dl 416 bis sono stato assolto quattro volte, più assolto nelle misure di prevenzione relative, sia ad Agrigento sia alla Corte d’appello di Palermo, e sono sei. Due assoluzioni nel processo della tangentopoli siciliana. Due sulla trattativa e son dieci. Due al tribunale dei ministri e sono dodici”.
“Quando una sentenza riconosce la tua verità- dichiara a LiveSicilia- , il primo moto è di apprezzamento per un giudice che è riuscito a non farsi condizionare dall’ambiente, cioè da quel milieu che ormai controlla il palazzo di giustizia e che ha imposto, forte del sussidio di una stampa non libera, una messinscena accusatoria, frutto della fantasia e del deliberato pregiudizio personale e politico. E poi ha creato la distorsione della verità storica”.
Le dodici assoluzioni in 25 anni di processi non possono , certamente, cancellare dalla vita di Mannino una ferita profonda di difficile sutura. “Quando in questa sentenza si dice che l’ex ministro della Dc era una vittima designata della mafia proprio per la sua attività di contrasto a Cosa nostra nel governo del 1991, viene ribaltato il romanzetto che parte da quel libro di Ingroia e Caselli del 1992,, “La vera storia d’Italia”, e si ristabilisce, attraverso un esame serrato di tutti gli atti giudiziari, invece, una opposta verità”.
Mannino considera le 1.100 pagine di motivazione dei giudici Adriana Piras, Massimo Corleo e Maria Elena Gamberini, non principalmente per la corposità numerica ma soprattutto “per la dimensione intellettuale e morale della ricostruzione di fatti e circostanze, dell’interpretazione corretta dei fatti”. L’articolazione della motivazione, a Mannino, consente di cogliere “la convinzione che finalmente c’è un atto giudiziario sul tema, anche se per quanto mi riguarda, tutti gli atti giudiziari precedenti erano stati sentenze di assoluzione. Addirittura un procuratore generale di Cassazione discutendo di un ricorso in appello fatto a Palermo in un altro procedimento aveva definito quello come un processo da non fare”.
Poi, Mannino rivolge una considerazione critica “ai grandi giornali”. Dell’assoluzione di ieri “non si trova notizia di questa sentenza. Giornali che hanno riservato pagine intere alla’accusa stanno venendo meno al dovere dell’informazione. E questo è determinato da questo combinato circuito mediatico-giudiziario che è un problema politico grave, serio, che un giorno questo Paese dovrà affrontare. Io vedo un ruolo sussidiario di certa stampa rispetto alle azioni giudiziarie. È triste che due quotidiani come il Corriere della Sera e la Repubblica oggi (ieri ndr) ignorino questa sentenza”.