MANCATA RICOSTRUZIONE AREA EX BARACCOPOLI “PASOTTI”: CHE FINE HANNO FATTO I 2 MLN DI EURO STANZIATI?
Una manifestazione simbolica quella di stamattina a piazza Montecitorio a Roma. Il nocciolo della “celebrazione” del Consiglio comunale di Santa Margherita Belìce è quello di attirare attenzione sulla vergogna che ha particolari riverberi sul paesino belicino e gattopardiano, a distanza di 51 anni esatti dal terremoto che seminò morte e distruzione.
Ma servono atti simbolici o provvedimenti concreti? Gli altri comuni belicini colpiti e distrutti pesantemente dal sisma si trovano in una situazione diversa da quella di Santa Margherita Belìce. Il paese gattopardiano è rimasto indietro, con una ricostruzione incompleta. Infatti, l’ex area della baraccopoli Pasotti tutt’oggi è priva di opere di urbanizzazione primaria e ben 84 prime unità abitative devono essere ancora costruite.
L’azione simbolica voluta dal sindaco Franco Valenti mira ad evidenziare la mancata previsione di somme, all’interno dell’ultima legge di Bilancio, necessarie al completamento della ricostruzione e “la continua disattenzione della classe politica nazionale su una vicenda ormai imbarazzante”.
Ma è solo colpa dello Stato? A Santa Margherita Belìce, l’urbanizzazione dell’ex area baracche Pasotti è rimasta nei sogni. Che fine hanno fatto i 2 milioni di euro per “l’esecuzione dei lavori delle opere di urbanizzazione dell’are dell’ex baraccopoli Pasotti – 1° stralcio”? Era la convenzione del 2006 tra il Comune di Santa Margherita Belìce e il Ministero delle Opere Pubbliche. Da allora sono passati quasi 13 anni, ma il Comune di Santa Margherita di Belice non avrebbe ancora comunicato al Ministero delle Infrastrutture l’inizio dei lavori di primo stralcio finanziati con i due milioni di euro.
Che fine hanno fatto i due milioni di euro già finanziati che il Comune aveva già sin dal 2006? Il Ministero è stato “tagliato fuori, visto che è stata firmata una nuova convenzione con la Protezione Civile siciliana.
Quattro anni fa, il sindaco Franco Valenti avrebbe stipulato una nuova convenzione con la Protezione Civile della Regione Siciliana per redigere il progetto esecutivo delle opere di urbanizzazione primaria dell’area dell’ex baraccopoli Pasotti. Cinquecentomila euro sarebbero stati utilizzati per la demolizione della struttura incompleta di palazzo Lombardo. Durante la cerimonia di demolizione un funzionario della Protezione Civile parlò di “difficoltà” ad emettere il decreto di finanziamento della demolizione di palazzo Lombardo”. Quali difficoltà. Non è dato sapere.
Come non è chiaro se la convenzione stipulata, nel 2006, tra il Comune di Santa Margherita di Belice ed il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sia ancora in vigore o se, implicitamente, è stata superata dalla convenzione stipulata dal sindaco Franco Valenti con la Protezione Civile regionale.
Se la demolizione di palazzo Lombardo danneggiato dal sisma del gennaio 1968, a dire del sindaco, sarebbe stata finanziata dalla Regione ed il progetto dei lavori di urbanizzazione primaria dell’area dell’ex baraccopoli Pasotti è stato affidato alla Protezione Civile regionale, quella somma di 2.000.000 di euro si sarebbe ridotta. E per l’urbanizzazione dell’area Pasotti mancherebbe, dopo quattro anni, il progetto esecutivo a cura della Protezione Civile della Regione siciliana. Su questa vicenda non c’è quel rumore necessario a dare una spinta all’immobilismo.
E’ vero, nei Comuni della Valle del Belìce, a 51 anni dal terremoto del 1968, non ci sono più baracche, ma ci sono ancora i segni dell’assenza delle istituzioni. Numerose aree abitative realizzate dopo il terremoto, sono prive di strade e fogne e molti edifici realizzati dopo l’emergenza sono ancora in eternit.
I numeri del fabbisogno della Valle del Belice per completare la ricostruzione a 51 anni dal terremoto del 1968, sono sempre quelli fotografati nel 2006 dall’ottava commissione della Camera dei Deputati: 150 milioni di euro per opere pubbliche, 400 milioni di euro per l’edilizia privata, 250 dei quali per aventi diritto. Tredici anni dopo nulla è cambiato. Nemmeno l’incontro di un anno fa con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella (che a Partanna nel corso di una cerimonia commemorativa incontrò tutti i sindaci dei 21 Comuni della Valle del Belice) è servito ad imprimere una svolta decisiva.
Ha ricordato Giuseppe Recca, nell’articolo pubblicato ieri sulla nostra testata, che nel 2006, i sindaci dell’epoca dissero di no alle opere faraoniche. Chiesero strade, fognature e marciapiedi. Non teatri o chiese, ma opere di urbanizzazione primaria. E ridussero anche le richieste per l’edilizia privata. Nel 2008 il percorso legislativo per attivare le risorse prese il via. Ma poi più nulla. Fino al 2017, quando una commissione parlamentare del Senato trascorse due giorni nella Valle per fare una verifica da cui venne fuori una risoluzione trasmessa al governo dell’epoca. Ma anche quella iniziativa rimase in un cassetto.
Del Belice le autorità di governo si sono ricordati alcuni mesi fa, quando a Roma pensarono di inserire le richieste e le esigenze di questa terra nel famoso “Decreto Genova”, affine come genere di interventi. “Mi chiamarono d’urgenza a Roma per predisporre due emendamenti – ci dice il sindaco di Partanna Nicola Catania, a capo del coordinamento dei sindaci della Valle del Belice – ho collaborato nella stesura degli atti, ma di quegli emendamenti non si è più parlato. Abbiamo suggerito la possibilità di attivare fondi comunitari attraverso la costituzione di un Gruppo di Azione Locale, spero che la nomina di un sottosegretario con delega alla chiusura del nostro “contenzioso”, fatta di recente, possa essere finalmente decisiva”.
Ma la vicenda del Belìce si arricchisce di altri “incompiute” di cui poco si parla. Lo smantellamento dell’enorme quantità di vecchie case danneggiate e abbandonate dal 1968, che devono essere demolite per mettere in sicurezza il centro urbano. Costi giganteschi che i Comuni non possono affrontare. Poi bisogna smaltire le grandissime quantità di eternit che ci sono ancora nei centri abitati, accatastate nelle periferie o sui tetti dei villaggi che furono realizzati pochi mesi dopo il terremoto grazie alle donazioni. Un programma di bonifica ambientale di 10 milioni di euro assegnati dallo Stato ai Comuni per la dismissione. I progetti di bonifica redatti dai Comuni sono stati rigettati dal Ministero dell’Ambiente. Nessuno aveva detto gli amministratori dei piccoli centri della Valle come dovevano essere fatti. Oggi i progetti sono di nuovo a Roma, il via libero definitivo dovrebbe arrivare a breve.
Filippo Cardinale