MAFIA, PROCESSO “MAGINOT”: CARMELO MAROTTA CONDANNATO A 12 ANNI E 6 MESI DI CARCERE

L’imprenditore riberese, a capo di un impero nel campo del settore delle forniture edili, e’ accusato di associazione mafiosa e favoreggiamento della latitanza del boss agrigentino Giuseppe Falsone

Il collegio giudicante del Tribunale di Sciacca, composto dal presidente Andrea Genna e a latere dai  giudici  Silvia Capitano e Luisa Intini, ha inflitto la condanna a Carmelo Marotta, imprenditore di Ribera, accusato di associazione mafiosa e favoreggiamento della latitanza del boss Giuseppe Falsone, a 12 anni e 6 mesi di reclusione, oltre la confisca delle aziende. Il processo è stato celebrato con rito ordinario.

Il collegio giudicante ha applicato anche la misura di sicurezza della libertà vigilata per un anno.  Le confische delle società riconducibili al Marotta riguardano quelle sottoposte al provvedimento del Tribunale di palermo del 7-11 luglio 2011: la Edilmar Srl, la Edilmar Sas, La Edilmar Servizi e la Sagid Sas.

Sono escluse la ditta individuale Marotta Carmelo, già cancellata dal registro delle impree e del cespite immobiliare acquistato dalla Edilmar di Carmelina Oliveri.

Il collegio giudicante ha anche disposto l’interdizione legale per l durata della pena.

La Samar Costruzioni è stata dissequestrata con provvedimento del Tribunale di palermo del 2 agosto 2011.

Il pubblico ministero della Procura antimafia di Palermo, Giuseppe Fici, aveva chiesto la condanna a 16 anni di reclusione. Per il magistrato inquirente della Dda, a carico di Marotta ci sarebbero, tra l’altro, le testimonianze del boss Calogero Rizzuto, intercettazioni, le pen drive sequestrata durante la perquisizione avvenuta nella sede della Edilmar di Sciacca e contenuta all’interno del borsello che Marotta portava con se. Secondo l’accusa, Carmelo Marotta farebbe parte di Cosa Nostra e avrebbe favorito la latitanza a Marsiglia del boss della mafia agrigentina Giuseppe Falsone.

Marotta è stato difeso dagli avvocati Aldo Rossi e Nino Zanghì. La difesa attenderà il deposito della motivazione per poi ricorrere in appello.

Il processo scaturisce dall’operazione antimafia denominata “Maginot”, che ha visto condannare altri nove fedelissimi di Falsone. Questo filone di processo si è svolto con il rito abbreviato dinanzi il Gup del Tribunale di Palermo Lorenzo Jannelli. Lo scorso giugno, il Gup del Tribunale di Palermo ha condannato Giuseppe Falsone a 18 anni di reclusione (l’accusa ne aveva chiesti 20); queste le altre condanne: 8 anni e 8 mesi Salvatore Morreale , di Favara, 42 anni, e Antonino Pirrera, 59 anni, di Favara; 8 anni di reclusione sono stati inflitti a Carmelo Cacciatore , 47 anni, di Agrigento e Francesco Caramazza , 38 anni, di Agrigento; 6 anni di carcere per Calogero Pirrera , 73 anni, di Favara e Liborio Parello , 41 anni, di Agrigento; 2 anni e 8 mesi di reclusione per Giuseppe Maurello , 42 anni, di Lucca Sicula e Antonino Perricone , 41 anni, di Villafranza Sicula. Questi sono stati assolti dall’accusa di estorsione (Antonino Perricone estorsione impresa Coci; Giuseppe Maurello tenmtata estorsione impresa Infrastrutture). Inoltre la Cassazione ha annullato il regime di custodia cautelare. Assolto Giovanni Vinti, 42 anni, di Ribera (10 anni la richiesta del Pm).

L’inchiesta “Maginot” condotta dalla Squadra mobile di Agrigento, con il coordinamento della Dda di Palermo, ha consentito di individuare i “picciotti” e i “capi famiglia” al servizio di Falsone, che costoro avevano assunto nel periodo di latitanza del capomafia a Parigi.

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