MAFIA, “PRESI I SOLDI DELLE ESTORSIONI”. AL PROCESSO “ALISCIANNIRA”, CHE SI CELEBRA A SCIACCA, RESE IMPORTANTI TESTIMONIANZE

Testimonianze importanti sono state rese  dinanzi ai giudici della sezione penale del Tribunale di Sciacca, all’ultima udienza del processo, con il rito ordinario, scaturito dall’operazione antimafia denominata “Alisciannira” condotta dai carabinieri del Reparto Operativo di Agrigento e dai militari della Compagnia di Cammarata, che consentì agli inquirenti di fare luce sulla “famiglia” mafiosa di Alessandria della Rocca.

  Questi gli imputati: Domenico Ligammari, 76 anni, Pietro Perzia, 67 anni, Felice Scaglione, 82 anni, tutti di Alessandria della Rocca. Sono stati ascoltati tre collaboratori di giustizia, Antonella, Maria e Giuseppe Cannata, nipoti di Pietro Chillura ucciso il 7 agosto 2005 ad Alessandria che collaborano con la giustizia dal gennaio 2011 ed hanno dichiarato che gli imputati sono mafiosi perché in paese tutti lo sapevano ed hanno sentito dire in giro che Scaglione, Ligammari Sedita e Pillitteri erano mafiosi.

Poi ha deposto il dottor Marguglio, psichiatra, il quale ha detto che la madre di Chillura è capace di rendere testimonianza, nonostante l’età 85 anni.

Poi è stato il turno del collaboratore di giustizia, il racalmutese Maurizio Di Gati, che ha raccontato che ad Alessandria della Rocca, Salvatore Fragapane aveva sciolto la famiglia dopo la morte del boss Di Girgenti. Quindi Alessandria della Rocca, da quel momento, dipendeva direttamente dalla storica famiglia mafiosa dei Capizzi di Ribera.

Di Gati nulla dice degli imputati che non conosce. Tuttavia afferma che tramite Enzo Pompeo e Rosario Quaranta, due fiancheggiatori mafiosi di Favara, riceveva i soldi in contanti delle estorsioni effettuate nella zona della Bassa Quisquina dal clan Panepinto.

Il presidente del Tribunale, Genna ha chiesto al pentito quanti soldi e come ha ricevuto dai Panepinto. Di Gati ha risposto sempre nella stessa maniera: “tramite Quaranta e Pompeo ma non ricordato quanti soldi fossero seppur ricevuti in contanti”.

Sollecitato dall’avvocato Salvatore Pennica, Di Gati ha poi ricordato che erano tanti durante la sua latitanza almeno 80.000 euro. Alla domanda, sempre dell’avvocato Pennica, se li avesse mai restituiti, l’ex barbiere di Racalmuto ha risposto: “Li ho spesi per pagare avvocati e uomini a me vicini”.

Il processo poi è stato rinviato all’8 gennaio per dare incarico ad un perito che dovrà esaminare Domenico Ligammari difeso dagli avvocati Rainieri del foro Sciacca e Pennica i quali avevano richiesto perizia per conoscere se il loro assistito fosse capace di partecipare al processo.

Con il rito abbreviato, invece, sono state emesse già tre assoluzioni ed una condanna. L’unico condannato è stato Gaetano Sedita che ha avuto inflitti sette anni di reclusione. Assolti Giuseppe Caltagirone, Stefano Canzoneri e Santo Pillitteri.

Archivio Notizie Corriere di Sciacca

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *